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"Lydia?" sua madre bussava alla porta, mentre provava ad aprirla

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"Lydia?" sua madre bussava alla porta, mentre provava ad aprirla. "Puoi aprire la porta?"

"Sto bene!" esclamò lei in risposta, anche se la voce tremante la tradiva. Sua madre aveva fatto quello che poteva dal giorno dell'incidente. Le aveva permesso di non andare a scuola per un intero semestre, l'aveva portata da uno psicologo facendola stare meglio, l'aveva persino lasciata dormire nel letto con lei. Lydia in effetti era tornata a dormire nel suo letto solo qualche settimana prima, ma poi era arrivato Capodanno, e tutto il rumore provocato dai fuochi d'artificio aveva peggiorato le sue condizioni mentali già precarie. "Sto bene."

"Lasciami entrare lì con te." Jenny implorò sua figlia. "Vado a chiamare il dottor Sanchez."

"Non chiamare il dottor Sanchez!" replicò Lydia urlando, mentre si teneva le mani sul naso e sussultava ogni volta che si sentiva un fuoco d'artificio riecheggiare in lontananza. "Ti prego, ho solo bisogno di un po' di spazio!"

"Lydia." Jenny non aveva intenzione di arrendersi. Sapeva che forse sua figlia aveva davvero soltanto bisogno di spazio, ma le spezzava il cuore l'idea di andarsene e lasciarla sola a singhiozzare spaventata dall'altro lato della porta. "Per favore lasciami entrare."

Lydia si alzò velocemente e aprì la porta di camera sua prima di tornare rannicchiata sul pavimento, le mani a coprire le orecchie mentre dondolava con le ginocchia strette al petto. Jenny entrò nella stanza e si fiondò in ginocchio davanti alla figlia, stringendola a sè. Subito dopo prese le cuffiette anti-suono e gliele fece mettere, restando a stringerle dolcemente le mani fino alla fine della notte.


"La prima volta che ho visto Lydia, stavo baciando Jules. Non lo sapevo ancora, ma in pochi mesi mi sarei innamorata perdutamente di lei. Mi sarei innamorata di quanto lei amava me, di quanto invece odiava la vita, il suo trauma, il fastidioso tic nervoso che aveva alle dita, la sua stupida incapacità di lasciarsi le cose alle spalle. Non riesco a ricordare esattamente cosa ho pensato quando ho visto per la prima volta Lydia nel corridoio della scuola, ero fatta in quel momento. Ma, posso immaginare di aver pensato a quanto fosse bella. O forse mi sono soltanto messa a prenderla in giro."

Lydia sussultò quando un ragazzo chiuse il suo armadietto, che fece un rumore che riecheggiò nel corridoio silenzioso. Qualcuno le andò a sbattere contro la spalla, e non borbottò nemmeno una scusa alla ragazza a cui aveva appena fatto perdere il respiro.

Lydia era rimasta a studiare da casa dal giorno dell'incidente alla AlleyBrook High. Dal giorno della sparatoria in mezzo a cui la ragazza era finita, quando aveva avuto paura di non riuscire a uscirne viva. In realtà, non ne era uscita per davvero. Jenny era stata una madre brava abbastanza da tenerla a casa per come stavano andando le cose, ma prima o poi doveva tornare, essendo il secondo semestre dell'ultimo anno la sua ultima occasione di riportare i suoi voti sopra la sufficienza.

Ma si sa, certe cose sono più facili a dirsi che a farsi.

"Sai, sto facendo tutoraggio a quella ragazza." Elliot iniziò impacciato la conversazione con Rue quando Jules se ne andò, e il proseguimento non continuò bene.

"La ragazza della sparatoria nella scuola?" Rue corrugò le sopracciglia.

"Questo è il primo giorno in cui torna in un liceo da allora." Disse Elliot mentre osservava assieme a Rue la ragazza nuova alle prese con l'armadietto

Le mani di Lydia tremavano mentre cercava di aprire l'armadietto con il respiro affannoso, tentando di non crollare in mezzo al corridoio. Ignoiò una Xanax, prescritta dal dottore, e posò la testa contro il mobile davanti a lei.

"Yo." una voce la fece sussultare, mandando la sua testa a sbattere contro l'anta dell'armadietto. "Cazzo, scusa."

