6. Tombola!

298 41 130
                                    

Scusami, la voce di Giuseppe sembrava divertita al telefono, fatto che lo irritò ancora di più. Ma chi sarebbe questo tizio che ti ha invitato alla tombola? Non credo di aver capito.

«È un mio collega» borbottò, gli occhi puntati sul soffitto. Era sdraiato sul divano, senza scarpe, coi piedi sul bracciolo e un braccio penzoloni.

Un tuo collega? Ma tu non sei il dirigente? Puoi uscire così con uno dei tuoi sottoposti?

«Non è un collega del negozio, è un collega del supermercato. Lui è l’animatore  per bambini che sta di fronte al negozio.»

Animatore per bambini?

«Sì, fa Babbo Natale.»

Sentì suo fratello ridere all’altro capo del telefono. E che rapporto hai con questo… Babbo Natale?

«Nessuno. È… complicato.»

Dario… cosa mi stai nascondendo?

«Niente! Niente, te l’ho detto. È un collega con cui sto parlando ultimamente, e una sua amica organizza questa serata. Mi ha chiesto di portare qualcuno e dato che è un po’ che non ci vediamo…»

Dimmi la verità. Te lo sei… il suo tono di voce si abbassò. Te lo sei portato a letto?

«Ma che dici?!» esclamò, cercando di tenere un tono di voce basso per non svegliare Lara che dormiva in cameretta.

Nel caso devi dirmelo, perché mi devo preparare tutto il discorsetto a Claudia, ai ragazzi… insomma, se ce lo vuoi presentare devo prima preparare il terreno, non posso sganciare la bomba così…

Suo fratello maggiore Giuseppe, anni quarantuno, unica persona al mondo oltre al suo ex fidanzatino delle superiori che era al corrente della sua bisessualità, aveva fatto voto di non proferire parola con nessuno a riguardo, e sino ad allora aveva mantenuto la promessa, tenendo la bocca cucita persino con la moglie.

«Non devi preparare nessun discorsetto. Sto ancora divorziando, non ho la testa per queste cose. Te l’ho detto, è solo un collega. Quando lo vedrai capirai.»

Oddio, è così brutto?

«No! Non è brutto affatto, se proprio vuoi saperlo.»

Allora ti piace, insinuò la sua voce. Poteva sentirlo sorridere sotto i baffi senza vederlo.

«Senti, non so neanche perché ti ho chiamato. Se vuoi venire vieni, se non vuoi venire arrangiati.»

Andiamo, ti sto solo prendendo un po’ in giro. E poi non posso non venire, devi presentarmi Babbo Natale. Non succede mica tutti i giorni.

«Peppe?» lo chiamò, col nomignolo che usava quando era bambino.

Cosa c’è?

«Mi sa che ho fatto un casino.»

Giuseppe sospirò. Devo venire lì?

«No, no. Ci vediamo mercoledì, tanto. Giusto?»

Giusto.

«E, quando te lo presento… insomma… potrebbe essere come non te l’aspetti. Tu fai finta di niente, okay?»

Oh no. È uno di quelli che si mette i tacchi e i boa di piume arcobaleno, vero?

«No! E comunque non ci sarebbe niente di male.»

Mi stai facendo preoccupare. Ti tratta male?

«È solo un collega.  Non ha proprio senso questo discorso che stiamo facendo.»

Rispondi alla domanda. Ti tratta male?

Aiuto! Mi sono innamorato di Babbo Natale Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora