4. Incastrata tra i ricordi

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Non fece in tempo ad aggiungere altro che si sentirono le ruote di un trolley sul pavimento marmoreo. Erano davvero appena tornati i miei genitori. Cinque minuti di ritardo e sarebbe successo il casino più totale.
Scattai in piedi e mi diressi verso la porta. Stacy la tenne aperta, mettendosi di lato per farmi passare e poi mi seguì. Arrivata a metà del corridoio, tra la mia camera e le scalinate principali, vidi una chioma bionda e lucenti sventolare sugli ultimi gradini. Quei capelli incorniciavano un viso giovane che non teneva conto della vera età e facevano brillare un paio d'occhi azzurri. Il completo in avorio fasciava completamente il corpo e i tacchi a spillo abbinati slanciavano la figura della donna. Poteva essere paragonata a un angelo.
«Oh, mia cara!» esclamò aprendo le braccia e venendomi incontro. Con i palmi delle mani mi afferrò i gomiti e avvicinò le nostre guance, facendole solo sfiorare. Questo, da che avevo memoria, era il gesto più affettuoso che mia madre conoscesse.
«Mamma!» ricambiai il saluto. I nostri petti nemmeno si sfiorarono e dopo altri cinque secondi questa dimostrazione d'affetto terminò.
«E a me non saluti, figliola?» si intromise una voce maschile alle sue spalle. Guardai oltre la chioma bionda e incontrai il grande sorriso accogliente di mio padre.
Aveva i capelli molto corti, che però permettevano comunque di identificarne il colore giallo splendente, coordinati alla perfezione con i suoi occhi azzurri e il completo dello stesso colore. Perfino le sue scarpe eleganti non erano nere, ma di un pallido bianco.
«Papà!» gli corsi incontro. Lui allargò le braccia e mi strinse al suo fianco, facendo sbattere la mia spalla sulle sue costole e stringendomi con un braccio.
Era sempre stato più espansivo in conforto a mia madre. Lei era rigida e formale con tutti e anche con me, lui invece era più flessibile solo con me.
«Poi ti lamenti se è viziata…» borbottò Urie davanti a noi, incrociando le braccia al petto. Lui mi sfregò una spalla con la mano e, dopo avermi stretta un po’ più forte, mi liberò dal suo abbraccio.
«Dov'è il tuo cellulare? Ti abbiamo chiamato un centinaio di volte» domandò mia madre. Aia, i rimproveri erano già iniziati.
«In camera da qualche parte. Credo si sia anche scaricato» mentii spudoratamente. Mi perlustrò per alcuni secondi guardinga e poi mollò la presa.
«Abbiamo saputo di un clamoroso ritorno…» iniziò mio padre e per un momento persi un battito.
«Quei Reift» concluse lei in tono disgustato.
«Oh, sì. Credo di averlo intravisto ieri a scuola» dissi mostrando il più possibile una naturalezza non mia. Alle nostre spalle ci furono tre colpi di tosse che ci fecero voltare tutti in contemporanea.
Stacy teneva il palmo della mano premuto sulla bocca e gli occhi semi spalancati.
«Tutto bene?» le domandò mio padre. Lei annuii poi scostò la mano per rispondere.
«Sì, signore. Credo… di aver preso un po’ di freddo» mentì.
Io la guardai minacciosa e lei sostenne il mio sguardo. Altro che freddo, soffriva di lingua lunga.
«Per quanto non siano i ben voluti in questa casa» riprese il discorso mia madre, incamminandosi lenta nel corridoio, «sono ricchi, molto ricchi, e parte dell'alta società. Quindi dovremmo invitarli qui a prendere, che so, un tè.» Per poco non inciampai nei miei stessi piedi.
«Le persone lo sapranno nell'arco di un paio di minuti e noi aumenteremo ancora di più la fama del nostro nome» concluse.
Guardai con la coda degli occhi Stacy, alla ricerca di un qualche supporto. Dovevo trovare una scappatoia, una perfetta via di fuga. Aiuto divino dall'alto o dal basso?
«Se facessimo una vera e propria festa?» proposi voltandomi e iniziando a fare piccoli passi a ritroso. Ecco il mio aiuto divino. Mio padre si accigliò e mia madre per poco mi stette per inveire contro, quindi parlai prima di darle tempo di farlo.
«Non una di quelle da locali e gentaglia. Un vero e proprio evento elegante per farci notare ancora di più in società, sotto il falso nome di una festa in onore del ritorno della famiglia Reift» conclusi, bloccandomi sul posto. I miei genitori fecero lo steso.
«Non lo stai suggerendo per avere intorno la tua amichetta, vero?» insinuò, riferendosi a Katerina.
«Ti pare, mamma?» il suo sguardo diceva un enorme sì. «Non avrei bisogno di ciò per vederla» ammisi senza problemi. Lei era uno dei nostri argomenti principali di discussione e speravo che questa volta ci passasse oltre.
«Potrebbe essere una buona cosa, inoltre ci faremmo vedere anche noi, dato che non ci siamo spesso» mi spalleggiò papà.
«Sì, si potrebbe fare il prossimo fine settimana, saremo a casa quei due giorni» ragionò a voce alta lei. «Dovrà essere molto elegante… Okay, si può fare» sentenziò e io sgranai gli occhi, non aspettandomi una risposta positiva. Feci dei piccoli saltelli sul posto, ma mia madre mi bloccò subito.
«Non è decoroso fare così, Angelica» mi riprese in tono di rimprovero e io mi paralizzai all'istante, iniziando a giocherellare con il laccetto del pantalone che indossavo.
«Devi promettere che passerai più tempo a parlare con il figlio dei Reift e Michele che con qualcun'altra» aggiunse alludendo con tono sdegnato alla mia migliore amica. Annuii per far capire che avevo afferrato il concetto. «Inoltre, mia cara, eleganza e perfezione. Le esigo» concluse superandomi e addentrandosi nella sua camera, che le aveva aperto Stacy.
«Durante la settimana potrai andare con Stacy a comprare un abito nuovo,» mi informò mio padre con tono più pacato, «faremo preparare gli inviti entro stasera, prima della nostra partenza. Saranno spediti all'inizio della settimana prossima, quindi se vuoi già dirlo a… Michele, fai pure» terminò e sparì nella stessa stanza. Il discorso era esaurito e magari non li avrei rivisti fino a cena, se fossero rimasti fino a quell'ora.

Ali di Cristallo - The Wings Series Vol. 1Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora