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Erano passati ormai diversi minuti da quando Russell aveva finito il suo racconto. Ma Kyosa non sembrava voler commentare le sue parole. Fissava l’orizzonte, il moto calmo delle onde, il sole che splendeva sulle loro teste. Ad un certo punto Kyosa, con movimenti lenti, andò a sedersi affianco al suo amico.
- Ora lascia che sia io a raccontarti una storia.
Russell lo fissò incuriosito.
- Questa storia ha inizio poco più di vent’anni fa. Un uomo, temuto da quasi ogni essere della sua specie, assaltò una nave, un mercantile proveniente dall’ovest. Era un’imbarcazione piena di ricchezze. Ma il commerciante, in quel viaggio, aveva portato con sé il suo più prezioso tesoro, sua figlia Lisa. Quando quell’uomo, temuto perfino dal demonio, abbordò il mercantile, non si aspettava certo di trovarci su una donna, figuriamoci una donna la cui bellezza era paragonabile solo a quella di una dea. I suoi uomini saccheggiarono la stiva del suo carico, rubarono rum e rifornimenti dalla dispensa, ma lui rimase lì, in piedi, dinnanzi a quella donna che non aveva paura di sostenere il suo sguardo. Nemmeno la spada puntata al suo collo la induceva ad abbassare gli occhi.
Un sorriso malinconico increspò le labbra di Kyosa e il suo sguardo si andò a posare nuovamente verso l’orizzonte.
- Tutto ok Kyosa? – disse Russell dopo aver notato lo sguardo nostalgico del suo amico.
- Si Russell. – riprese – Sai, pensavo al coraggio che Lisa ha avuto nell’affrontare quell’uomo. Lui avrebbe potuto spingere la spada nel suo collo e tutto sarebbe finito in quell’istante. Ma se fosse andata così non sarei qui a raccontarti questa storia no?
Russell annui lievemente, ormai incuriosito ed ansioso di sapere il resto della storia.
- Da come mi guardi capisco tu voglia che io prosegua ahahahaha. Va bene. Ma ciò che ho da dire non rispecchierà l'immagine che l'opinione pubblica ha del capitano Bartholomew. Dunque, dicevo, l’uomo non intimoriva la giovane, anzi, lei lo stava affrontando. Non pregava per non essere uccisa o per non essere data in pasto al suo equipaggio. Lei stava lì in piedi e lo fissava. Il tempo, il trambusto intorno a loro, era tutto come un rumore lontano, come se loro fossero chiusi in una bolla. Fu lui a parlare per primo, chiedendo come fosse possibile che lei non avesse paura di lui. La sua risposta lo lasciò ancora più sorpreso. Lei gli disse che era strano, ma non riusciva a smettere di fissare i suoi occhi, nella profondità di quel blu ci vedeva qualcosa di ipnotico. E fu in quel momento che i due capirono di essere destinati a stare insieme. Una donna, che aveva il coraggio di affrontare il più grande dei mostri, e un uomo, che i mostri li guidava, avevano incrociato i loro sguardi e da lì in poi non si sarebbero più lasciati. Lei viaggiò con lui fino al giorno in cui scoprì di aspettare un figlio, nessuno avrebbe mai pensato che Lui avrebbe mai avuto dei figli e invece si ritrovava a diventare padre. Decise di dedicare la sua vita a proteggere Lisa e il suo erede, diede il compito al suo secondo di guidare la sua nave, lui avrebbe appeso al chiodo il suo capello da capitano e passato la sua vita a terra, in una casa su un’isola nascosta con la sua donna e suo figlio. Lo avrebbe cresciuto lontano dalle lotte e dai complotti. Avrebbero vissuto una vita da persone normali. Ma dopo cinque anni dalla nascita di quel bambino, il suo secondo arrivò sull’isola, puntò un coltello alla gola del figlio e lo minaccio di sgozzare il bambino se non fosse salito sulla sua nave e si fosse consegnato come prigioniero. Lisa si sentì morire vedendo il suo uomo portato via in quel modo. Qualche anno dopo arrivò la notizia del giorno in cui si sarebbe eseguita la sua esecuzione. La donna ebbe un attacco di cuore nel momento stesso in cui ricevette la notizia dove la marina lo avrebbe fatto penzolare da una forca. L'uomo, che per lei era tutto, era stato condannato a pagare con la vita e il suo cuore non poteva sostenere tutto quel dolore e si abbandonò alla morte.
Una lacrima bagnò la guancia di Kyosa, che sorrideva aspramente al sole che ormai iniziava a tramontare.
Russell non sapeva che dire. Era la storia dello Squalo quella che Kyosa gli aveva raccontato? Non poteva essere. Quell’uomo era senza un’anima, come poteva amare qualcuno che non fosse sé stesso? Ma soprattutto, come faceva Kyosa a sapere tutte quelle cose? A meno ché...
- Sei tu vero? – Russell si alzò di scatto dal masso su cui si era seduto. – Tu sei il ragazzino di cui parla la tua storia! Tu sei il figlio dello Squalo!
- Si Russell. Quel bambino sono io e capirai se non voglio arruolarmi in marina visto i miei natali e ciò che la marina mi ha portato via.
Kyosa si voltò verso il suo giovane interlocutore, sondando il suo viso per cercare di capire i suoi pensieri.
- Che c'è? Hai paura di me ora?
Le gambe di Russell tremavano, aveva di fronte a lui il figlio del più sanguinario uomo che avesse mai solcato i mari. Solo ora si soffermò a guardare realmente Kyosa in quanto uomo. La sua pelle scurita dal sole, i capelli mossi di un castano intenso raccolti in un codino basso. Larghe spalle robuste, forti braccia. Ora che lo guardava meglio, sul lato sinistro del collo si intravedeva una linea bianca che andava da sotto l’orecchio verso la base del collo. Una cicatrice che coincideva con la lama di un coltello. Ed infine i suoi occhi, non aveva mai notato quanto fossero blu i suoi occhi. Trasalì. Era davvero il figlio del demonio del mare.
- Russell riflettici un attimo, se avessi voluto farti del male lo avrei già fatto no?
- Lo so! Non sono stupido! Sto solo pensando che ho davanti il figlio dello Squalo! Scusa! Del capitano Bartholomew!
Kyosa scoppiò a ridere.
- Che hai da ridere ora? – disse in tono offeso Russell.
- Nulla…- disse Kyosa mentre si asciugava una lacrima dall’angolo esterno dell’occhio. – Ma ora non hai più paura della maledizione dello “Squalo”? Pronunci il suo nome senza timore!
Russell non riuscì a lungo a fare l’offeso e si unì quasi subito al suo amico in una fragorosa risata.

L'ombra del PoseidonDove le storie prendono vita. Scoprilo ora