CAPITOLO UNDICESIMO

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FACCIA A FACCIA


Il nero.

Il buio più totale.

Il buio è nero.

Come la pece. Come un corvo. Come la morte.

Ginevra aprì gli occhi lentamente.

Cos’era successo?

Si trovava in una stanza con poche candele accese, le pareti grigie e spente, si alzò tremando in piedi, il piede sinistro le faceva un po’ male, ma non le importava «D-Dove sono?» chiese guardandosi intorno, vide Vittorio privo di sensi accanto a lei, era stordito e con taglio sulla guancia, si inginocchiò e prese a scuoterlo chiamandolo «Vittorio! Ti prego! Svegliati!» disse disperata, il ragazzo aprì gli occhi «G-Ginevra, dove siamo?» chiese non appena si fosse ricomposto «Non lo so!» rispose lei.

La stanza era spoglia, c’era qualche sedia rotta, una finestra piccola e una porta chiusa «Forse potremmo uscire da lì» disse Vittorio indicando la porta, Ginevra si aggrappò al suo braccio e il ragazzo aprì deciso la porta.
La porta si aprì e sbucarono fuori «E ora?» si chiese.

Davanti a loro c’era un piccolo corridoio e in fondo una porta che sembrava robusta «No Vittorio… non ce la faccio…» disse Ginevra spaventandosi «Possiamo farcela» la rassicurò, prima che potesse dire altro la ragazza si asciugò le lacrime e divenne rossa di rabbia «Allora andiamo» disse decisa.
Camminarono piano piano, fianco a fianco. Con coraggio e a testa alta.
Questa volta fu Ginevra ad aprire la porta, la stanza che si presentò era poco illuminata, richiusero la porta alle spalle, si trovavano in un ampio salone vuoto, con qualche mobile qua e là «Che facciamo ora?» chiese Ginevra confusa

«Ora siete nelle mie mani» disse una voce familiare.

Una persona si fece avanti con una faccia fiera e fredda, i suoi capelli marroni erano spettinati, e gli occhi neri erano fissi sui due ragazzi
«Chi siete voi?» chiese Vittorio
«So cos'è successo alla congiura» rispose beffardo
«Il mio nome è Rodolfo, ma i miei amici mi chiamano Tullio»

«Cosa vuoi da noi?» aggiunse Ginevra rabbiosa
«

Da voi due niente, ormai non potete scappare» disse girando loro intorno

«Se osate dire qualche parola sbagliata altre persone moriranno stasera» disse incrociando le braccia, prima che i ragazzi potessero dire altro entrarono nella stanza quattro uomini e fecero inginocchiare a terra quattro persone, Vittorio e Ginevra si portarono le mani alla bocca: i loro fratelli minori erano inginocchiati a terra, e ogni servo era dietro ognuno di essi e teneva un coltello vicino ai loro corpi.

Uno teneva teneva Michela, la ragazza sollevò piano la testa, era impaurita e tremava come una foglia, un altro teneva Achille per i capelli biondi, uno di nome Manuele teneva Guglielmo, il ragazzo guardò il fratello con gli occhi lucidi, e uno di nome Cornelio teneva Leonardo.

«È stato facile catturarli, una volta capito come entrare in casa vostra» disse Rodolfo ridendo
«Considerando come era andata la scorsa volta» disse unì di nome Cornelio, un uomo con la barba e i capelli lunghi e sporchi, Leonardo guardava disperato la sorella mentre una lacrima solitaria scorreva sul viso
«È stato facile anche raggirare il vostro stupido cagnaccio» disse un tizio che si chiamava Manuele ridendo, Michela arricciò il naso e divenne rossa di rabbia
«Se gli avete fatto del male vi mangerò vivi!» tuonò Ginevra ma nessuno le diede risposta

«Mancavate solo voi due da prendere» aggiunse con una risata malefica

«E come previsto è andato tutto per il meglio. Io ottengo sempre ciò che voglio, perfino con la morte» disse Rodolfo ridendo.

«No! Non credetegli! Sta mentendo!» disse Emilio mentre si dimenava tra le grinfie di Cornelio
«Zitto, o dovrò dire al capo che sei un codardo» disse Rodolfo

«Si può sapere che cazzo sta succedendo!! Chi è questo capo di merda? Cosa cazzo è successo??!!!» urlò Vittorio con tutto il fiato in gola

«Allora adesso confessate tutto! Vero?!!!» tuonò Ginevra

Un Mistero Sanguinoso A Firenze - Volume 1Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora