Chapter 4

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Already choking on my pride


Stava passeggiando pigramente per il corridoio, una mano sulla spallina dello zaino e l'altra affondata in una tasca dei suoi jeans scoloriti: mancavano ancora più di venti minuti all'inizio della lezione di meccanica analitica, quindi aveva tutto il tempo del mondo per arrivare con calma e scegliere il posto migliore. C'era poca gente in giro, per lo più studenti che avevano un'ora libera o che come lui dovevano spostarsi e recarsi in un edificio diverso, seppur interno al campus, per seguire i corsi di livello avanzato.

Non lo fece apposta.
Eppure, una volta superata l'ala dei laboratori, le orecchie riconobbero un certo accento, così gli occhi si spostarono automaticamente alla ricerca di una certa figura esile.

Ci mise un po' a identificarla, dato che la sagoma di un tizio grosso almeno il doppio la nascondeva quasi del tutto, mantenendola incastrata tra il muro e il proprio braccio teso contro la parete. E lei sembrava proprio a disagio per via di quella vicinanza esagerata.

"Non è un problema mio", si ricordò.

Come se effettivamente ci fosse una qualche sorta di situazione da dover sbrogliare.

Dorian non disse nulla nemmeno quando passò al fianco dei due, ma non poté evitare di notare la scintilla che si accese nello sguardo di lei non appena gli occhi incrociarono i suoi.

"Non mi interessa", si ripeté mentalmente, ignorando quel solletico al cuore.

Già, perché avrebbe dovuto interessargli? L'aveva trovata irritante, fuori luogo e un po' invadente. Non era cambiato nulla.

Li superò con falcate lente, con un'andatura molto più adagio rispetto a quella di partenza. Sentiva il ragazzo continuare a blaterare di "un posto da urlo a nord della città", mentre percepiva lo sguardo di lei bucargli la schiena. Senza mai fermarsi, fece finta di sistemarsi meglio lo zaino; gli occhi rotolarono quindi oltre la spalla, appena in tempo per accorgersi che la ragazza stava scivolando al di sotto del braccio teso dell'energumeno, sussurrando quelle che immaginò essere delle scuse cortesi, per poi iniziare a camminare nella sua direzione.

"Non sta venendo qui per me", e riprese la sua normale andatura, puntando verso la porta.

Uno scalpiccio leggero di passi veloci e aggraziati aveva iniziato a seguirlo come un'ombra, così Dorian avvertì improvvisamente un fastidioso sorriso tirargli gli angoli della bocca verso l'alto.

Non si sarebbe voltato per primo.
Ma una vocina supponente che proveniva da dentro gli sussurrava che non ce ne sarebbe stato bisogno.

- Sei tornato. -

Seppur stupidamente soddisfatto, Dorian non si fermò, né rallentò il passo.
Fece finta di non averla sentita e continuò il suo percorso.

- Ti chiami Dorian, non è vero? -

Il proprio nome, declinato con quell'accento e con quella strana cadenza melodiosa, non gli era mai piaciuto così tanto. Fermò la marcia e si girò di tre quarti, con un'espressione molto più sorpresa di quanto si sarebbe aspettato di avere.

- Già. - confermò in un sussurro, mentre l'oro di quegli occhi occupava il suo intero campo visivo.

"Ma che cazzo mi prende?", si domandò, quasi allarmato dal miscuglio di sensazioni che si aggrovigliavano nello stomaco. Lei gli sorrise, raggiante, e ancora una volta lui si scoprì in difficoltà.

- Stai... -

- Che cosa vuoi? - la interruppe brusco, ancora prima che potesse aggiungere qualcosa in merito al loro ultimo e spiacevole incontro, ancora prima di ridursi a pensare a delle eventualità che aveva deciso di non considerare nemmeno di striscio.

Hold Me DownDove le storie prendono vita. Scoprilo ora