9. Fatto il misfatto

345 35 26
                                    

Warning: scena esplicita. Potete saltare a piè pari il capitolo, se vi dà fastidio.

Michelangelo non aspettava altro. Si aggrappò a lui con entrambe le mani, schiuse le labbra e cercò la lingua di Dario con la sua.

Erano vicini, appiccicati, e lui poteva sentire le mani del ragazzo che gli stringevano la camicia in una morsa, il suo sapore in bocca e il suo profumo nei polmoni. Infilò le mani sotto il costume e la felpa che aveva sotto, sfiorandogli la schiena nuda, facendolo rabbrividire a quel tocco.

Michelangelo si strusciò contro di lui e fu pervaso da una voglia cieca e assordante, una voglia di averlo, di portarlo ad ansimare, di vedere il suo corpo contorcersi dal piacere su quell’enorme letto dal piumone imbottito.

Le mani del ragazzo iniziarono a sbottonargli la camicia, tremanti e affamate, e lui si separò dal bacio il tempo necessario per sfilargli quella orrenda casacca rossa.

«Non avevo mai spogliato Babbo Natale» gli disse, con un sorrisino divertito. Si sentiva euforico, era brillo ed eccitato, e in quel momento desiderava solo mettergli le mani addosso, sentire i suoi ansimi nell’orecchio e farlo suo.

Lo sentì ridere, poi lo vide liberarsi anche della felpa, mostrando il petto asciutto. Lui intanto l’aveva sostituito nello sfilare i bottoni dalle asole uno a uno, con mani veloci ed esperte. Ebbe appena l’attimo di pensare che era dai tempi di Alessandra che non spogliava qualcuno in generale, e almeno venticinque anni che non metteva le mani su un altro uomo, ma gli mancò il coraggio di dirlo ad alta voce.

Michelangelo lo baciò ancora, estorcendogli un verso gutturale di sorpresa e desiderio, lui gli abbassò i pantaloni del costume e poi la zip dei jeans che aveva sotto. Continuarono a spogliarsi in quel bacio sporco, e quando si sfilò le scarpe coi talloni e restò in boxer lo fece arretrare sino al letto, su cui finirono schiacciando la ghirlanda sotto il loro peso.

Si separò da lui ancora, ansimante, e lo guardò. Il ragazzo aveva le guance rosse, le labbra socchiuse e aveva il respiro affannoso. Dario pensò che era stupendo, e si sentì in colpa per quel pensiero subito dopo.

Ha due anni più di Ale, lo sai questo, vero?

«Cosa c’è?» gli chiese, senza fiato.

«Non so se… non so se…»

«Non lo vuoi?»

Dio, quanto lo voleva. Era da anni che non si sentiva così eccitato, tremava dal bisogno di prenderlo lì e subito. «Lo voglio.»

«Allora prendimi.»

«Ti avviso, sono un po’ arrugginito.»

«E io sono un po’ inesperto.»

«Non mi importa.»

«Neanche a me.»

Michelangelo gli sorrise, un sorriso un po’  furbetto, e da che era sotto di lui sul letto li capovolse e lo schiacciò sul materasso.

Dario lo vide iniziare a baciargli il petto, avvertiva il calore delle sue labbra bruciarlo mentre passava. Scese con calma, prendendosi il suo tempo, arrivò al ventre e dedicò qualche attimo ai suoi addominali. Giunse all'inguine e guardò su, col suo solito sguardo furbetto e gli occhi luminosi. 

Sollevò la testa e gli sfilò i boxer con un unico movimento fluido. Dario trattenne il respiro, guardò in basso verso la sua erezione esposta, aperta alle ministrazioni del ragazzo accanto a lui. 

Michelangelo non perse tempo. Lo guardò come se lo soppesasse con lo sguardo, come stesse decidendo da che parte afferrarlo, poi avvicinò il volto a lui e diede una leccata lenta e bagnata dalla base alla punta, emettendo un piccolo verso soddisfatto.

Aiuto! Mi sono innamorato di Babbo Natale Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora