Track XIX - Napoli, Milano, Barcellona

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Tornato a casa dopo essermi talmente abituato al caos di gente, gatti e macchine (soprattutto macchine!) di Istanbul, ai muezzin che urlavano 'ncopp alle moschee cinque volte al giorno e alle navi che passavano e spassavano senza sosta sul Bosforo, Napoli mi parve una piccola e tranquilla cittadina di periferia.

Dovetti dividermi tra le rassicurazioni d'affetto a mamma, che non era mai stata lontana da me per un periodo così lungo (considerato che a Nisida veniva a trovarmi ogni volta che c'erano gli incontri) e le feste di bentornato che mi avevano organizzato sia Teresa che Andrea. Quest'ultimo aveva atteso il mio ritorno con particolare impazienza per via di tutte le cose di lavoro che restavano da fare in vista di maggio, già accuratamente programmate nei minimi dettagli.

Il 2 e il 3 maggio uscirono dei singoli che quasi mi costrinsero a comporre durante il mio periodo in Erasmus, in remote working con Gennaro e registrati in fretta e furia. Erano due pezzi destinati a chiudere il cerchio di una trilogia della storia d'amore scritta da Francesco per il video di Tu t'e scurdat'e me, a cui i fan si erano molto legati.

Per quanto intasato di impegni anche con il conservatorio, accettai la sfida per poter sperimentare un po' con musiche nuove ispirate dai miei viaggi, e vidi Francesco compiere un altro piccolo miracolo di narrativa in immagini ancor prima che potesse ascoltare le canzoni registrate e complete.

Mi piacque quella sua idea di mostrare la fine di una storia d'amore sia dal punto di vista di lui che da quello di lei. Avrei pagato oro per potermi astrarre dal mio stesso corpo e fare esperienza diretta di un tale cambio di prospettiva anche nella vita reale, così da capire che cazzo tenevano 'ncapa le ragazze di cui mi innamoravo e da cui venivo sistematicamente abbandonato.

Maggio 2018 fu un mese di distruzione mentale e fisica.

Il colpo di grazia fu, manco a dirlo, il concerto gratuito che organizzammo per l'ormai sacra ricorrenza del 9 maggio. Giocare in casa significava espormi, come mai prima di allora, al rischio di essere scoperto. La rotonda Diaz distava meno di tre chilometri da casa mia e di tutti i miei amici e parenti più stretti, ed io sarei dovuto salire su quel palco con la grandissima faccia da cazzo di far finta di non essere me medesimo, Filippo del quartiere Porto, e che ciò non mi facesse cagare sotto.

Alla sessione organizzativa a casa di Andrea, un paio di giorni prima dell'evento, mi investì come un razzo dritto in un occhio la realizzazione che le cose si stavano facendo sempre più grandi e più serie. Il team di LIBERATO necessitava di allargarsi e la new entry fu Daniele, addetto alla sicurezza delle gig per i miei spettacoli live che si facevano sempre più numerosi e frequenti.

Essere circondato da una piccola schiera di professionisti, di cui mi fidavo al punto da poterci scommettere le palle, era una bella sensazione, ma non mi aiutava a salire sul palcoscenico con meno ansia sulle spalle. Però una cosa che avevo iniziato a notare era che, da quando avevo conosciuto Gulê, avevo imparato a prendere le cose che mi angosciavano molto più di petto. Quando i brutti pensieri prendevano a tormentarmi l'anima, mi chiedevo sempre cosa avrebbe fatto lei.

Il 9 maggio 2018 arrivai sul lungomare di Napoli con un gommone e, sguardo fisso e incredulo sulla folla accalcata sotto al mio palco in lontananza, mi chiesi cosa mai avessi fatto per meritarmela.

Tentai subito di scacciare quel pensiero: l'autocompatimento era una cosa che Gulê mi avrebbe rimproverato con inaudita severità. E magari lo avrebbe fatto anche tutta quella gente lì sotto, accorsa per celebrare LIBERATO; se si erano riversati lì a centinaia in attesa della mia musica, un motivo valido ci doveva pur essere. E forse anche più di uno.

Galleggiando sul mare piatto e sulle increspature delle mie riflessioni in lotta tra loro, ancora lontano dall'approdo, sentii il suono della notifica di WhatsApp sul cellulare. Era un messaggio di Teresa: "Io e Angie stiamo andando al concerto gratuito sul lungomare, vuoi venire con noi?".

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