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Non tutto può andare perfettamente, no?

Della sottile neve scendeva lentamente dal cielo. Minho era fermo a qualche metro da una porta che riconosceva facilmente, ma che non aveva visto con i propri occhi da un bel po' di tempo. Aveva quasi giurato che non sarebbe mai tornato lì, ma era stato lui stesso a decidere di non voler mantenere la sua promessa.

Non perché non potesse farlo. Più perché da quando l'aveva fatta, aveva realizzato un altro migliaio di cose, e ora quella sua decisione passata non aveva più chissà quanto senso. Era meglio lasciarla andare, e fare l'opposto di quello che aveva pensato avrebbe fatto.

Un fiocco di neve ricadde sul suo naso. Si sciolse lentamente contro la sua pelle, fredda ma sempre calda a confronto con la temperatura della neve.

Minho credeva di essere stato terrorizzato, in passato. Si era incolpato più e più volte, esasperandosi sui suoi rimorsi, e chiedendosi perché avesse fatto una cosa più che un'altra, o perché non l'avesse fatta. Supponeva fosse naturale, fare errori e poi sentirsi irritati a riguardo. Pensare "perché ero così cieco da non accorgermene, quella volta?"

Era solo un essere umano.

Alzò il piede sinistro dal suolo, trattenendolo appena in aria prima di premerlo con più sicurezza per terra. Non c'era una singola parte di lui che aveva incertezze, ora.

Rosso. Le nocche delle sue mani erano colorate di rosso, ma stavolta non aveva colpito nulla. Stavolta il rosso non era la conseguenza di quella rabbia così profonda che aveva provato quando aveva capito di essere gay; era semplice freddo.

Aveva camminato per varie vie mentre il gelo di dicembre tentava di divorarlo. Il suo cuore era caldo, al centro del suo petto, ed era caldo anche il pensiero di poter tornare a casa subito dopo e trovare Jisung ad aspettarlo.

Per quanto tentasse di restare nel presente come aveva capito fosse bene fare parlando con il suo psicologo, quello era ancora qualcosa su cui doveva lavorare su. O forse era solo una risposta al trauma che aveva dovuto superare, siccome il campanello della casa che suonò subito dopo, era quello della casa dei suoi genitori.

Le sue labbra si curvarono dolcemente quando incontrò il viso di sua madre, e si appiattì in una semplice linea quando notò i suoi occhi farsi più lucidi. Un altro errore che aveva fatto, finendo per ferire qualcuno che davvero teneva a lui.

Lo abbracciò prima che potesse dire nulla, stringendolo più forte di quanto Jisung avesse mai fatto. Non era un segno di affetto, dimostrava più che sua madre era stata davvero terrorizzata di non vederlo più, e Minho se n'era andato semplicemente perché pensava che stare solo fosse la migliore opzione per tutti.

–Minho..– sussurrò, palmi caldi intorno al suo viso. –Cos'è successo? Stai bene?

Annuì, aprendo le labbra per dire qualcosa, ma non trovando nulla che sembrasse abbastanza. Rimase in silenzio a guardarla per vari istanti, ma poi si rese conto che quello era il suo presente ora, e che non sarebbe mai riuscito a trovare le parole perfette che voleva, e avrebbe perso la sua unica possibilità di parlare se avesse atteso per sempre.

–Scusa.– mormorò. –So che hai provato a cercarmi..

Sua madre scosse la testa, scacciando via l'argomento con un segno della sua mano. –Non importa. Sei qui per..

Minho deglutì. Non sarebbe stata una bugia se avesse detto di essere lì per lei, ma quella era solo parte della verità. –Papà è qui?– chiese. –Devo dirvi una cosa.

Fu sua madre questa volta a rimanere in silenzio senza nulla da dire. Una volta processata la domanda, annuì. –Certo.– rispose. Evidentemente Minho non era stato così bravo a nascondere che suo padre non era il suo membro preferito della famiglia.

anche se nulla ha un senso | minsungDove le storie prendono vita. Scoprilo ora