Lydia si tirò su e i suoi occhi finirono nello sguardo perso della ragazza di fronte a lei, che oltre ad avere delle ciglia lunghe aveva anche lunghi capelli ricci e castani a coprirle una piccola parte degli occhi. Rue si schiarì la voce, dondolando leggermente. "Che cos'hai lì?"

"Cosa?" Lydia restò a bocca aperta, confusa, ed enspirò profondamente.

"Ti ho vista." Spiegò Rue facendo un cenno con la testa nella sua direzione. "Cos'è quello?"

La ragazza lanciò uno sguardo al suo armadietto e rispose. "Xanax."

"Forte." La riccia si morse un labbro. "Posso averne una?"

"Cosa?" ripetè Lydia, il battito del suo cuore che si attenuava.

Lydia mi ha detto settimane dopo che ero l'unica ad aiutarla davvero a calmare i suoi attacchi di panico. Sapevo che non ne aveva intenzione, ma quello che ha detto mi ha messo un sacco di pressione addosso. Mi ci è voluto un po', ma ho iniziato a capire quanto lei stesse effettivamente male. Una parte di me ha iniziato a voler restare pulita dalle droghe solo perchè se fossi andata in overdose poi mi avrebbero mandata in riabilitazione e sarei stata costretta a lasciarla sola.

Ma non era così semplice. Lydia lo sapeva.

"Se posso averne una." ripetè, indicando la bottiglietta con lo sguardo.

"Oh." Lydia sbattè le palpebre. "Okay."

Allora Rue le porse il palmo e la castana ci posizionò sopra la pillola, sorridendole leggermente. "Grazie."

La riccia espirò, guardando altrove. Poi si schiarì nuovamente la voce. "Sono Rue."

"Ciao." disse Lydia in risposta, dando un'occhiata al suo orario. "Potresti aiutarmi?"

Rue inspirò, alzando un sopracciglio. "Certo."

Ecco quanto era facile per me avere bisogno di lei tanto quanto lei ne aveva di me.


Lydia si premette una mano sulla bocca, nascosta nello sgabuzzino in corridoio. Stava piangendo, ma provava a non fare rumore, a zittirsi. Si sentivano riecheggiare da diversi minuti continui spari, pianti, grida. Lei si era rinchiusa nello sgabuzzino da quando avevano sentito rimbombare il primo sparo, e ora stava piangendo nella disperata attesa dell'arrivo di qualcuno che li aiutasse. Esplose un altro colpo di pistola, questa volta molto più vicino a lei, che la fece sussultare.

Lo scaffale dietro di lei cadde, facendo spargere attrezzi per pulire sul pavimento attorno. Lydia pianse più forte mentre scivolava lungo la parete e si portava le ginocchia al petto, le mani premute sopra le orecchie non appena qualcuno iniziò a girare la maniglia dall'esterno.

"Yo." la stessa voce di prima, proveniente da dietro Lydia, la riportò alla realtà. Sussultò quando, girandosi verso destra, vide Rue al suo fianco. Non aveva realizzato di aver raggiunto la casa di Elliot, dove sapeva di dover andare sempre dopo la scuola. Aveva dimenticato com'era riuscita a raggiungerla, ricordava solo di esserci arrivata camminando.

"Continui ad apparire dal nulla." Lydia fissò il suo sguardo su Rue, che trattenne il fiato.

"Sembri un po'- ehm, un po' fuori luogo in questo posto." La riccia fece un cenno verso la casa e poi verso se stessa.

Lydia si girò verso l'abitazione. "Sono Lydia."

"Ci siamo incontrate prima." Rue le fece un debole sorriso, dondolandosi sui talloni.

"Ma non ti avevo detto il mio nome." il battito del suo cuore rallentò iniziando ad acquistare un ritmo normale. "Sono Lydia."

La riccia rise nervosamente. "Sono Rue."

Un sorriso spuntò sul volto di Lydia, provocatole dalla ragazza che aveva di fronte. "Ora dovrei entrare e andare a studiare."

"Beh, io dovrei entrare e andare a drogarmi." replicò Rue con un'alzata di spalle. "Hai voglia di... andare insieme?"

𝐋𝐎𝐒𝐓 𝐈𝐍 𝐒𝐏𝐀𝐂𝐄 || 𝐑𝐮𝐞 𝐁𝐞𝐧𝐧𝐞𝐭Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora