CAPITOLO QUARTO

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LA NOSTRA VITA NON SARÀ MAI PIÙ LA STESSA

«Scusa se mio padre ha avuto un atteggiamento simile qualche settimana fa» disse Vittorio sbuffando quella sera a cena, Ginevra non parlò
«Non preoccuparti. Ma cos'è successo esattamente a tuo zio?» chiese lei

«Nulla di che, è semplicemente scappato di casa con una contadina e sono andati a vivere a Siena, e ora la mia famiglia ha fatto credere a tutti che lui stia lavorando per conto della nostra famiglia» spiegò.


Vittorio trovava suo padre spesso irritante: da quando era un ragazzino, il suo nonno paterno, Giuseppe, gli aveva inculcato certe idee, e del più volte nasocndere la verità, "Accidenti come sono pesanti" pensò mentre assaporava il vino.

Una sera Ginevra, era seduta sul letto, e stava leggendo una nuova lettera del fratello

Cara Ginevra,
Oggi io e Michela siamo andati con Paolo a sguazzare nelle pozzanghere, peccato che quando siamo rientrati abbiamo dovuto farci subito un bagno.
Dovevi vedere Paolo: da bianco latte a marrone color fango è un attimo.

Edoardo e Mia sono dovuti ripartire con il cugino di nostro padre l'altro ieri, qui di ritorneranno ad Arezzo per le solite cose.

Ho sentito nostro padre parlare anche di alcuni soldi non restituiti, e di una grossa cifra rubata. Ma non ci ho pensato molto. A presto.

Leonardo.

Ginevra capì quanto sentisse la loro mancanza, scese le scale, e trovò sul tavolo della sala una bottiglia di vino, vide che era ancora piena, si guardò intorno, e senza pensarci due volte la stappò, e assaporò con gusto quel liquido. Certo.
Lei non poteva bere, ma chi glielo vietava?

«Ginevra, ma cosa fai?» chiese Vittorio avvicinandosi a lei, la ragazza si voltò con la bottiglia in mano
«Brindo...alla tua salute» rispose e singhiozzò: era leggermente ubriaca, si era così assopita che aveva quasi svuotato tutta la bottiglia

«Dio santo! Vieni che ti porto di sopra» disse lui, ma lei si ribellò, il ragazzo le tolse la bottiglia di mano, la prese in braccio e la portò di sopra a letto.

Il mattino dopo, quando il sole non era ancora sorto, Ginevra si svegliò con un forte mal di testa, si ricordava poco della sera prima, si mise a sedere sul letto, e vide il marito ancora addormentato.

Vittorio si svegliò pochi secondi dopo
«Scusa per ieri sera» disse lei abbassando lo sguardo, lui la guardò «Tranquilla, non è successo nulla» disse mettendogli una mano sulla spalla.

La ragazza sospirò
«Posso baciarti?» chiese lui, Ginevra lo guardò
«Si ti prego» disse lei come per implorarlo, le mani del ragazzo le accarezzarono le guance, fino ad unire le loro morbide labbra.

Il bacio era tenero, e delicato.

Ginevra gli sbottonò piano la camicia nera che usava per dormire, il corpo del ragazzo era asciutto, e assomigliava a uno di quegli dei greci, la ragazza si morse il labbro
«Non preoccuparti, faccio piano» rise Vittorio, prima che la ragazza potesse replicare, lui la baciò sul collo, mentre le abbassava le spalline della camicia

«Aspetta aspetta» disse lei piano, il ragazzo si fermò
«Che succede?» chiese preoccupato

«È solo che...mi vergogno a mostrarmi davanti agli altri...e soprattutto a mostrare il mio corpo» disse Ginevra timidamente, Vittorio le accarezzò il viso
«Non sentirti in imbarazzo, tu sei bellissima» disse lui
«Buon Dio, una ragazza bella come te non si trova tutti i giorni» Ginevra sorrise

«Allora va bene» ammise lei, e si tolse bianco il candido abito, fino a rimanere con pochissimi indumenti addosso
«Ora ti senti meglio?» chiese Vittorio a bassa voce, Ginevra annuì
«Baciami» disse lei con un sussurro, Vittorio la baciò di nuovo sulle labbra, lui la voleva, voleva il suo corpo, la sua pelle e il suo profumo.

Sovrastò piano il corpo di Ginevra, e si strusciò lentamente mentre assaporava ogni centimetro del suo corpo, le mani della ragazza si intrecciarono tra i suoi morbidi capelli neri, mentre la passione li travolgeva.

In quel momento nulla aveva più importanza, l'importante era che i due stessero insieme, mostrandosi per quello che erano: due semplici ragazzi che erano lì per stare insieme.

Perché si amavano, erano dipendenti l'uno dall'altro, entrambi non potevano fare a meno l'uno dell'altro.

Nulla importava.
Fino a quel momento.

Purtroppo tutto stava per cambiare.

Quel giorno. Quello stra maledetto giorno stava per cambiare le carte in tavola.

Tutto.

Era il 27 ottobre.
Era una giornata molto nuvolosa.
Era l’ora di pranzo, Vittorio e suo padre stavano parlando di come andavano gli affari di famiglia, mentre Elena parlava delle origini di Firenze a Ginevra, all’improvviso qualcuno entrò di corsa: era Lavinia e ansimava

«Che succede?» chiese Vittorio preoccupato, Lavinia ci mise qualche secondo per riprendersi
«S-signor Solimberghi, c-c’è la signorina Ilaria, ha da dire una cosa u-urgente e i-importante» disse con voce tremante «Bene, falla accomodare allora» ordinò Vittorio.

Dopo pochi secondi tornò con Ilaria ma non sembrava la stessa: aveva gli occhi rossi e gonfi, le mani e la fronte grondavano di sudore «Signorina G-Ginevra, è successa una cosa terribile ai vostri g-genitori» disse cercando di non piangere

«Cos’è successo?» chiese spaventata, Ilaria cerco di calmarsi e iniziò a raccontare:

«È successo tutto stamattina: sono andata insieme a Leonardo, Michela e Paolo a fare una passeggiata e ho accompagnato i vostri genitori davanti al Palazzo Vecchio dove dovevano svolgere un compito importante, per poi proseguire per andare altrove»

«Ma mentre noi quattro eravamo al mercato, un funzionario è venuto verso di noi, e ci ha portati nel luogo dove vostro padre e vostra madre erano lì presenti...»

«…Ed erano…»

«…Ginevra i vostri genitori…»

«…Sono morti»

Ilaria scoppiò a piangere piano portandosi una mano alla bocca.

A Ginevra si bloccò il respiro e lasciò cadere la forchetta, il vino che Vittorio stava bevendo si rovesciò sulla candida tovaglia sporcandola ma questo non aveva importanza.

Un Mistero Sanguinoso A Firenze - Volume 1Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora