Capitolo 5

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Porta finalmente l'ultimo vassoio al bancone, si slaccia il grembiule e tira un sospiro di sollievo. La giornata è finita, sono le due e può tornare a casa. Magari prima si fermerà a prendere qualcosa per pranzo. A volte mangia alcuni dolci avanzati dalla mattina, ma quel giorno vuole solo uscire dal Coming Out il più in fretta possibile. Fa per girarsi, ma non compie tutto il movimento che la brocca posata sul vassoio si rovescia e lo colpisce.
"Maledizione!" Impreca tamponandosi con dei tovagliolini. Sembra proprio che vada tutto per il verso sbagliato oggi! pensa a malincuore. L'essere tornato a lavorare, lo sfogo nel ripostiglio e il telefono di un ragazzo nella tasca evidentemente non era sufficiente come primo giorno. Ora c'è anche la consapevolezza che al ritorno dovrà prendere i mezzi e, sotto la giacca, tremare dal freddo. E lui odia il freddo con tutto se stesso. È quasi tentato di scrivere un messaggio disperato a Totò - ti prego vienimi a prendere. oggi è stato orribile, voglio solo tornare a casa - ma finisce con lo sfegare le mani l'una con l'altra e riesce a tenerle a bada. Non vuole procurare altri impicci all'amico e non intende sfruttare la sua gentilezza. Così si fa coraggio, si mette giacca, sciarpa e guanti e saluta tutti i colleghi che incontra sulla strada.
"È andato tutto bene Manuel?" JB lo ferma a cinque metri dalla porta e per la prima volta Manuel vorrebbe avere un capo meno gentile. Si piazza sul viso il miglior sorriso che riesce a trovare - a volte, gli è capitato di vedere Totò fare delle prove di recitazione davanti allo specchio e ha imparato un paio di trucchetti sulle lacrime e le risate- e si volta.
"Certo, è stato tutto...normale." E usa quella parola nonostante nella sua bocca ora abbia un sapore diverso: per lui la normalità sarebbe tornare a casa sua, vedere Irene, e magari fare l'amore con lei; invece tornerà dal suo migliore amico, vedrà lui e al massimo gli chiederà una scopata.
"Perfetto allora."
"A domani capo." E si fionda fuori, prima che chiunque lo trattenga ancora.
Alla fermata dell'autobus, tremante come da previsione, telefona a Totò per avvisarlo del suo ritorno. Risponde dopo quattro squilli.
"Sto a torna', nun poi capì che giornata." E l'altro gli risponde qualcosa in napoletano che non riesce a comprendere. Odiano entrambi quando usano il proprio dialetto l'uno con l'altro...e per questo se lo fanno apposta.

