PROLOGO - COPENHAGEN

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Lasciò cadere il suo bagaglio sul pavimento di parquet scuro che fece un tonfo sordo e si guardò intorno. Lo studio-flat che aveva affittato era esattamente come nelle foto dell'inserzione trovata su internet: un open space piccolo ma accogliente, totalmente ristrutturato e riempito di mobilio nuovo e moderno. E la vista dalla grande porta finestra era davvero mozzafiato.
Ginevra si avvicinò, posando le dita sul vetro ed osservando ammaliata.

Copenhagen.

La decisione di quel trasferimento non era stata presa in maniera affrettata, ci aveva impiegato mesi a pensarci, ad interrogarsi, ad analizzare meticolosamente ogni aspetto positivo e negativo di quella scelta.
Possedeva già tutto ciò di cui aveva bisogno: un buon lavoro, una casa ed una vita soddisfacente in Cornovaglia.
Beh, quasi tutto, in realtà.
C'era qualcosa che mancava in quella che lei definiva 'sofferente esistenza': un uomo.
Ginevra, 30 anni appena compiuti, aveva avuto solo un fidanzato e, da quando lui l'aveva lasciata sei anni prima, aveva impiegato tutto il suo tempo alla continua ricerca dell'anima gemella, lottando giorno per giorno contro la disperazione e la rassegnazione di rimanere sola a vita.
Non avere un uomo accanto, soprattutto alla sua età, era diventato un gran problema per lei, una vera e propria maledizione. Ne soffriva parecchio e si sentiva talmente oppressa e condizionata mentalmente al punto di voler chiedere aiuto intraprendendo un percorso di psicoterapia che però non aveva mai iniziato.
Ginevra non era una brutta ragazza, anzi, ma era difficile : rigida, fiscale, meticolosa, egoista, narcisista ed esageratamente esigente.
Aveva conosciuto ed avuto molti uomini ma nessuno di loro -dall'alto del suo egocentrico giudizio- era mai stato abbastanza degno di stare accanto ad una come lei.
Diceva sempre -numericamente parlando- che si sentiva 100 e che, quindi, non avrebbe mai tollerato un 99.

"Io sono perfetta e per questo voglio la perfezione."

In molti la definivano presuntuosa, ma a lei non era mai importato del giudizio degli altri. Fondamentalmente, l'unica di cui si curava era se stessa e il mondo attorno che la riguardava; tutto il resto era effimero, insignificante, buio, niente.
La perfezione però, si sa, non esiste.
Eppure lei non si era mai arresa e, quando vide quegl'occhi blu sullo schermo del suo computer portatile per la prima volta, si accorse di aver finalmente trovato quello che cercava da una vita intera.
Al diavolo le conseguenze, quello era un motivo più che valido, l'unico, per lasciare tutto e cambiare vita.
Ecco perché si trovava lì a Copenhagen: per lui, l'altra metà della mela, l'altra faccia della sua medaglia, la sua persona.

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