Epilogue

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Who is in control?


Serpukhov, cinque anni dopo

Dorian tolse gli occhiali e sbottò un sospiro, totalmente esausto. Si passò le dita sul volto, sprimacciando gli occhi stanchi e infastidendo le ciglia. Guardò i fogli sulla scrivania e scosse la testa, afflitto e preoccupato, concentrando l'attenzione su una mappa scolorita e su una serie di foto fresche di stampa.

- Tesoro. -

Sobbalzò.
Non si era accorto che qualcuno fosse entrato nello studio.

- Liz. - si alzò per andarle incontro, e dopo aver appoggiato sul legno la tazza di tè che la giovane donna teneva tra le mani, le cinse la vita con le braccia, stringendola a sé con tutta la forza che aveva. Le sorrise, poi unì le labbra alle sue, vagando con il palmo aperto sulla sua schiena in una serie continua di carezze morbide. - Sono un po' assorto, perdonami. -

- Sei preoccupato. - con una scia di baci leggeri, lei gli solleticò prima la guancia, poi il collo. - Lo sono anche io, Dorian. Ma lo troveremo, puoi starne certo. -

Si lasciò andare ad un nuovo sospiro, più lungo e profondo del precedente, affondando il viso nell'incavo della sua spalla. - Dovevo stargli più vicino, Liz. È scappato, per colpa mia. -

- No, Dorian. - intensificò la stretta, come a volergli infondere la sua stessa convinzione. - Gavril non ha lasciato l'istituto di ricerca a causa tua. Non è mai stato facile per lui avere a che fare con Noise, lo sai, ha solo bisogno di un po' di tempo per tornare a respirare. -

Quella frase gli suonò in modo ambiguo.
Così ambiguo da fargli arricciare il naso e da instillargli qualche dubbio.

Dorian si scostò quel tanto che bastava a rivolgerle un'occhiata sbieca, così lei si mordicchiò le labbra, colpevole e incapace di sostenere il suo sguardo.

- Liz... Gavril ti ha detto che aveva intenzione di andarsene? -

Lei si strinse nelle spalle, sollevando le sopracciglia ad arco. - Mi ha detto solo che era stanco della terapia. -

A quel punto, lui la lasciò andare di colpo, dandole la schiena. - L'istituto è il posto più sicuro, per lui! Se sospettavi una sua fuga dovevi dirmelo, accidenti! -

Sbatté con forza il pugno contro la scrivania e la tazza ricolma di tè si rovesciò sulla superficie di legno. Buona parte del liquido bollente finì sia sui fogli, ammollandoli e annacquandone le scritte, e sia sulla sua mano, arrossandola in modo istantaneo.

Ma Dorian non si ritrasse.
Al contrario, si immobilizzò sul posto, osservando a occhi sgranati il liquido che dalle nocche sgocciolava verso il basso. Fu Elyza ad afferrargli il polso per allontanarlo da lì ed evitargli un'ustione peggiore.

- Prendo qualcosa per medicarti, dovrebbero esserci delle garze qui a portata...! -

Lui scosse la testa, lentamente, e sbigottito aggrottò la fronte. - Aspetta, Liz. - passò la punta del dito in corrispondenza della bruciatura sulla mano, poi superò il polso e continuò per l'avambraccio. Un guizzo di panico gli balenò negli occhi. - Non... non sento niente. - mormorò, la bocca impastata.

A quella risposta, Elyza si gelò sul posto. - Cosa... cosa vuol dire che non senti...? -

Dorian continuava a fissare quella vistosa macchia rossa che si estendeva su buona parte del dorso e sulle prime falangi. L'ustione c'era, rosea e ben visibile rispetto alla pelle pallida limitrofa. Ma a livello di sensazioni era come se non fosse successo nulla.

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