8 - Ultimo Audio

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Fissai la finestra per un po', il sole stava scendendo lentamente mentre la roba in tavola diventava lentamente fredda... le ore erano oramai passate, una... due.. e poi tre... si erano fatte oramai nove di sera. Una bella sera d'estate. Il telefono, con lo schermo verso il soffitto era davanti a me, al centro del tavolo, speravo tantissimo di ricevere una chiamata, speravo tanto di sentire "Sto tornando a casa, scusami se ho fatto tardi." ma allo stesso tempo avevo il terrore di vedere quello schermo illuminarsi e vedere il numero.

Chi mi avrebbe garantito che a quella chiamata, una volta risposto, non avessi sentito la sua bella e familiare voce, ma avessi sentito la voce stanca di qualcuno all'altro capo del telefono che mi diceva "Mi dispiace, ma questa sera devo darti una brutta notizia..." non volevo. Non volevo pensarci. Non l'avrei accettato.

Feci un lungo sospiro e ancora speranzosa, mi alzai dalla sedia, alzai a tutto volume la suoneria del telefono e coprii la roba da mangiare, accesi il forno e la misi dentro così da tenere ancora tutto al caldo. Poi sparecchiai il tavolo, lo pulii e misi la tovaglietta al suo solito posto, con sopra il piatto e dentro ad esso un tovagliolo rosso, come i suoi capelli. La forchetta e il cucchiaio a destra, il coltello a sinistra, il cucchiaino per i dolci sopra, ed il bicchiere sulla destra, sopra il piatto. Sopra al bicchiere misi un sottobicchiere per evitare che qualche insetto estivo ci potesse cadere dentro. Poi misi le bevande, l'acqua e la birra al fresco e sistemai un po' in casa...

Cercavo di nascondere e sopprimere l'angoscia che stavo provando.

Avevo paura.

Fissai quella piccola scatoletta sul mobiletto della camera, dentro c'era tutta la mia speranza per il nostro futuro. Sospirai e mi diressi a darmi una sistemata al bagno, i capelli castani un po' ribelli cadevano morbidi in una coda, ma il mio viso, lo vedevo anche io, era molto teso, preoccupato e con occhiaie. Non era la prima volta che tardava, ovviamente, faceva parte del suo lavoro. Ma era la prima volta che non ricevevo neanche una notizia, neanche un messaggino dove scriveva solamente "In ronda, ti scrivo appena posso. Manchi Xx"

«Forza, Dalia! – dissi dandomi un bel buffo deciso su entrambe le guance con le mani, fissandomi ancora allo specchio – Non essere così negativa!»

Sistemai per bene le sue cose nei suoi cassetti del bagno, tutto in ordine come sapevo gli piaceva avere. Poi lo sentii, mentre ero intenta a sistemare, il rumore di una macchina fermarsi davanti a casa, del silenzio che sembrò durare un eternità ed infine il nottolino della porta girare.

Mi resi conto solo quando colpii con il fianco il mobile sul corridoio, facendo cadere la scatola su di esso e rischiando di cadere, che avevo corso veloce. Come se ne dipendesse la vita.

Poi lo vidi, bello come sempre, ma chiaramente esausto. In jeans e maglietta aderente, con le fondine allacciate al petto che gli donavano professionalità. Lo abbracciai con forza, ovviamente scoppiai in lacrime perché in anni non ero mai stata così tante ore senza una sua notizia durante un turno di lavoro. Aveva lasciato casa il mattino, dandomi un bacio sulla fronte con amore, poi uno sulla guancia, uno sulle labbra e, come oramai era nostra tradizione, strofinò il naso contro il mio sorridendo per poi dire «Quando torno a casa, voglio uscire e passare una bella serata con te! Solo noi due. Niente amici, niente amiche, niente fratelli o sorelle. Niente gatto. Io e te soltando, in giro per le stradine!» Poi mi stampo' un ultimo bacio, delicato e dolce, e facendomi l'occhiolino era uscito e salito nella sua macchina, sfrecciando via oltre l'alba, facendo a gara con il sole.

Mi strinse dolcemente dandomi infine un bacio sulla testa «Mi dispiace... durante un blitz il telefono è caduto e si è rotto. Non sono riuscito a chiamarti...»

Le gambe mi cedettero e lentamente mi ritrovai a scivolare a terra, tenendo con una mano la sua maglia continuando a singhiozzare. Lui non si mosse, e sul momento non capii.

«Dalia... ti prego rialzati, lo sai che non posso... non posso farlo io...»

La mia testa era totalmente confusa, ma strinsi di più la sua maglia tirandogliela ancora, come se volessi farlo sedere a terra con me. Lui però si coprì gli occhi e vidi delle lacrime cadere anche dalle sue guance.

«Per favore, Dalia...»

Sentii per pochi secondi la sua mano nei capelli, poi sentii il freddo. La sua voce ancora mi suonava nelle orecchie, melodiosa e bella.

«Alzati, amore mio... Non puoi rimanere a terra lì...»

Accennai un piccolo sorriso e chiusi gli occhi per un po', mi misi seduta meglio e feci lunghi respiri. Mi asciugai il visoe sentii il freddo pungermi le guance. Mi portai la testa contro le ginocchia, la sua voce era sparita, il suo calore anche e il calore del sole... lentamente andava via...

«Forza Dalia...» sussurrai a me stessa.

Aprii gli occhi e guardai la stanza in cui ero seduta. Il sole stava tramontando come sempre, ma non era caldo come prima, non mi scaldava... mi faceva sentire sola. La stanza scura e un po' in disordine, il tavolo privo di posate e piatti come preparavo il solito... il forno spento... così come la televisione. La porta aperta da cui proveniva quell'arietta fredda, pronta a pungermi il viso.

Del mio amato Narciso vi era solo il lontano, ma fin troppo vivido ricordo.

Presi il telefono, a terra vicino alle mie gambe e non al centro del tavolino come ero abituata a fare, sfogliai svogliatamente lo schermo, poi mi alzai, una mano sulla pancia e l'altra sul lavandino e, come ogni sera, mi misi ad ascoltare la sua bella voce... l'ultimo suo audio.

«Ciao amore mio! Sono appena uscito dal ritirare gli esiti, visto che sei indaffarata con il lavoro e mi hanno chiamato mentre uscivo dal mio turno! E' un bellissimo maschietto! Sano! Non vedo l'ora di portarti tutto quanto!»

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