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A quanto sembra la frase misteriosa significava "Allora al tuo ritorno ti preparo qualcosa di caldo." perché al suo ritorno ha trovato una tisana e un piatto di pasta in brodo. Ora, sotto una copertina e seduto sul divano, finisce di bere la sua bevanda e di raccontare tutto a Totò. L'amico è accanto a lui e lo guarda impaziente di conoscere i dettagli di questo nuovo ragazzo.
"È bello?"
"Possiamo iniziare con domande più semplici?" Il più grande sbuffa.
"Più facile di questa? Comunque, da dove viene? Quanti anni ha, insomma, racconta qualcosa tu." Manuel ci pensa. Effettivamente sono cose che non sa neanche lui.
"Non è di Roma e sicuramente neanche Italiano. Forse viene dall'America, non ne ho idea. Per l'età, forse una ventina. Ha detto che è qui per studiare e sicuramente ha finito il liceo."
"Magari è stato bocciato." Totò ama stuzzicarlo e a Manuel va bene. La loro amicizia ha molti meccanismi strani e complessi che altre persone non possono capire e loro non glielo possono spiegare.
"Posso dire che il mio amico esce con un ragazzo del liceo!" Sa quanto queste parole possano dargli fastidio.
"Piantala. Non è tipo da farsi bocciare, anzi...sembra fin troppo furbo." La televisione è accesa, ma è stata dimenticata da entrambi con il muto e serve solo ad illuminare di colori più vivaci la stanza.
"Hai intenzione di chiamarlo?"
"Non lo so, non ne ho idea. Sai che sono appena uscito da una situazione complicata, sarebbe strano tornare subito ad uscire con qualcuno." Totò sbuffa e si sdraia completamente sul divano. Finisce steso sulle gambe di Manuel e per poco non gli fa rovesciare la tisana.
"E dai, non dirmi che non ti manca uscire la sera, fare festa, andare per locali e rimorchiare il primo che passa, perché non ci credo mica." Ed effettivamente, solo a volte, è una cosa di cui sente la mancanza. È ancora giovane ovviamente, eppure sa di non avere più diciott'anni. Ne ha venticinque (e forse molti pagherebbero per averli di nuovo) e si rende conto che molte cose sono cambiate: ad esempio, pensa a cosa più importanti come il lavoro, non ha più quella convinzione che tutti i neo-maggiorenni hanno di poter conquistare il mondo, spesso la sera è stanco, talmente tanto che crede impossibile il fatto che quattro anni prima abbia fatto più volte le sei di mattina, stava addirittura per sposarsi! Quindi si, gli piacerebbe tornare in discoteca con Totò per non avere più il peso della vita sulle spalle. Ma questa è una delle mille cose che non ammetterebbe mai davanti all'amico.
"Non lo so, ho tantissime cose da fa. Tra il lavoro, la palestra..."
"Ma quale palestra che nell'ultima settimana non ci sei neanche passato davanti! Senti." Totò si tira di nuovo a sedere. Manuel si sbriga a finire la tisana e a posare la tazza sul tavolo, l'amico si muove troppo e rischierebbe di farla cadere. Il più grande gli prende le mani - stupito dal fatto che, nonostante la coperta e la bevanda calda, queste siano ancora fredde.
"Tu ora vai a prendere la camicia, tiri fuori il numero di quel ragazzo e lo chiami. Ci parli, metti il vivavoce e organizzi una serata in discoteca. Possibilmente quando non lavoro, grazie."
"Totò..." ma non sa cosa aggiungere. L'altro lo guarda con gli occhi lucidi e la bocca storta in una supplica. Manuel sospira. Sa che quelli dell'amico sono solo trucchi imparati a teatro, ma nonostante questa consapevolezza, quando gli fa quella faccia, non è in grado di negargli niente. Se glielo chiedesse gli regalerebbe la luna.
"Va bene. Ma lo chiamo solo. Non ho intenzione di chiedergli di uscire, se proprio vuole avere un appuntamento che sia lui a invitarmi." Totò lo abbraccia e Manuel se lo leva di dosso. Odia quando si comporta così.
"Vai, ti aspetto qui." Sembra quasi più emozionato il corvino.
Manuel torna con la camicia zuppa trenta secondi dopo. Inizia a frugare nelle tasche davanti al coinquilino e quando trova il bigliettino non sa bene come sentirsi. Si è bagnato quando la brocca gli è scivolata dalle mani, ma non si è ancora sfaldato del tutto. Tuttavia, quando lo apre, si possono leggere solo i primi tre numeri, il resto si riduce ad una macchia di inchiostro. Totò è quello che ci rimane più male tra i due.
"Cavolo!" Manuel alza le spalle.
"Vedi, era destino che doveva anda' così. E poi, posso sapere perché ti interessa tanto che esca con questo ragazzo?" È il turno di Totò di alzare le spalle.
