Capitolo 1

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Il profumo di salsedine e protezione 50 accarezzava l'olfatto sensibile di Taehyung mentre passeggiava lento sulla spiaggia di Haeundae. La testa dondolava da una parte all'altra per catturare con gli occhi ogni particolare di quella che, a partire da quel giorno, avrebbe chiamato casa. Si era trasferito con la sua famiglia a Busan qualche giorno prima, lasciando Seoul e impacchettando tutta la sua vita in qualche scatolone. Non che gli dispiacesse chissà poi quanto, Taehyung nella sua vecchia scuola e nel suo vecchio quartiere non aveva nessun amico, nessuno con il quale disperarsi per la lontananza o pregare affinché fosse potuto rimanere.
In uno di quei bellissimi e altissimi grattaceli si trovava la sua nuova casa, piena di comfort e impianti domotici. I suoi genitori erano professionisti nel settore delle tecnologie, viaggiavano molto e a volte c'era il rischio di dover lasciare tutto quello che avevano per partire e lavorare a nuovi progetti. Ed era quello che successe qualche mese fa, quando in sala da pranzo avevano iniziato un discorso tutto strano per poi sganciare la bomba finale. Ma Taehyung li aveva guardati negli occhi e aveva solamente alzato le spalle, indifferente. Non avrebbe di certo sconvolto la sua vita o l'avrebbe irrimediabilmente distrutta. Quello che seguì poi fu tutto confuso, a Taehyung era stato chiesto solo di portare con sé tutta la sua roba e dare un'occhiata al sito web della sua nuova scuola.
In lontananza le voci di alcuni ragazzi che ridevano e scherzavano si mischiarono allo scrosciare delle onde sulla riva, distogliendolo per un attimo dai suoi pensieri. Chissà, forse erano anche loro studenti della nuova scuola di Taehyung, forse sarebbero diventati suoi amici e avrebbero organizzato giornate intere sulla spiaggia. Sbuffò ed un ciuffo di capelli svolazzò tornando poi a posarsi tra le sue ciglia, pizzicandogli l'occhio.
Con passo un po' più veloce continuò la sua passeggiata senza curarsi di quei ragazzi che, in quel momento, sempre più vicini erano stesi sulla spiaggia chiacchierando mentre bevevano qualche birra.
Taehyung non seppe distinguerne gli odori e di conseguenza individuarne il secondo genere. Non che fosse importante in quel momento, ma l'istinto di un lupo era quello di riconoscere il secondo genere dai feromoni che l'altro emetteva, in modo tale da scegliere il tipo di approccio. Ma Taehyung non era in grado di sentire nessun tipo di feromone e quelli che emetteva non avevano nessun odore. Da piccolino aveva visitato molti specialisti per risolvere il problema, ma quello che sempre si sentiva dire era che quella era una condizione genetica impossibile da modificare. E per un omega poteva rappresentare un problema di notevole importanza. Nel loro mondo, dove esisteva il riconoscimento del compagno, l'odore era una condizione importante. Attraverso questo e altri fattori, infatti, le coppie destinate potevano riconoscersi e creare o rafforzare un legame già esistente. Per questo motivo aveva sempre avuto difficoltà ad avvicinarsi, fin dall'infanzia, agli altri bambini e coltivare amicizie. Non gli piaceva che gli venisse chiesto quale fosse il suo secondo genere e per quale motivo non profumasse. Ma cosa avrebbe potuto rispondere un bambino di otto anni? Si sentiva sempre sotto osservazione, come se fosse una specie di attrazione da circo. E le prese in giro e gli spintoni di certo non aiutavano. Essere un omega e non avere quel tipico odore dolce l'avevano fatto sentire diverso e sbagliato. Crescendo aveva iniziato a isolarsi e ad allontanare chiunque si avvicinasse troppo. A scuola con i compagni di classe intavolava conversazioni sterili e senza spessore, non usciva mai per gironzolare per la città in compagnia e non partecipava mai alle feste organizzate dalla scuola. Taehyung esisteva solo durante le ore scolastiche, poi si volatizzava e si rintanava nel suo posto sicuro nella sua camera. Nel mondo fuori si sentiva a disagio, nel posto sbagliato e senza una particolare utilità. I suoi genitori erano troppo impegnati con il lavoro per confortare e rassicurare il proprio figlio, e quando capitava Taehyung sventolava sempre la mano come a minimizzare il problema. Non voleva essere una zavorra angosciante per i propri genitori e non voleva che lo ritenessero un debole. Ci avrebbe pensato l'oscurità della notte a nascondere e a raccogliere le piccole lacrime che bagnavano il cuscino e bruciavano gli occhi.






