28 luglio

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«Cate ma com'era la storia dell'ostello? Io non mi ricordo bene la storia, e sai bene perché» chiedo per vocale alla bestia colpevole di tutto, ignorando invece il messaggio della Tina.

«Che costavano troppo e che abbiamo cercato qualcosa di più economico, dai non rompere.»

«Proprio te che hai i miliardi. E comunque il primo casino ce lo hai procurato te, chi l'avrebbe mai detto, eh?»

«Sempre a far le pulci alla gente. Come se a voi fosse filato tutto liscio. Mi avete fatto passare le peggio storie, e mi rompete il cazzo per una cosa minima!».

Se lo dice lei.

Nei miei appunti, che mi sto sforzando di ordinare per cavarci qualcosa di decente da pubblicare, all'inizio c'è poco.

Mi ricordo solo che eravamo sbarcate con i nostri bei trolley e ci eravamo lanciate subito nella ricerca di punti di informazione turistica per farci indicare qualche ostello. Oddio, magari non proprio subito visto che nel mezzo ci avevamo infilato un paio di aperitivi un po' strong. La Tina aveva pure fatto gli occhi dolci al barista, un vero peccato che però lui alla fine le avesse fatto intendere la sua predilezione per i cannoli alla crema piuttosto che le pucchiacchielle.

Un vero smacco per l'amor proprio di Tina, che, oltre al danno aveva dovuto fare i conti con la beffa. Dopo averla sfottuta a sangue, la Cate, euforica, aveva ordinato un nuovo giro di alcol che ci aveva ridotte in maniera indecente ancora prima di trovare un luogo dove metterci al riparo per la notte.

Già praticamente ubriaca come un operaio di Liverpool la sera del venerdì di paga, avevo barcollato con le altre fino all'uscita del locale.

«La notte è giovane!» continuavamo a cantilenare con urletti degni di milf in libera uscita l'otto marzo. Era stato questo, unitamente alla nostra andatura un po' incerta e l'aspetto sbattuto, probabilmente, ad attirare l'attenzione di un gruppo di ragazzi italiani di San Quirico d'Orcia. Con scatto felino e abile mossa, zomparono in tempo zero dalle nostre parti, tutti galvanizzati di sentir parlare italiano. O dalle nostre mise un po' sfatte, non saprei dirlo con certezza.

La Cate, approfittando del campo lasciato libero dalla sua eterna rivale, ancora in pieno down da sbronza triste causa barista gaio, aveva agganciato quello che sembrava essere il più carismatico dei quattro e, complice la musica che usciva dai locali, lo aveva un po' rosolato, rubandogli il bicchiere e facendo qualche mossa sapiente su How Deep is Your Love.

Da San Quirico d'Orcia a Barcellona, capirai. Il tizio, in otto secondi, aveva appoggiato l'inguine sulla Cate, che aveva ampiamente dimostrato di gradire. Nel frattempo, Brenda aveva tirato fuori un marker e aveva iniziato a scriversi su un braccio qualche frase che le era passata per la mente, e un paio dei componenti della comitiva si erano persi a guardarla affascinati. Io e la Tina avevamo lasciato volentieri che i toscani ci offrissero da bere un'altro paio di cose terribili. Loro stessi, più tardi, contro ogni loro aspettativa, ci avevano accompagnate a vomitare in una vasca di fiori in fondo alla rambla, anziché nei loro letti.

Non amo ubriacarmi, ma eravamo a Barcellona! Insomma, immaginavo di passare tutte le sere sbocciando a sangria e strusciando il lato B contro una serie di maschi cosmopoliti con cui poi avrei fatto sesso selvaggio in una qualsiasi spiaggia lì davanti, piangendo poi quando sarei dovuta ripartire.

E Fine del primo libro della saga più amata di Wattpad.

E poi, tanto, avevamo Brenda. Ci stava ubriacarsi una volta in più, o anche due.

O anche settantordici.

Con lei vigile e intonsa a vegliare su di noi con i neuroni (e gli ormoni) impazziti non sarebbe potuto succedere nulla di male.

Barcelona ProhibidaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora