"Quando uno si dà da fare, anche il dio lo assiste."

- Eschilo

DIANA

≪Mi dispiace Didi, ma continuo a credere che questa non sia una buona idea.≫

≪Sta zitto, so quello che sto facendo.≫

Cercai di ignorare i sempre più frequenti sospiri di rassegnazione del guastafeste seduto alla mia destra. ≪Anzi, se hai voglia di renderti utile, che dici di spostarti prima che ti dia un colpo di martello?≫ sbottai ondeggiando il pesante attrezzo di ferro tra le mani. Fidel decise finalmente di farsi da parte, preservandomi quello sguardo totalmente privo di approvazione che solo lui è in grado di fare.

Forse coinvolgerlo nelle mie faccende è un errore ma, dal momento che è stato lui a decidere di essere il mio migliore amico offrendomi una ciambella quando entrambi avevamo quattro e anni, ho presto deciso di sollevarmi da ogni conseguenza e responsabilità.

Il ragazzo in questione alzò le mani in segno di resa. ≪Sto solo dicendo che forse dovresti consultarti con il fabbro del villaggio, prima di creare il tuo primo arco da sola.≫ Lo guardai un attimo, con i suoi capelli e occhi di un colore simile a una sfumatura di caramello e miele, Fidel è il ragazzo che normalmente avrebbe fatto sciogliere il cuore di ogni fanciulla, sempre così attento e premuroso, è il tipo di persona a cui affezionarsi risulta pericolosamente facile. Pur essendo un diciottenne dal fisico e aspetto invidiabile, Fidel non si è mai montato la testa e ciò è notevole considerando quanto spesso i ragazzi attraenti, e che sanno di esserlo, assumono poi il tipico atteggiamento presuntuoso e saccente fino alla nausea. Lancerei tutte le mie aste di ferro, che ho il coraggio di chiamare archi, in ognuna delle loro teste vuote, l'ho pure fatto una volta e per poco i grandi capi non mi diedero una severa punizione.

Quando notai la combinazione di fronte corrugata, occhi semichiusi e bocca leggermente increspata del mio amico rivolta nella mia direzione, mi resi conto di essermi incantata in pensieri superflui per la terza volta nell'arco di mezza giornata. Come se io avessi del tempo da perdere. Decisi di ritornare al lavoro e ripresi a martellare con forza i bracci di metallo che stavano pian piano raggiungendo le fattezze di un arco. ≪Sai bene che il signor Flint non me lo permetterebbe, a quanto pare nessuno qui mi considera pronta o degna.≫ Mi fermai un attimo per asciugarmi con il braccio sinistro un po' del sudore che stava iniziando a colare dall'attaccatura dei capelli. ≪Comunque non ce ne sarà bisogno, ho quasi finito. Mi passeresti l'impugnatura?≫ Fidel, dopo aver rivolto una rapida occhiata al tavolo da lavoro del vecchio fabbro, trovò ciò che mi serviva per completare quello che sarebbe stato il mio primo vero arco.

Sin da piccola osservavo affascinata gli arcieri del villaggio ogni volta che facevano di ritorno dopo una battuta di caccia, tutti li acclamavano per essere stati in grado di garantire al villaggio altri tre mesi di buon cibo, ma io sono sempre andata oltre questa analisi tanto superficiale. Mai potrò dimenticare il bagliore che illumina lo sguardo degli arcieri mentre raccontano di ciò che vedono ogni volta che escono al di fuori delle mura. Al ricordo di tutti quei luoghi che sembrano tanto diversi da quello che è il villaggio, sul loro viso appare una luce sempre nuova e io non ho fatto altro che invidiarla per tutta la vita.

Dopo aver montato l'impugnatura e la corda, mi allontanai leggermente dall'oggetto dei miei desideri in modo da poterlo osservare nella sua interezza. Come arco non era granchè, però me lo sarei momentaneamente fatto bastare. I miei urletti di gioia misti a un'espressione trionfante furono interrotti da Fidel. ≪Avresti potuto aspettare di compiere diciotto anni come fanno tutti, la vita all'interno del villaggio non è così male e non capisco perchè tu voglia così tanto scappare.≫ Riposi l'arco e qualche freccia, che avevo precedentemente trovato nel retrobottega, in una vecchia sacca caricandola poi sulle spalle. ≪Se lo facessi so che proverei un costante senso di insoddisfazione, ci hanno sempre insegnato a sottostare alle regole del villaggio nonostante il principio di quest'ultimo sia l'indipendenza, ma se poi qualcuno si preoccupa di raggiungerla davvero e nella sua completezza, alla fine gli risulta comunque impossibile. Non ti sembra un po' incoerente?≫

Il nostro è un villaggio con degli specifici principi, si dice che gli dèi discuterono insieme delle sorti dell'umanità dopo la distruzione del vecchio mondo e che le loro volontà fossero poi state incise nel tronco dell'Antica quercia, posto al centro della radura, in modo permanente. Ciò che ci è stato detto e insegnato trova espressione proprio in questi valori, in cui l'indipendenza occuopa un ruolo primordiale.

O almeno dovrebbe.

Vidi il mio amico fermarsi all'istante dopo le mie ultime parole e, dopo qualche secondo che sembrò essere infinito, concluse con ≪A me piacciono le regole e le reputo giuste, così come considero giusto che tu sia destinata a svolgere un'occupazione normale qui al villaggio.≫ Come al solito e come chiunque, nonostante Fidel fosse ciò di più caro potessi desiderare, anche lui non riesce a capire. ≪Vorrei poter decidere io del mio destino. Non importa se il ruolo di arciere è sempre stato esclusivamente riservato agli uomini, vorrà dire che sarò la prima donna a diventarlo.≫ Osservai nuovamente il mio amico, i cui occhi erano ancora incollati su di me, e notai come il suo sguardo vacillò in maniera quasi impercettibile, tuttavia sorrise dolcemente. ≪É il momento di andare o scopriranno che siamo stati qui.≫ Malgrado i nostri battibecchi gli sorrisi anch'io e lo seguì verso il passaggio che la mattina stessa abbiamo sfruttato per poter entrare in bottega senza essere visti, si trattava di una piccola finestrella impolverata da cui sia io che Fidel passiamo a stento, probabilmente il motivo per il quale nessuno si curò mai di bloccare il passaggio. Fidel passò avanti e io, dietro di lui, con un movimento agile raggiunsi senza difficoltà la piccola apertura. Prima di procedere oltre, però, mi guardai un attimo indietro.

La bottega del signor Flint ricordava molto uno studio di un povero e pazzo alchimista, vi erano appunti scritti a mano sparsi ovunque, dai fogli appesi alle pareti a quelli adagiati, secondo chissà quale ordine, sul pavimento. I due banchi da lavoro posti al centro del laboratorio ospitavano, al di sopra di essi, materiali e attrezzature varie, utili al vecchio fabbro per svolgere al meglio il proprio lavoro. Mi chiesi nuovamente se fossi veramente sicura di quello che stavo facendo, più volte durante la mia infanzia mi sono soffermata qui in bottega per osservare e studiare i metodi e le tecniche con cui il signor Flint maneggia e forgia il metallo e più volte ho desiderato di essere io il suo successore, non ho idea di cosa sia cambiato da quel momento. Immagino che semplicemente non sia stato più così. Giocherello un po' con la collana tra le dita, come ogni qual volta che i dubbi hanno la meglio sulla mia razionalità, passandomi quello che sembrerebbe un'occhio di civetta con sfumature tendenti al verde tra il pollice e l'indice.

Controllai di aver lasciato tutto esattamente come lo avevo trovato al mio arrivo e finalmente mi voltai per raggiungere Fidel che nel frattempo mi stava già aspettando all'esterno.

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