Capitolo 17

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Manuel si rende conto di essere nervoso solo quando Gabriel suona il campanello di quella che ormai, almeno un po, può definire anche casa sua. Totò è la famiglia che non ha mai avuto e presentargli Newt è un passo che, forse, non è ancora pronto a fare. Prima di portare Irene ci sono voluti almeno tre mesi, e allora si che credeva di aver trovato il vero amore. Ora, ma forse anche già da molto prima, ha capito che il 'vero amore' non esiste all'infuori dei libri e che si tratta solo di una stupida favola raccontata ai bambini - e si sente ridicolo, perché a venticinque anni l'avrebbe dovuto capire da almeno dieci. Ha svariati esempi che potrebbe presentare a chi invece sostiene il contrario. Basti prendere Totò e quell'altro ragazzo di cui dice di essersi innamorato, Matteo. Manuel ha visto l'amico disperato piangere nella vasca da bagno, e non era affatto la prima volta. Come può l'amore, una cosa che dovrebbe essere così bella, fare così male? Non esistono principesse da salvare e principi azzurri pronti a correre ogni pericolo. Si cresce, si diventa adulti...si apre la porta e si allonta dai suoi pensieri, catapultato nella realtà. Totò è fermo sulla soglia, un piccolo sorriso che gli illumina il viso. Manuel è contento di notare che non ha ancora addosso il grembiule, ma che si sia messo qualcosa di più appropriato (ma cosa aveva temuto poi? totò è quasi sempre impeccabile quando si tratta di vestiti). Per un momento gli manca il respiro: lui e Newt non hanno neanche definito il loro rapporto. Come dovrebbe presentarlo? Semplicemente con il suo nome? Il modo in cui preferiva farsi chiamare? Come un amico? Come un...fidanzato? Quell'ultima parola gli provoca un brivido lungo la schiena.
E torna a respirare quando il rosso allunga la mano e Manuel si ricorda che lui ha una voce con cui parlare. Registra ogni istante di quel primo incontro, le mani che si avvicinano, che si stringono e poi si separano; il modo in cui le labbra di entrambi si muovono per far uscire i propri nomi.
"...ma puoi chiamarmi Sasà."
"E tu Newt, senza problemi." Della presentazione con Gabriel non presta attenzione. Lui prima di entrare da un veloce abbraccio a Totò, l'ansia leggermente affievolita ma non sparita del tutto.
"Venite, vi faccio fare un giro dell'appartamento." Esordisce Manuel, così, per non rimanere impalato al centro del salotto.
"Si, ottima idea, così intanto finisco di preparare le ultime cose. Poi la cena è quasi pronta." Mentre camminano nelle piccole stanze, quel senso di disagio non sparisce. Anzi, se possibile aumenta, perché quella casa, a confronto con le loro, è veramente ridicola. A rincuorarlo un po c'è solo la prospettiva dell'ottimo cibo dell'amico.
Totò li richiama all'attenzione cinque minuti dopo, mentre, sullo stipide della porta della camera da letto, stanno chiacchierando di una mostra a cui Gabriel dovrà partecipare tra un paio di settimane.
"Scusa, dov'era il bagno così mi lavo le mani?" Domanda quest'ultimo. Manuel glielo indica, il mezzo francese sparisce e lui rimane solo con Newt (sono nascosti alla vista del suo migliore amico, lo sentono appena sistemare le ultime cose nei piatti). C'è un momento in cui si fissano negli occhi, poi il più piccolo si piega verso di lui, colmando la distanza che li separa. Gli regala un bacio dolce e sulla bocca gli fa nascere il sorriso.
"Perdonami, ma era da quando siamo arrivati che volevo farlo." Si scusa. Manuel, del canto suo, si alza leggermente sulle punte, per poter essere all'altezza giusta, e gli accarezza le labbra con le sue. Sente quel profumo che non potrebbe comprarsi neanche con un anno di stipendio avvolgerlo un po ovunque e la cosa non lo dispiace affatto. Anzi, è come se fosse nel posto giusto, come se fosse al sicuro. Si staccano velocemente quando la porta del bagno si apre e Gabriel ne fuoriesce, come se avessero un segreto da nascondere - cosa che, in realtà, non è. Si guardano con un velo di imbarazzo nello sguardo finché Manuel non interrompe quel momento.
"Forse è meglio se andiamo a mangiare."

Inizialmente, la conversazione si è basata su quanto bravo fosse Totò a cucinare, ma ben presto sono rimasti a corto di argomenti. Questo finché non ne hanno trovato un che mettesse in armonia tutti - o quasi.
"Anche a voi piace il teatro?"
"Si, fin da quando ero piccolo." E Totò inizia a raccontare una storia che Manuel può dire di conoscere praticamente a memoria. Di come, quando aveva sette anni, suo nonno l'ha portato a vedere uno spettacolo e lui si sia praticamente innamorato di quell'arte. Tralascia la parte che solitamente confida alle persone con cui ha un legame più stretto, ma che, in realtà, è il continuo di quella storia: che suo nonno, il membro a cui era più legato della famiglia, non stava bene; che quella è stata la prima ed ultima volta che sono andati insieme a teatro; che da quel giorno la sua vita è cambiata per sempre.
E poi c'è un altro piccolo pezzetto di storia che Manuel è convinto abbia raccontato solo a lui. Non l'ha mai sentito parlarne con qualcun'altro. Il suo affetto per il nonno era nato probabilmente quando, a sei anni, l'avevano trovato nella camera dei suoi genitori che si provava i trucchi della mamma: la donna aveva dato la colpa alla sorella grande, perché il piccolo Sasà voleva solo imitare i gesti che a volte faceva, quando, era lei a truccarsi per gioco; il padre non l'aveva più guardato allo stesso modo nonostante fosse solo un bimbo di sei anni, perché un uomo che faceva quelle cose non era normale; ma il nonno, contro ogni aspettativa, era stato il più comprensivo. Non gli aveva mai detto niente, aveva fatto semplicemente il suo dovere, accettarlo e amarlo nonostante il trucco, nonostante fosse ovvio che non sarebbe mai stato un vero uomo.
"E tu, reciti mai durante uno dei tuoi saggi?" Newt fa una faccia tra il divertito e il mezzo disgusto.
"No, mai. Se ci mettessimo ad imparare anche le battute a memoria e a ripeterle sul palco, non sarebbe più un saggio di danza. Diventerebbe uno spettacolo completamente diverso o peggio, un musical." Manuel sorride. Dopo quelle parole si ricorderà di non elogiare mai i musical davanti a lui.
"Ma così" interviene Gabriel "sarebbero molto più divertenti. Pensa solo a tutte le volte che mi hai costretto a venire ai tuoi spettacoli, se ci fosse una storia forse riuscirei a non addormentarmi."
"Ma si che c'è una storia! Pensa solo al Lago dei Cigni. Se fosse davvero così noioso come dici, perché è tanto famoso?" Sbotta Newt, evidentemente infastidito dalle ultime affermazioni.
"Una storia comprensibile! Con delle parole e non solo dei gesti inutili."
"Allora perché, secondo te, i quadri che ti piace tanto dipingere posso dire molto, ma un ballo non ha lo stesso potere di esprimere o suscitare emozioni nello spettatore?"
"Ma sono due cose completamente diverse." Manuel resta in silenzio. Si gode quel piccolo battibecco tra amici di vecchia data e con qualche intervento sporadico di Totò. È sparito anche il più piccolo segno di disagio e ciò che prova è solo felicità. È contento anche perché così l'amico può distrarsi e non pensare a Matteo.
Passano velocemente da un argomento all'altro: Gabriel racconta di alcuni aneddoti divertenti dei suoi viaggi; Newt gli descrive un po il luogo in cui è cresciuto e il Canada in generale, nonostante si noti che il tema lo fa rabbuiare appena; Manuel parla di come non sia mai uscito dall'Italia e come gli piacerebbe visitare Parigi, destinazione, tra l'altro, del viaggio di nozze dimenticato; a Totò tocca spiegare le ricette di quella cena per il resto della sera.
"Vado un attimo alla finestra per fumare una sigaretta." Esordisce Newt quando ormai nei piatti non c'è rimasto più nulla. Guarda per un momento nella direzione di Manuel, il quale non capisce se è un invito a seguirlo. Decide quindi per conto suo che, cinque minuti un po più appartati, non gli dispiacciono affatto. Così si alza e lo imita.
"Ok, io intanto sparecchio."
"Va bene, ti do una mano." Si offre Gabriel. Quando il romano apre la finestra lo colpisce subito l'aria gelida di fine gennaio. Rabbrividisce appena stringendosi nelle spalle.
