Alone

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Spesso ho così paura delle soglie che mi vado a nascondere nel buco del pavimento  sotto alla grande scala principale. Lui sta ancora dormendo e non mi punirà per aver smesso. Invece mi ostino a spaccarmi le unghie contro la carta da parati sfilacciata, che pende dalle pareti. 

Sono loro a indicarmi la via. 

A volte le dita mi fanno così male che devo stringere forte i pugni per fermare le lacrime. Lui ha detto che noi siamo speciali, che non dobbiamo lamentarci del nostro lavoro perché è una risorsa importante. 

La prima volta che ho iniziato a grattare ero alto come uno sgabello della sala, io non lo ricordo, me l'ha raccontato Lui. E ha messo una tacca dove ho cominciato. 

Ho fame.  Non ho mai saputo da dove provenisse il pane che lasciava sul tavolo. Ho le gambe che tremano. Ho lasciato la camera da letto chiusa perché dentro c'è un odore che ho sentito solo quella volta che un ratto è morto nell'intercapedine del muro. L'odore ha impiegato tanto a svanire. Si attacca addosso. 

Abbasso la maniglia piano. Come avrete capito, le porte sono la cosa che temo di più. 

Le porte e l'ignoto che si trova oltre. 

La puzza satura l'aria, mi costringo ad avanzare fino al letto. Ho lasciato accesa la luce sul comodino. Questa volta Lui deve svegliarsi. 

Nel tempo sono diventato più alto dello sgabello. Molto, molto di più. E forte. Salgo in ginocchio sul materasso nudo e infilo le mani sotto Lui. Non l'ho mai toccato prima d'ora e mi fa uno strano effetto. Non ho il tempo di pensarci perché la puzza mi fa lacrimare gli occhi. Con uno sforzo spingo il corpo di Lui in modo che rotoli a pancia in su. 

E per quanto io conosca poco di ogni cosa. Questo lo so. Lui non si sveglierà. 

TORVID - A short storyDove le storie prendono vita. Scoprilo ora