Zefiro

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Il tenpo trascorse rapido, il carro del sole, trainava la sfera lucente nel cielo giorno dopo giorno, a volte era lì anch'io con il dio Apollo, ma molte altre
Invece restavo a palazzo, almeno non correvo il rischio di distrarlo.
Trascorrevo i giorni chiuso tra le pareti di pietra del castello.
Lo attendevo una lezione dopo l'altra.
Le giornate erano incentrate sugli studi politici e bellici, sull'addestramento
La notte però la trascorreva con lui e che fosse estate o inverno io mi sentivo bruciare.
Sul giaciglio facevamo scintille, tra di noi era tutto un fuoco e quando ci avvinghiavamo sudavamo molto più che sul carro del sole.
A volte per l'eccitazione il suo corpo si illuminava, irradiando i raggi solari.
Mi aveva però proibito di fare il bagno nel lago quando il sole era alto nel cielo.
Diceva che vedermi dall'alto mentre facevo Il bagno nudo poteva distrarlo, sinceramente non capivo come potesse vedermi dal carro del sole, fore perché oltre all'ottima vista di un dio possedeva anche la vista del falco, uno dei suoi innumerevoli animali sacri.
In quel frangente di secondo nel quale provavo a guardare il sole riuscivo a scorgere solamente la sfera lucente, ma non il cocchio dorato.
Nonostante trascorrere quasi intere giornate a portare il sole sulla terra, io non mi sentivo solo, anche perché la nottere era sempre da me e alcuni giorni che si manifestava a Sparta, non ero l'unico ad accoglierlo.
Avevamo informato a tutti gli uomini della nostra unione.
Insieme a lui non temevo lo scandalo e poi ora tutti esultavano per noi e ritenevano un onore essere desiderati da un dio.

Un giorno quando il mio compagio divino stava trainando il sole oltre la metà del cielo, andai a farmi un bagno nel lago, mi ero ripromesso di non deludermi senza di lui, ma eravamo i soli a recarci in quel luogo così entrato nelle acque con tutta la tunica la rimossi, mettendola ad asciugare sopra ad una roccia chiara e liscia che emergeva dalle acque.
Nuotai tranquillo nelle placide acque lasciando che le mie membra si rilassassero dopo una mattinata di addestramento alla lotta.

Apollo era il dio delle arti, non aveva nessuna premura per la lotta, ma quando Amicala, secondo re di Sparta, non che mio padre aveva proposto che fossi addestrato per la guerra, beh Apollo non aveva resistito a vedermi allenare, o combattere indossando un solo gonnellino di cuoio.
Così da quel giorno ero stato costretto ad addentrarmi.
Mi dedicai così all'arte militare nonostante ne fossi riuscito a sfuggirvi per oltre sedici anni.
Mi ero sempre dedicato allo sport, le attività sportive erano state l'unico modo per non combattere, l'unica alternativa possibile, ora però sarei stato destinato a diventare una macchina da guerra.

Avvolto in quella sporca nube di pensieri terribili, non mi accorsi nemmeno che nel lago, vi era qualcun'altro oltre a me.
Un ragazzo mai visto prima, stava fermoimmobile a fissarmi, con l'acqua che gli arrivava alla vita.
In maniera impacciata cercai di avvicinarmi lui, eppure qualcosa mi diceva di non farlo.
Era strano, era diverso da chiunque avessi mai osservato, sembrava differente da me, quasi come Apollo, ma non gli assomigliava per niente.
Aveva i capelli bianchi, quella fu la prima cosa che notai, spinto dalla curiosità mi avvicinai alla sponda e di conseguenza anche a lui.
Indossava una tunica bianca e azzurra, quasi come il cielo, la veste in acqua galleggiare, facendo di lui una ninfea.
Per un attimo credetti potesse essere una Ninfa, ma era decisamente un maschio e ciò, per quanto ne sapevo era impossibile.
Se non per i satiri ogni spirito della natura aveva fattezze femminili.

Lo straniero aveva una veste che si gonfiava d'aria, come se il vento respirasse contro di lui.
Teneva i suoi occhi grigi puntati su di me, era magro, i suoi arti erano esili e la sua pelle pallida.
Aveva in viso asciutto ed ossuto, spigoloso sugli zigomi.
Come mi avvicinai a lui, mi resi conto che la temperatura si era abbassata.
Alzai la testa verso il cielo, ma era chiaro, nessun segno di temporale, eppure si stava innalzando un vento freddo.
《Principe di Sparta》anche la sua voce era incredibilmente diverso da quello di Apollo.
Quello del mio dio era un tono di voce caldo, morbido e musicale, quello dello sconosciuto era freddo duro e incredibilmente monocorde.
《Sono io》Risposi in modo autorevole, come avevo imparato a fare, tenendo la voce ferma e la testa alta, mantenendo il suo sguardo, nonostante quegli occhi glaciali.
《È arrivato il vento, non vorrei prendeste freddo, ecco a voi》si sfilò la veste e fece per appoghiarmela sulle spalle.
《No, grazie, sto bene》declinati l'offerta, senza apparire troppo scortese, ma arretrando di un passo.
《Meglio così 》convenne e lasciò cadere la tunica nelle acque del lago.
Mi distrarsi ad osservare confuso la veste che si impregnata d'acqua e non mi accorsi che il gionave uomo dalla chioma bianca come le nuvole aveva allargato le braccia per stringermi un un abbraccio.

 Apollo & GiacintoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora