20.🌙

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•Fiordi islandesi•

«Sibila irrequieto, avvelena, uccide.
Il serpente dal cuore spezzato.»


Capii che si conoscevano nell’istante in cui il ragazzo misterioso si rivolse a Kiran in islandese.

Non avevo idea di cosa gli avesse detto, né del perché l’avesse chiamato Thor, ma Kiran doveva essere abituato a quel nome, perché si scambiarono uno sguardo complice.

«Það tók þig smá tíma að koma, tíkarsonur» fece Kiran, prima che il suo amico lo strattonasse in un abbraccio.

Ancora incantata dal suono grezzo e allo stesso tempo melodioso della sua voce, lanciai un’occhiata a Juni: i suoi occhi azzurri sembravano formare due piccoli cuoricini mentre divoravano il ragazzo dai capelli intrecciati.

«Cosa dicevi? Capelli castani e occhi azzurri?» Le dissi all’orecchio per non farmi sentire dagli altri. «Credo di averti appena trovato il ragazzo dei sogni, Juniper Pope.»

«Geturðu ekki kynnt vin þinn

Quando il ragazzo parlò di nuovo, indicò me e Juni, lo sguardo brillo di furbizia. Poi Kiran si girò verso di noi, scuotendo la testa, divertito.

«Questo cane randagio è Elis» ci disse, beccandosi uno spintone dall’amico. Ricordai subito quel nome: era la persona con cui Kiran stava parlando al telefono, il suo migliore amico. Supposi gli avesse chiesto di presentarci.

«E sono anche la persona più importante della sua vita»» aggiunse Elis, parlando in un inglese niente male. «Ma è troppo modesto per ammetterlo.»

«Lei è Juniper» continuò Kiran, ignorandolo. Elis la guardò come se avesse appena visto un arcobaleno tra nuvole di pioggia, le iridi che tracciavano la forma del viso, del collo chiaro, del modo in cui era vestita.

«Sei molto carina, Juniper.» Commentò con un sorriso arrogante quando riportò gli occhi nei suoi. «Dovremmo uscire insieme.» Rimasi scioccata dal suo modo di fare diretto e schietto, senza filtri.

«Anche tu sei molto carino, Elis» disse Juni, ricambiando il suo ghigno con ironia. «Ma non usciremo insieme.»

Il ragazzo sembrò analizzare bene quelle parole, come se non le comprendesse, come se fossero assurde. Allora Juni si rivolse a Kiran:

«forse dovresti tradurgli quello che ho detto. Credo che si sia perso.»

«Non si è perso» Kiran trattenne una risata. «Elis non è abituato ad essere rifiutato. Gli hai preso a pugni l’orgoglio, ma si riprenderà.» Poi indicò me. «Lei è… Ari, invece.»

Esitò nel pronunciare il mio nome. Provai a cercare il suo sguardo, un indizio sul suo viso, ma lui non si voltò nemmeno. Serrai i denti, spingendo in fondo il senso di frustrazione che provavo. Elis sembrò rinsavire solo quando sentì il mio nome.

«Ari?» Ripeté, come se stesse cercando di ricordare qualcosa.

«Ariadne.» Specificò allora Kiran ed Elis sembrò avere un’illuminazione.

«Quella Ariadne?» Esclamò, i lineamenti sorpresi. «Finalmente ti conosco. In carne e ossa. Non hai idea di quanto questa bestia abbia…»

«Hættu að tala, Elis» il tono di Kiran era rauco e tagliente, quasi all’erta.

Qualsiasi cosa gli avesse detto, funzionò, perché Elis si schiarì la voce e disse:

«È un piacere conoscerti, Ariadne…»

𝐃𝐚𝐥𝐥'𝐚𝐥𝐭𝐫𝐚 𝐩𝐚𝐫𝐭𝐞 𝐝𝐞𝐥 𝐦𝐚𝐫𝐞Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora