Capitolo 1

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Una fila di montagne, stagliate contro l'orizzonte, le diede il benvenuto nello stato del Montana.

L'aria fresca, l'odore di terra ed erba, il cielo che inghiottiva le case nella sua nuvola azzurra.

Allison percorse qualche chilometro tra la vegetazione, oltrepassò un ruscello che si muoveva sinuoso tra le rocce e parcheggiò il fuoristrada davanti al ranch.

Prese la borsa dal sedile posteriore e recuperò il telefono, che durante il viaggio era caduto sul tappetino, dopo una brusca frenata.

Tre chiamate perse da parte di Adam, un vocale in segreteria, un messaggio di sua madre che le chiedeva se era arrivata.

Rispose a sua madre e poi uscì dall'auto.

Avrebbe dovuto bussare?

Provò a battere il pugno contro la porta un paio di volte, non ricevette risposta, così abbassò la maniglia.

La porta era aperta e in casa sembrava non ci fosse nessuno.

Posò la borsa sul divano e andò in bagno, era stato un lungo viaggio e a parte il sudicio autogrill in cui si era fermata a metà strada per prendere un caffè, non aveva fatto alcuna sosta.

Si sciacquò il viso e si legò i capelli lunghi con un elastico.

Quando aprì la porta si trovò davanti una statua di marmo.

O meglio, un uomo con gli addominali di una statua greca.

-Chi diavolo sei?- Chiese lui, stranito.

-Scusami, pensavo non fossi qui, sono Allison.-

-Allison?-

-La nipote di Steve, sono venuta per prendere le sue cose.-

-Non ti hanno insegnato a bussare?-

-Non mi ha risposto nessuno.-

-Ero sotto la doccia.-

Allison guardo la porta del bagno, dalla quale era appena uscita.

-Fuori.- Specificò allora lui.

-Ah.-

-Sono Ryan, comunque.-

L'uomo le tese una mano e lei la strinse, evitando il suo sguardo.

-Allison.-

-Lo so.-

-Prendo le cose che vuole riavere mia madre e me vado.-

-Fai pure, se riesci evita di rovistare dappertutto, sai adesso questa è casa mia.-

-Farò del mio meglio.-

Allison lo lasciò fermo in mezzo al corridoio e salì al piano di sopra.

Chi si credeva di essere quel tipo? Come si permetteva di parlarle così?

Non doveva pensarci, avrebbe preso il necessario e poi lasciato il ranch.

E quella storia sarebbe rimasta solo un brutto ricordo.

La stanza di suo nonno era buia, tirò le spesse tende e il sole entrò dalle finestre.

Sentì il nitrito di un cavallo, mentre apriva l'armadio alto.

Sorrise, ripensando alle sue vacanze al ranch, quando era bambina, alle passeggiate a cavallo in compagnia di suo nonno, ai sentieri tra i boschi e le galoppate sulla prateria.

Trovò delle camicie di flanella che profumano di ammorbidente, due paia di stivali sdruciti,

tre cappelli, jeans dal tessuto spesso e le tasche grandi.

Mise tutto in un borsone da viaggio poi si guardò intorno.

Sul comodino c'erano tre foto, una del matrimonio con sua nonna, una di sua madre e suo zio da piccoli e una di lei da neonata.

Mise anche quelle nel borsone e lo chiuse.

Quando provò a tirarlo giù dal letto si rese conto che era troppo pesante.

Cercò un'altra borsa per dividere gli indumenti, ma non la trovò.

Decise che avrebbe portato le cose un po' alla volta in macchina, aprì il borsone e tirò fuori gli indumenti.

-Serve una mano?-

Ryan, appoggiato allo stipite della porta la guardava con l'accenno di un sorriso sul volto.

-No, grazie, ce la faccio.-

-L'orgoglio è proprio una pecca di famiglia.-

-Come dici?-

-Preferisci fare mille viaggi, piuttosto che chiedere aiuto.- Lui indicò i vestiti sparpagliati sul letto e aggiunse: -sei come tuo nonno!-

-Come ti permetti?-

-No, spetta, non intendevo...-

-Ascolta, non dobbiamo fare amicizia per forza, io prendo questa roba e me ne vado, lasciami in pace.-

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