Dean aveva quattordici anni, era sdraiato sul prato con le braccia dietro la testa, di fianco a lui Ciel aveva chiuso gli occhi e stava arricciando il naso in quella maniera particolare che significava stesse per dire qualcosa che le risultava difficile.
La bella stagione stava per finire, si sentiva nell'aria, nelle giornate che si accorciavano, nel fatto che dai pantaloncini al ginocchio, Dean e Ciel, erano passatə ai jeans lunghi e sempre più pesanti. Presto non sarebbero più potuti stare nel prato a quel modo.
Dean tornò a concentrarsi su Ciel, col tempo aveva imparato a riconoscere ogni singola variazione nelle espressioni della sua migliore amica, capiva all'istante quando qualcosa la turbava e sapeva sempre (o quasi) come intervenire. Era un duro lavoro essere il cane da guardia di Ciel, ma Dean lo faceva volentieri.
<<Dean,>> disse finalmente Ciel posandosi le mani sul petto, come per sentirsi il cuore. O per tenerlo a bada, offrì la mente di Dean osservando le dita della ragazza stringere la maglietta.
<<Ciel,>> rispose sottovoce lui, si girò su un fianco per guardarla, per mostrarle che avesse tutta la sua attenzione.
La ragazza esitò mordendosi il labbro ripetutamente, tanto che Dean aveva paura potesse rompere la pelle e che iniziasse a sanguinare.
<<Credo di essere trans... un... un ragazzo>> disse con un filo di voce.
Dean spalancò gli occhi e non riuscì a trattenere una risata di sollievo, aveva temuto fosse successo qualcosa di davvero preoccupante. Una notizia terribile, e invece....
<<Scusa,>> si affrettò a dire vedendo... il suo amico — che non sapeva ancora come chiamare — arrossire come un pomodoro maturo <<non rido di te, sono felice>> spiegò <<lo sono anch'io, trans intendo>> aggiunse.
Non era mai saltato fuori il discorso, e con il fatto che Dean prendesse puberty blockers da quando aveva dieci anni, ossia prima che iniziasse la fase di pubertà, la gente non faceva domande quando si presentava come Dean e usava i pronomi maschili. Senza considerare che i suoi genitori lo avessero sostenuto fin dal primo momento... beh non era mai saltato fuori e basta.
<<Non me lo hai mai detto>>
<<Non me lo hai mai chiesto>>
L'altro sembrò sul punto di rispondere, ma evidentemente si morse la lingua all'ultimo per poi distogliere lo sguardo da Dean, che sorrise inconsciamente riportando lo sguardo al cielo.
C'era una strana nuvola, aveva la forma di un gatto con il broncio. O forse era una nave. No, stava cambiando forma... un uomo che giocava a basket.
<<Come vuoi essere chiamato?>> chiese Dean senza tanti giri di parole, con la coda dell'occhio vide le guance del suo amico, che avevano appena iniziato a tornare della loro tonalità naturale, colorarsi nuovamente di un rosso tenue. Dean chiuse gli occhi.
<<Pensavo...>> afferrò l'orlo della maglietta di Dean, che sentì la stoffa tirargli attorno alla vita <<ne ho uno che mi piace... ma è stupido>> disse sibilando appena la s.
<<È un nome, non può essere stupido>> ribadì Dean continuando a tenere gli occhi chiusi allungando poi la mano alla cieca, sfiorando la guancia dell'altro con un dito. Per fortuna non gli infilò il dito nell'occhio si disse.
<<Ace>> sussurrò lui per poi tirare più violentemente la maglia di Dean, che a quel punto aprì gli occhi.
Ace stava guardando verso il basso, probabilmente nemmeno realizzava di star tirando la maglia in quel modo. Dean spostò la mano sulla sua, a quel punto l'altro alzò lo sguardo.
<<Così la strappi>> scherzò lasciandogli andare la mano.
<<Scusa>> mugolò Ace lasciando andare la stoffa e iniziando a giocherellare invece con i fili d'erba.
Dean si tirò su un gomito e gli si avvicinò, parzialmente strisciando e parzialmente gattonando, per poi abbracciarlo all'altezza della vita, i suoi occhi socchiusi presero a fissare un punto indefinito verso il basso, tutto per non guardare Ace negli occhi.
Dean era fortunato che neppure Ace fosse un grande fan del contatto visivo, in quel modo nemmeno lui doveva sforzarsi per comportarsi in modo "normale", come avevamo detto i suoi insegnanti.
<<Non è stupido>> aggiunse posandogli il mento sulla testa.
Ace non rispose, ma per lo meno, Dean notò con piacere, lasciò stare la flora locale di erbacce. Dean si concentrò intensamente sullo sguardo di Ace per cogliere qualcosa di quello che avrebbe voluto dirgli. I suoi occhi azzurri e le sue labbra contratte in un sorriso che non era esattamente evidente, eppure era lì e Dean lo vedeva.
Ace si girò poi sul fianco opposto dando la schiena a Dean, lui soffocò una risata al modo di fare infantile del suo amico, ma continuò ad abbracciarlo senza dire nulla.
Il silenzio sembrò durare troppo tempo, e non abbastanza allo stesso tempo. In qualche parte del suo cervello Dean sentiva avrebbe dovuto starsene zitto. La parte più rumorosa dello stesso cervello gli stava gridando che se non avesse detto qualcosa — qualsiasi cosa — sarebbe esploso.
<<Sono quasi più alto di te>> fece notare Dean dopo qualche minuto di silenzio. Era incerto da dove fosse nato quel pensiero, però gli sembrava giusto farlo notare.
Ace non rispose subito e per un istante Dean pensò si fosse addormentato. Non sarebbe stata la prima volta che si addormentavano sul prato
<<Non ancora>> disse sottovoce.
<<Non ancora>> convenne Dean.

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Promise me
Cerita Pendek" > spiegò pazientemente suo padre. > sottolineò Dean, suo padre si limitò ad annuire e accennare un sorriso. >" Dean non ha mai amato socializzare, fin dal primo giorno in cui si è potuto definire apertamente come un ragazzo, però, ha instaurat...