28 - Castle of Lies

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Si risvegliò avviluppato tra le lenzuola del suo letto, solo, i vestiti del giorno prima addosso e un forte mal di testa. Si tirò a sedere, massaggiò le tempie con le dita e si guardò spaesato attorno, come se avesse dimenticato qualcosa. La risposta giaceva inerte sulla sua scrivania.

Dovevo essere proprio stanco per non averlo messo via!

Non ricordava come si fosse conclusa la serata: un minuto prima, era chino sul diario di Will; quello dopo, buio totale. Ipotizzò che, non sentendolo arrivare, Sara si fosse a sua volta addormentata senza farsi troppe domande. Sulla seconda ipotesi preferì non soffermarsi.

Scalciò via le lenzuola e si affrettò a chiudere diario e ansie nel cassetto.

Stava preparando la colazione quando Sara lo raggiunse in cucina. Con la coda dell'occhio, la vide sistemarsi gli occhiali sul naso, stringersi nella vestaglia e sedersi al solito posto.

«Buongiorno.»

«'Giorno» rispose Sara in tono distratto, lisciandosi i capelli raccolti in una coda. Aveva un'aria sciupata e lo sguardo fisso davanti a sé. Forse aveva solo avuto una nottataccia.

Jem mise caffè e biscotti a tavola e le si sedette di fronte.

«Stai bene?» le domandò con disinvoltura sorseggiando il suo caffè.

«Mmm... no. Non proprio» Sara allontanò la tazzina, incrociò le braccia sul tavolo e gli lanciò un'occhiata penetrante. «Ho letto il diario di Will.»

Jem sentì l'amaro del caffè risalirgli su per la gola.

«C-cosa?!»

«Solo le pagine che avevi segnato» precisò arrossendo e confermando i suoi peggiori sospetti. «Eri crollato sulla scrivania, ti ho accompagnato a letto e, poi, non ho potuto fare a meno di...»

Jem desiderò tornare indietro nel tempo. Desiderò non aver mai portato il diario con sé. Poggiò i gomiti sul tavolo, sfregò le mani sul viso ed emise un sospiro esasperato.

Ho tradito il segreto di Will. Sono un idiota.

«Jem, dobbiamo parlare. Io... ho bisogno di capire» proseguì lei, accorata. «Leggere le parole di Will su quella notte, scoprire i suoi pensieri su di noi, sapendo com'è finita... Perché non me l'hai detto?»

Jem lasciò cadere le mani sulla superficie di legno con un tonfo. «Secondo te?» sbottò irritato. «Avevo le mie ragioni. Non credo di doverti rammentare quello che hai fatto poco dopo la sua morte» contrattaccò secco.

Sara spalancò gli occhi e s'irrigidì sulla sedia. Abbassò d'istinto lo sguardo sulle cicatrici al polso sinistro e su quel che restava del simbolo dei Dreamers, di quello che erano stati.

«Tu ti eri appena ripresa e io... come potevo rivelarti le memorie di Will su cos'avevamo fatto dopo la festa? Me ne sono vergognato allora e me ne vergogno ancora oggi. Eravamo ubriachi, non eravamo padroni di noi. Io non ricordavo nulla l'indomani, ti giuro... invece, lui sì! E ce l'ha nascosto per non metterci in difficoltà. Immagina come dev'essersi sentito! Come potevo caricarti del suo rimorso? A che pro? Lui non voleva farci soffrire e, allo stesso tempo, tacendo, soffriva terribilmente...»

«Jem, tu...» lo interruppe Sara esitante. «Sospetti che Will fosse gay?»

Jem la fissò a bocca aperta, interrogativo. Sentirle proferire ad alta voce i suoi più intimi pensieri gli fece balzare il cuore in gola.

«Non ho potuto fare a meno di leggere i tuoi appunti» confessò lei sulla difensiva.

Aver agito alle spalle di Jem la fece sentire una subdola ficcanaso. Eppure, lui non aveva fatto lo stesso? Aveva continuato a cercare e costruire la sua verità a porte chiuse, senza interpellarla.

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