Il primo giorno di scuola era arrivato inesorabile come l'alba di ogni mattino. Dopo aver stropicciato gli occhi, Taehyung si era chiuso in bagno per prepararsi ad un nuovo ed entusiasmante giorno nella sua nuova vita. Il liceo al quale si era iscritto non distava poi molto dal suo appartamento, dalle foto sul web sembrava una struttura relativamente nuova dalle pareti di un caldo marrone e dai dettagli bianchi che risaltavano sotto la luce del sole. Il liceo raccoglieva studenti dei quartieri circostanti, per un totale di mille ragazzi e ragazze. Non erano poi molti, aveva pensato Taehyung, ma abbastanza per sentirsi soffocare.
L'aura d'indifferenza che lo seguiva come un'ombra lo aiutava ad affrontare le sue giornate e quella era una di quelle che avrebbe dovuto portare a termine tutto integro.
Seduto a fare colazione, seguiva con lo sguardo i suoi genitori barcamenarsi tra documenti e telefonate varie, reggendo tra le mani una tazzina di caffe e un toast leggermente bruciacchiato. Si erano scambiati un buongiorno sbrigativo e la sua mamma gli aveva accarezzato i capelli in modo sfuggevole. Beh, Taehyung quella mattina si era sentito calcolato più del solito e un sorriso piccolo gli aveva storto le labbra. La porta di casa che sbatteva e le raccomandazioni a voce alta da parte di suo padre fu tutto quello che Taehyung sentì prima che il silenzio inglobasse l'intera stanza. Lanciò un'occhiata al suo cellulare e per sua sfortuna mancava poco più di mezzora all'inizio delle lezioni. Avrebbe dovuto raggiungere la scuola da solo e cercare di sopravvivere fino al pomeriggio.




«Seduti ragazzi, per favore» il professore di letteratura coreana era in piedi davanti alla cattedra mentre batteva le mani per richiamare l'attenzione dei suoi studenti. Taehyung aspettava in ansia sull'uscio della porta, con le mani incrociate dietro la schiena, appena sotto lo zaino, mentre le stringeva in modo spasmodico. Quella mattina appena arrivato si era diretto all'ufficio della segreteria, come gli avevano istruito giorni prima, per poi essere scortato alla sua classe. Lì aveva incontrato il suo nuovo professore e si era presentato come lo studente trasferito.
«Vieni Taehyung, ti presento alla classe» il sorriso incoraggiante del professore lo risvegliò dalla bolla d'ansia che lo aveva avvolto, e incerto fece qualche passo finché non raggiunse il fianco dell'adulto. Con coraggio voltò il capo davanti a sé, e con gli occhi rimbalzò da un viso all'altro nella speranza di presentarsi senza balbettare.
«Buongiorno a tutti, mi chiamo Kim Taehyung e sono un nuovo studente appena trasferito» la voce tremava un poco e le mani, in quel momento giunte davanti al ventre, scivolavano per il sudore che ne imperlava i palmi.
«Spero vi prendiate cura di me» disse e poi si inchinò fino a formare un angolo retto. Un coro di benvenuto accompagnato dal suo nome fu sufficiente per tornare in posizione eretta e attendere che il professore prendesse di nuovo parola.
Dopo che gli fu indicato un banco libero, Taehyung si mosse velocemente tenendo il capo chino. Tirò indietro la sedia e cercò di far meno rumore possibile per non attirare l'attenzione, anche se le occhiatine e i sussurri cominciavano ad accavallarsi per raggiungere la sua persona.
«Ehy» una voce lo raggiunse nel momento in cui si sistemò meglio sul banco, «io sono Jimin, benvenuto» il ragazzo che sedeva al suo fianco, che diceva di chiamarsi Jimin, gli sorrideva cordiale con i denti perfettamente dritti. I capelli argentei risplendevano della luce del sole che arrivava dalle numerose finestre e gli occhi marroni si nascondevano per colpa degli zigomi troppo pronunciati. Taehyung sorrise poco e inchinò la testa per ringraziarlo. Non sapeva dire con certezza a quale secondo genere Jimin appartenesse, ma data la corporatura minuta ed aggraziata avrebbe scommesso che si trattasse di un omega, proprio come lui. Il fatto che riuscisse a distinguerli per il loro aspetto fisico era un aiuto al quale Taehyung non avrebbe saputo rinunciare. Era l'unico modo che aveva per poter conoscere ciò che lo circondava.
Quello scambio breve di battute riuscì a calmare la sua agitazione e a permettergli di concentrarsi sulle lezioni. 

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