CAPITOLO 1

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Guardando il soffitto cominciai a torturami la mente per ricordare qualcosa di più su me stessa e sull'accaduto ma più mi sforzavo più il mio mal di testa aumentava.

Sentii una porta aprirsi e successivamente chiudersi, mi misi seduta ma subito una fitta mi percosse tutto il corpo, il dolore era tremendo e seppur non mi ricordassi cosa fosse successo capii che era qualcosa di grave. Rimasi seduta perché non sarei mai riuscita a distendermi di nuovo e osservai quella che doveva essere un infermiera, era di spalle e stava sistemando qualcosa dentro l'armadio, appena si girò verso di me fece cadere tutti gli asciugami che teneva in mano e con la bocca spalancata corse subito fuori.

Nessuno era mai stato così sorpreso nel vedermi, o almeno credo, quindi le opzioni erano due: o avevo un aspetto tanto orribile da far scappare le persone oppure era solo andata ad avvisare un dottore del mio risveglio.

Optai per la seconda opzione, quella più logica, infatti poco dopo sentii una voce maschile e una femminile farsi sempre più chiare finché un uomo e l'infermiera di prima non furono davanti al mio letto, mi sorrisero entrambi ma io continuai a fissarli senza fare nulla.

«Buongiorno, io sono il dottor Cooper, l'ho seguita in questa settimana mentre era in coma. Lei si trova al London Bridge Hospital. Si ricorda cosa le è successo?» Disse il dottore in modo calmo.


Una settimana?

Coma?


Feci cenno di no con la testa ancora incapace di parlare, ero spaventata da tutte quelle informazioni nuove.

L'infermiera si avvicinò e sistemò il cuscino dietro la mia schiena facendomi distendere ma sempre con la schiena alta, stando attenta a non provocarmi dolore.

«Ha fame?» Mi chiese gentilmente, dandomi del lei.

Feci cenno di no con la testa, in questo momento volevo delle risposte e sapere di dover aspettare per sapere la verità mi faceva arrabbiare.

«Va bene, vorrà dire che mangerà a pranzo. Per ora le porterò un bicchiere d'acqua, deve prendere le pastiglie per il dolore. Io mi chiamo Mary, sono una delle sue infermiere.» Disse l'infermiera.

Appena finì di parlare la guardai attentamente e mi concentrai sul suo volto.

Era una donna di mezza età e aveva un viso dolce contornato da capelli color miele raccolti in una coda, portava gli occhiali che facevano apparire i suoi occhi marroni più grandi del dovuto.

Continuai a fissarla al che lei mi sorrise e andò in bagno a prendere un bicchiere d'acqua.

Ero tentata di chiederle qualcosa su di me, su chi fossi, ma non lo feci, non era lei che doveva spiegarmi tutto per cui feci quello che avevo fatto finora, rimasi zitta.

Presi le pastiglie e Mary dopo avermi salutato andò in un'altra stanza lasciandomi sola.

Era meglio così, volevo rimanere da sola e non mi andava di essere in compagnia di qualcuno, non ora per lo meno.

Rimasi lì seduta a fissare il vuoto, non riuscivo a capire niente e tutta questa confusione non faceva che peggiorare le cose.

Ad un certo punto suonò una campanella, il rumore non era molto forte ma mi fece spaventare comunque, ero abituata al silenzio da quando mi ero svegliata.

Dopo poco arrivò Mary con un vassoio in mano.

Avvicinò il tavolino al mio letto e posò il vassoio sopra con quello che doveva essere il mio pranzo.

Conteneva un piatto con della zuppa accompagnata da dei crostini.

«Ecco qua il suo pranzo, ha bisogno di aiuto?» Chiese sorridendomi.

Feci cenno di no con la testa, lei continuò a sorridermi e uscì dalla stanza per portare un altro vassoio al prossimo paziente del piano.

Presi in mano il cucchiaio e cominciai a mangiare, mi fermai solo quando non mi sentii sazia, non avevo mangiato neanche la metà del piatto ma non riuscivo più ad andare avanti, a causa dell'agitazione.

Fra poco avrei scoperto la verità.

Mary ritornò per prendere il vassoio con gli avanzi e se ne andò di nuovo.

Dopo poco arrivò il dottore.

«Sta meglio?» Domandò.

Annuii.

«Bene, ora le spiego. Lei ha avuto un incidente d'auto, è arrivata qui in ospedale con un grave trauma ed è rimasta in coma per una settimana, si può ritenere fortunata di essere ancora qui, è un miracolo che lei sia sopravvissuta.» Disse.


Incidente?

Fortunata?


«C-Chi sono?» Chiesi con voce tremante.

«Come chi è lei? Non sa chi è?» Disse serio il dottore.

Feci cenno di no con la testa.

«L'unica cosa che ricordo è il mio nome, mi chiamo Rosemary.» Dissi, ancora shoccata dal motivo per cui mi trovavo qui.

Il dottore mi guardò attentamente.

«La mia famiglia?» Chiesi.

«Lei era figlia di Amanda e Sam Stewart. Era in macchina con loro al momento dell'incidente, lei è l'unica sopravvissuta, mi dispiace molto.» Disse il dottore.


Cosa?

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