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IG: thatisjuliet

•Vetri rotti•


Non siete soli.



«C'è battito» dice qualcuno. «È ancora vivo.»

«Ho chiamato il 911» dice qualcun altro. «I soccorsi stanno arrivando.»

I rumori sono sfocati. Non hanno più contorni, non hanno più colori. Non riesco ad aprire gli occhi. Quattro mani mi sollevano e la mia testa è così pesante che si piega da un lato, come se potesse staccarsi dal collo.

«Simmons, fai rientrare tutti. Voglio i corridoi sgombri. E manda qualcuno all'esterno. Quando arrivano i soccorsi, devono essere guidati direttamente in infermeria. Non possiamo perdere tempo.»

Cerco qualche pensiero, qualche ricordo, ma c'è solo un nero terrificante. Le palpebre non restano aperte per più di un secondo, sono pesanti e stanche, e io vorrei nascondermi e fuggire, perché ho la sensazione che se mi svegliassi del tutto, scoprirei qualcosa di terribile, perché il pavimento è ricoperto di sangue e vetri infranti e io voglio smettere di vederlo. Ci sono solo schegge e sangue, un sacco di sangue e io non so che fare.

Schegge. Schegge affilate. Sono stato io? Ho rotto qualcosa?

«Continuate a fare pressione sul suo polso» ordina la stessa voce di prima. «Il padre» aggiunge poi. «Qualcuno chiami Gerald St. Pierre.»

No. No. No. Non voglio che mio padre veda tutti i lividi sul mio corpo, tutte le botte che ho preso e i calci e i pugni degli altri ragazzi. Non... Non riesco a sentirlo, ma so che il mio cuore sta battendo più forte. È spaventato, perché c'è un'altra cosa che non voglio che mio padre veda. Che nessuno veda.

Non ho rotto qualcosa.

«Povera creatura» sento dire a qualcun altro. «Chissà quale inferno stava vivendo, per arrivare a... questo. Che Dio salvi la sua anima.»

Non provo più ad aprire gli occhi.

Non ho rotto qualcosa.

«Sta perdendo conoscenza» mi sembrò di sentire. «La pressione sta precipitando. Ha perso troppo sangue. Se i paramedici non arrivano in venti secondi, lo perderemo.»

Ho provato a rompere me stesso.


⁎⁎⁎


«La TV locale vuole intervistarti» mio padre mi osservava orgoglioso da dietro la sua tazza di caffè. «Mi hanno contattato ieri con una e-mail, mentre tu eri in viaggio. Non sapevano se fossi già maggiorenne, o avessi bisogno del consenso di un genitore.»

«Oh» sospirai sorpresa. «E tu cosa hai risposto?»

«Che li ricontatterai se avessi voglia di accettare» papà posò lo tazza e un sorriso gli illuminò il volto. Gli occhi color nocciola erano fieri e luccicanti sotto le lenti dei suoi occhiali. «Lo farai?»

«Non lo so» misi in bocca un pezzo di pancake. «Non voglio essere intervistata. Cioè, a cosa servirebbe? A darmi visibilità? A farmi riempire di complimenti da gente a cui probabilmente non frega niente di quello che ho detto al ballo?»

«Se lo fai senza consapevolezza del potere che hai tra le mani, sì.» Mio padre si tagliò una piccola fetta di torta. L'avevo preparata la sera prima, perché non riuscivo a dormire. «Ma se vai lì con la stessa forza e lo stesso coraggio con cui hai affrontato tutti al ballo, questo potrebbe essere l'inizio di un grande cambiamento, tesoro.»

𝐃𝐚𝐥𝐥'𝐚𝐥𝐭𝐫𝐚 𝐩𝐚𝐫𝐭𝐞 𝐝𝐞𝐥 𝐦𝐚𝐫𝐞Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora