018.

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Ero distesa sul mio letto, all'interno della mia stanza, con il dormitorio completamente vuoto.

Avevo deciso di saltare la cena, cominciando ad accusare quella che era la stanchezza assorbita nel corso della settimana.

Il mio corpo implorava il riposo, una bella dormita era tutto ciò di cui avevo bisogno. Eppure, ogni volta che tentavo di chiudere gli occhi, immagini senza senso, disconnesse tra di loro e completamente sfocate, mi si presentavano nella testa, facendomi riprendere da quelle brevi fasi REM in cui mi ritrovavo.

Una volta terminato il discorso con Harry -le cui parole mi ronzavano ancora nelle orecchie, come fastidiose mosche- ero corsa in quel posto, evitando qualsiasi contatto umano.

L'unica persona che avevo incrociato durante la mia fuga, era stata Percy, ma lo avevo ignorato in modo molto maleducato, abbassando la testa non appena i miei occhi avevano catturato quella che era la sua figura.

Avevo, volutamente, ignorato le sue parole, fingendo di non sentire la sua voce continuare a richiamare il mio nome.

Ripensandoci, mi sentii incredibilmente in colpa, ma per una qualche ragione sapevo che se qualcuno mi avesse mai chiesto come stavo in quel momento -e sapevo quanto la mia espressione portasse istintivamente a pormi quella domanda- sarei scoppiata a piangere.

Il motivo era ben semplice. Mi sentivo un vero schifo al pensare che Harry non voleva più rivolgermi la parola. Da quando ero uscita da quel suo piccolo rifugio, non avevo smesso un secondo di autodefinirmi una stupida.

Ero stata io a volere il suo allontanamento, ero stata io a spingerlo nel prendere quella decisione. Arrivata a quel punto, però, avevo capito che quello non era ciò che volevo in realtà.

Continuavo a ripensare a ciò che era successo tra me e quel ragazzo così asociale, apatico e aggressivo. Continuavo a ripensare ai suoi costanti tentativi di approccio nei miei confronti.

E io, come una vera stupida, lo avevo spinto ad allontanarsi da me. Certo, non potevo negare che la colpa fosse di entrambi -perché tutti e due eravamo stati degli stupidi orgogliosi-, ma pensare di non avere più niente a che fare con lui, mi faceva sentire come se mi mancasse qualcosa.

Quel ragazzo era ormai diventato come un'abitudine. Un'abitudine fastidiosa, ma dalla quale mi risultava difficile farne a meno, ora che l'avevo persa.

Sbuffai sonoramente, rigirandomi tra quel letto ormai disfatto e disordinato. Non mi interessava, volevo solo cercare di dormire, di rilassare la mente, evitando di pensare il più possibile.

Volevo riuscire a dormire, senza dover essere oppressa da quella paura di poter sognare qualcosa di brutto, che fosse un incubo o un ricordo.

Infilai la faccia nel cuscino, cominciando ad urlare in modo frustrato. Stavo, finalmente, liberando tutta quella tensione accumulata in così poco tempo.

In quel momento, volevo solo essere una ragazza normale, volevo avere una famiglia, una madre che venisse a tranquillizzarmi e potesse aiutarmi con quella crisi adolescenziale.

Volevo avere una madre con la quale parlare dei miei problemi con Harry, un padre che mi confermasse quanto fosse disposto a spezzare l'osso del collo a qualsiasi ragazzo si fosse azzardato a farmi soffrire.

Volevo una sorella, minore, della quale prendermi cura. Volevo abbracciarla, coccolarla, giocare con lei e prepararla a quella che era la maggiore età.

Volevo un animale domestico, da portare a spasso, con cui fare lunghe passeggiate in quelli che erano i grandi parchi.

Volevo una vita normale, non una vita in cui ero destinata a rimanere rinchiusa in quello che era il Livello18.

Level 18.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora