31 luglio

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Lui la bramava con tutto il corpo di marmo nero e lei lo bramava con tutto il suo, di miele profumato. Chiudeva gli occhi, schiudeva le labbra facendo ondeggiare la lingua nell'incavo della bocca come per assaggiarlo. Il respiro caldo ora si faceva ansimo, ora gemito, mentre lui le stringeva il seno con quella grande mano d'ebano, e il suo vigoroso sesso si faceva strada attraverso di lei alla ricerca del nirvana. Spingeva con forza, striando quel piacere così forte di venature dolorose che stavano trasformando quel momento in qualcosa di indecifrabile. Un caleidoscopio di sensazioni contrastanti che, miracolosamente, si fondevano trasformandosi in un tempo assoluto di godimento.

Una patina di sudore ormonale copriva la nera pelle di Taiwo mentre donava tutto il suo turgore a Tina, anche la seconda mano di lui salì dai fianchi frementi fino ai seni della ragazza, che approvò con un compiaciuto mugolio, le spinte si fecero meno ampie ma più profonde. Tina volse la testa incontrando le bollenti labbra di lui, risucchiandole anche l'anima, che divenne bramosa, sempre più.

Di nuove sensazioni, di nuovi contatti, di nuove potenti spinte, sempre del suo Taiwo, che con gli occhi iniettati dello stesso sangue che gli inturgidiva enormemente il membro, ora affondava la bocca nel collo teso di lei, ora le leccava voluttuosamente un lobo, ora le invadeva le labbra con la lingua carnosa.

La mano di lui, ragno mai domo, tornò a scendere fino alla scalata del monte di Venere, precipitando nelle sdrucciolevoli grandi labbra coperte di umori, figli del piacere. Prese con prepotenza le piccole labbra aprendole, schiudendo il clitoride per poi affondarvi il polpastrello e torturarlo fino a sentire Tina cambiare respiro: più roco, più frequente.

Non smise, anzi si sentì incoraggiato da quel suono lascivo, si fece ancora più fisico nel suo tormentare il tumido bottone di lei, fino a sentirla gemere come un'agnellina in cerca del suo amato gregge. A quel punto, carico di straripante desiderio, scivolò via dalla vagina, e facendosi strada tra i mugghii sempre più pesanti di lei, le penetrò il roseo anemone dell'ano con una poderosa stoccata.

«Esta es la Barcelona Prohibida, chica»

«Ma che cazzo dici?! Non ho mai fatto una roba del genere! Ma che ti inventi??» mi vomita addosso Tina, dubbiosa se ridere o incazzarsi sul serio.

«Sul serio non glielo hai dato? Non sei più la Chica Mala di una volta» replico serafica, scatenando le risate di tutte.

Siamo stravaccatissime al bordo della piscina di un amico di Gek. Che bello avere tutori del genere.

«Non ho detto che non gliel'ho dato. Ho detto solo che non gliel'ho dato così».

«Ah, allora questo cambia tutto» chiosa sarcastica Brenda, «Io però non vedo l'ora di leggere quando arriverai a scrivere il casino che è successo dopo».

Squadro Cate e Tina, schiocco la lingua. «Chicas muy muy malas» asserisco con fare mefistofelico.

Che poi sembra che si finisca a raccontare sempre la stessa storia, ma anche la mattina del 31 luglio avevamo lasciato la casa dei pusher con loro che, scherzosamente, ci avevano salutato con un «Vale, nos vemos esta noche!» ridacchiando.

Era il quinto giorno a Barcellona e non avevamo ancora dormito in nessun albergo o ostello, non avevamo visto praticamente nulla della città e non avevamo fatto una normale ubriacatura senza doverci trascinare dietro le valigie.

La vacanza era stata piuttosto strana fino a quel punto, ma sentirla raccontare da Brenda era ancora meglio.

«Ciao Gek, giuro che stavolta ci eravamo veramente andate all'ostello, ma poi c'era un procione nella camera».

«E un opossum in bagno».

«No, nessun opossum.» aveva risposto seria. «però in compenso c'era un cane addestrato a rubare i portafogli. E quindi abbiamo fatto una rissa con i suoi padroni.

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