Sei sulla mia panchina

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Dean aveva appena otto anni, un libro sottobraccio e il suo zainetto rosso in spalla. Era felice, perché per la prima volta si era potuto vestire da maschio.

Non cambiava molto dai suoi vestiti abituali, ad essere sincero, una maglietta verde e dei pantaloncini color cachi con tanto di scarpe nuove di zecca.

La testa gli sembrava leggerissima dopo essersi tagliato i capelli — suo papà lo aveva aiutato a scegliere come tagliarli — e continuava a passare la mano sulla rasatura vicino alle orecchie, gli piaceva la sensazione dei capelli cortissimi sotto le dita e voleva gridarlo al mondo. Mettersi in piedi in mezzo ad un gruppo di sconosciuti e gridare quanto gli piacessero i suoi capelli neri tagliati corti.

Li aveva sempre portati lunghi, gli coprivano tutta la schiena prima che li tagliasse, ma ora era tutta un'altra cosa. Il parrucchiere aveva fatto una smorfia strana quando aveva visto tutto quell'ammasso di riccioli sul pavimento del negozio, ma Dean stava sorridendo talmente tanto che nemmeno gli aveva dato troppo peso.

Per continuare la giornata in modo positivo Dean si era diretto al suo parco preferito. Il parco sulla quarta strada era sempre deserto, nemmeno Dean sapeva perché, ma non si sarebbe lamentato del silenzio che questo comportava.

Andò dritto alla sua panchina preferita: non troppo all'ombra e non troppo al sole, pronto per mettersi a leggere il suo nuovo libro, comprato giusto il giorno prima, ma si fermò di colpo notando un'altra figura che non aveva mai visto prima.

Una bambina dai capelli rossi se ne stava seduta sulla panchina a dondolare le gambe avanti e indietro, indossava dei pantaloncini corti e una maglia almeno una taglia troppo grande. A Dean sembrava sola. Lei non sembrava aver notato Dean, ma lui aveva certamente notato lei.

Il bambino si avvicinò lentamente, come per approcciare un leone nella savana. La bambina lo vide e per un lungo istante nessuno dei due disse nulla, si fissarono e basta. In quel breve periodo di tempo Dean notò spiacevolmente che la bambina sembrasse più alta di lui, il che gli dava fastidio senza che lui stesso capisse esattamente perché.

<<Sei sulla mia panchina>> disse Dean facendo i pochi passi che lo separavano dalla bambina, lei sembrava immobilizzata sul posto.

<<Se prometti di non far rumore puoi rimanere>> continuò lui sedendosi il più lontano possibile dall'altra, la quale annuì energicamente alle sue parole.

Dean provò a concentrarsi, ma riuscì a leggere solo poche parole prima di doversi fermarsi. Lo sguardo della bambina di fianco a lui sembrava perforargli il cranio tanta era l'intensità con cui lo stava fissando.

<<Io sono Dean>> era la prima volta che usava il suo nome, il suo vero nome per presentarsi, suonava strano, ma gli piaceva: un bel tipo di strano, si disse.

Lo aveva scelto con l'aiuto di sua mamma, che gli aveva elencato tutti i nomi che avrebbero potuto dargli se fosse nato maschio. No, Dean era nato maschio. Era uno dei nomi che gli avrebbero potuto dare se fosse nato con il pisello. Se fosse nato così lo avrebbero chiamato Dean. O uno degli altri dodici nomi sulla lista di sua mamma.

La bambina non rispose, Dean annuì tra sé e sé e riprese a leggere. Anche a Dean non piaceva troppo parlare, lo faceva — doveva, ogni tanto — ma non sarebbe stato lì a cercare di far parlare l'altra bambina.

Dean aveva appena finito il capitolo uno quando sentì la voce della bambina per la prima volta.

<<Ciel,>> disse lei sottovoce, Dean riuscì appena a sentirla, ma annuì.

Ci fu un momento in cui Dean non lèsse nulla, fissava le parole, ma non stava davvero leggendo, bensì valutando. Una folata di vento gli scompigliò i capelli facendoglieli finire davanti agli occhi per un attimo.

<<Ti va se leggo ad alta voce?>> chiese Dean inclinando la testa per guardare Ciel, lei annuì.

Iniziò quel giorno la loro routine, Dean si sedeva sulla panchina nel parco a leggere e Ciel ascoltava. In qualche modo la bambina era sempre lì ad aspettarlo quando lui si presentava con uno o con l'altro libro. Lentamente iniziarono a conoscersi meglio, piccoli dettagli che Dean riusciva a estrapolare dalle poche frasi che Ciel pronunciava. Anche se man mano quelle frasi sembravano diventare sempre più lunghe.

La cittadina in cui viveva Dean era piccola, di quei posti dove tutti conoscevano tutti, perciò gli sarebbe dovuto sorgere almeno qualche dubbio quando una bambina della sua stessa età, che sarebbe dovuta essere nella sua stessa classe, non gli risultava per nulla familiare. Forse di sua spontanea volontà ignorò questo fatto. Lo ignorò e non fece domande fin quando non divenne impossibile non farne.

Quando, entrando in classe, Dean ritrovò quella stessa bambina seduta nel banco a fianco a quello in cui Dean si sistemava ogni anno.

<<Ehi>> salutò Dean posando lo zaino a terra per prendere posto di fianco a Ciel.

<<Ciao>> rispose lei senza guardarlo negli occhi, ma fissando piuttosto di fronte a sé.

Ed erano compagni di banco.

Lo sarebbero stati per diverso tempo.

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