"Che hai da accendere?" Gli chiede Newt mentre, notato il suo tremare, gli si avvicina un po di più. E quello basta a scaldare ed infiammare i cuori di entrambi.
"Mi dispiace, ma non c'ho la giacca a portata di mano." Il più piccolo fruga allora nelle tasche dei pantaloni e trova ciò che stava cercando. Manuel si mette a dare le spalle alla finestra, così da poter guardare, almeno in parte, ciò che avviene in cucina. Totò e Gabriel tolgono i piatti sporchi e probabilmente (Manuel non lo può vedere) li posano sul lavandino. Chiacchierano di un argomento che sembra averli presi entrambi. Vanno d'accordo e pensa che sia una cosa molto bella. Non conosce quel ragazzo da più di quattro ore, però, essendo il migliore amico del suo ragazzo? trova essenziale il fatto che debba stare simpatico anche a Totò.
"Senti n'po" chiede a Newt abbassando la voce per non essere uditi "ma Gabriel potrebbe essere interessato al mio amico?" Newt fa un mezzo sorriso quando fa uscire il fumo dalle labbra. Lo guarda appena.
"Mi stai chiedendo se è gay?"
"No...si."
"Non lo so." Manuel è confuso. Pensava che fossero legati e solitamente sono cose che tra amici ci si dice.
"Davvero?" Il rosso del canto suo aspira un'altra boccata di fumo prima di passare la sigaretta all'altro.
"Bhe, non sono cose di cui parliamo. Ti spiego meglio: non mi piacciono le etichette. Non capisco l'utilità di specificare, quello è gay, quella è lesbica, quell'altro è bisessuale. Perché non possiamo semplicemente dire 'Quella è una persona che ama un'altra persona'?" Manuel ascolta, fuma e crede di non esssre d'accordo con quel discorso. Però rispetta il suo pensiero.
"Secondo me invece hanno aiutato molte persone. La confusione che c'avevo nella testa a sedici anni era terribile. Non capivo perché ero così diverso dagli altri. Nella scuola i ragazzi avevano delle fidanzate e le ragazze dei fidanzati. Allora perché a me non sarebbe cambiato niente se fosse stato un maschio o una femmina?" Fa una piccola pausa in cui inspira l'ultimo tiro. Butta il mozzicone nel posacenere e riprendere a parlare.
"Poi ho scoperto la parola 'bisessualità' e, capito chi ero, so' riuscito a sta' più sereno. Magari a qualcuno servono proprio pe trova' la via giusta."
"Non funzioniamo e non pensiamo tutti allo stesso modo e forse è questo il bello del mondo." Si fermano un secondo per guardarsi. Il tempo pare fermarsi, Totò e Gabriel completamente dimenticati nell'altra stanza. È Manuel che interrompe quel silenzio e quel contatto visivo poiché si stava rivelando troppo intenso.
"Non hai risposto alla mia domanda."
"Ok. Allora posso dirti che non so se sia gay, ma so per certo che con un ragazzo ci starebbe." Dal modo in cui lo dice al modo in cui fa di tutto per evitare il suo sguardo, Manuel non può fare a meno di chiedersi se tra loro due ci sia mai stato qualcosa. Un bacio forse? si interroga nella mente. Qualcosa di più? Un rapporto completo? Si ritrova ad esserne geloso per nessun motivo. Stringe i pugni e contrae leggermente la mascella sperando non si noti. In quel momento però viene colto da una nuova domanda: le persone che osservano lui e Totò, che li guardano interagire tra di loro, potrebbero mai indovinare quello che hanno fatto?
"Buono allora. Si è preso una cotta per un tipo super etero - almeno da come lo descrive - che due nostre amiche gli hanno presentato in discoteca. Volevo farglielo dimenticare, ma non so proprio come." Rimangono poi a guardare la strada fuori e a lanciarsi qualche occhiata di sottecchi, arrossendo se beccati. Finiscono per fissarsi apertamente e a sorridere come due ragazzini. C'è poco spazio tra di loro. Manuel vorrebbe baciarlo e, proprio mentre si allunga verso di lui, la voce di Totò li richiama.
"Forza venite a darci una mano. Quante sigarette vi siete fumati? Dodici?" Il più grande fa per andare verso la cucina quando percepisce una mano trattenerlo. Newt lo fa voltare e, prima di baciarlo, si sporge verso di lui per sussurrargli
"Venerdì sera andiamo a cena fuori, solo io e te?"

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