"Non mi va di vederti triste. Sei il mio migliore amico e muoio dalla voglia di farla pagare a quella puttana che ti ha spezzato il cuore. Voglio vederla diventare verde per la gelosia perché ti sei trovato un ragazzo più bello di quello con cui ti ha tradito." Manuel ridacchia nonostante non ci sia nulla per cui dovrebbe essere felice. Passa una mano sulla testa dell'amico per scompigliare i suoi capelli.
"Sei dolce, ma a lei non piacciono le discoteche, sei tu quello che le ama. Irene le trova troppo caciarone, troppo affollate." Totò si porta un dito al mento e finge di pensare per un istante.
"Va bene, vorrà dire che andremo solo io e te con lo scopo di trovare questo Newt."
"No, te l'ho detto che non ci vengo. E ora scusami, ma vado a farmi una doccia calda." Manuel si alza e va verso il bagno. Prima di chiudersi la porta alle spalle però, la voce di Totò riesce a raggiungerlo.
"E va bene stronzetta ingrata! Lasciami pure da solo, così magari qualcuno mi droga e mi uccide e tu riuscirai finalmente a liberarti di me." Eppure sorride. Sorridono entrambi.
Quando la porta si spalanca alle quattro di mattina, Manuel, che ha approfittato dell'assenza dell'altro per dormire sul letto, si sveglia di botto e salta in aria per la paura. Sente il ticchettio irregolare dei suoi passi e capisce che è completamente ubriaco. Si alza e va a vedere. Teme che possa essere con un altro ragazzo e disturbarli, ma quando arriva, con suo grande sollievo, osserva che è solo. Non l'aveva guardato quando era uscito, ora invece nota che indossa una gonna rossa e nera, le calze a rete e i tacchi (e sono le scarpe che Manuel odia, perché normalmente quello più alto è lui, ma quando Totò le porta, lo supera quasi di dieci centimetri). È scivolato sul pavimento e il top bianco gli è risalito fino a lasciargli il petto scoperto, in una mano la giacca di pelle. Sul viso, invece, il trucco, che deve essersi impegnato parecchio per realizzare, è sbavato e i brillantini, dagli occhi, si sono spostati sulle guance. Totò è egocentrico, forse la persona più egocentrica che Manuel conosca, e a volte gli piace vestirsi da donna. All'amico non importa, gli da fastidio solo quando esagera troppo, proprio come quella sera. È evidente che ha bevuto troppo. Sul volto gli si dipinge l'espressione che contraddistingue tutte le persone ubriache che necessitano di rigettare fuori l'alcol.
Il più piccolo si piega e passa una mano attorno alla vita dell'altro. Prova a rimetterlo in piedi nonostante non sia semplice. Ci riesce dopo tre tentativi. Per colpa di quei maledetti tacchi Manuel gli arriva poco più su della spalla. Impreca mentre barcollano verso il bagno e si maledice per non avergli fatto prima togliere le scarpe.
"Cazzo Salvatore, perché ti devi sempre ridurre in questo stato?" Ma non è davvero arrabbiato, solo dispiaciuto che per passare una serata divertente Totò abbia bisogno di bere fino a non capire più niente.
"Perché? Non sono ubriaco, solo brillo." Ma biascica così tanto che le parole sono quasi incomprensibili.
"Si certo." Lo fa sedere a terra con il viso rivolto verso il gabinetto. Gli toglie le scarpe e gli sposta due ciocche di capelli dalla fronte sudata.
"Ora devi buttare fuori tutto, ok? O domani statai davvero male."
"Ma io sto tanto bene." Totò chiude gli occhi. È così stanco che probabilmente vorrebbe solo dormire per le prossime ventiquattro ore. Manuel sospira e gli tira un piccolo schiaffo sulla guancia.
"Si! Sono sveglio!" Gli fa aprire la bocca e gli infila due dita in gola.

A volte, quando è in compagnia del suo migliore amico, gli sembra di dover badare ad un bambino. Si sono fatte le cinque e Manuel sta morendo dal sonno. Eppure ha dovuto aiutare l'altro a togliersi trucco e vestiti, sistemarli, mettergli il pigiama e convincerlo ad andare a letto. Ora, mentre sta maneggiando la giacca di pelle, lo sente russare sommessamente dall'altra stanza. Non è obbligato a fare tutte quelle piccole faccende, ma gli sembra il minimo dato che vive li. Controlla le tasche dell'indumento prima di metterlo ai panni sporchi. Non si aspetta di trovarci niente se non qualche monetina, e invece tira fuori un pezzetto di carta. È un piccolo bigliettino bianco. Potrebbe essere il numero di qualche nuovo ragazzo, ma quando vede che è firmato da una donna aggrotta le sopracciglia...e ancora di più quando lo apre e legge.

Eri troppo ubriaco per ricordarti qualcosa Sasà. Ma ci siamo messi d'accordo per risentirci e far tornare il buon umore a Manuel. 33156...ci sentiamo, Veronica

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