•8 - Come pezzi di vetro.

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Quando entriamo in casa, riesco a sentire un gigantesco senso di preoccupazione verso Taehyung che è rimasto in silenzio per tutto il traggitto dal tribunale all'attico

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Quando entriamo in casa, riesco a sentire un gigantesco senso di preoccupazione verso Taehyung che è rimasto in silenzio per tutto il traggitto dal tribunale all'attico.
Ciò che è emerso dall'udienza, è stato veramente sconvolgemente e non oso nemmeno immaginare come si possa sentire adesso.
Vorrei fare qualcosa, ma al tempo stesso sento di dovergli lasciare il suo spazio.

Guarda fuori dalla vetrata, con le mani nelle tasche dei jeans e gli occhi fissi.
Resto dietro di lui, osservandolo con attenzione e alle fine mi decido ad aprire bocca.

«Tae-»
«Non adesso, Jungkook» sbotta, freddo. Sussulto sorpreso, al suo tono di voce. Non mi guarda e non si volta.
Non adesso, Jungkook. Le sue parole non fanno che riecheggiare nella mia testa e mi impediscono di ribattere.
«Lasciami da solo» sibila, appoggiando una mano sul vetro.

Non voglio lasciarlo da solo, perché so che non potrebbe mai finire bene. Potrebbe fare qualche stronzata e non saprei come fermarlo.
Dopottutto, adesso è talmente fuori di sé che non ascolterebbe nemmeno me.
Non voglio farlo arrabbiare ancora di più, e soprattutto non con me.

«Devo sapere se posso lasciarti da solo sul serio» gli sussurro, giocando con le mie dita tra di loro. «Se mi stai chiedendo se sono così incazzato, da prendere una bottiglia di vodka ed attaccarmi al collo...allora sì, lo sono.»
Faccio un passo avanti, stringendo le labbra.
Sapevo che non doveva venire in tribunale, che avrebbe solamente peggiorato il suo stato emotivo. Non voglio che ritorni alle sue "vecchie abitudini", dopo che era riuscito a controllarsi.

«Tae, ti prego» dico, toccando la sua schiena con le mie mani. Però, lui si allontana e io lascio cadere le braccia lungo i fianchi, vivamente sorpreso dalla sua reazione e al modo brusco in cui l'ha fatto.
«Jungkook, ti sto dicendo di andartene - sibila, con il respiro pesante - e lo sto facendo per il tuo bene.»
Mi mordo il labbro, «non mi faresti mai del male, Tae.»
Ridacchia, passandosi una mano tra i capelli e si volta verso di me. «Non fisicamente, no. Ma sono in grado di ferirti e tu questo lo sai. Quante volte l'ho fatto? Non voglio farti soffrire, quindi non devi vedere la parte peggiore di me. La bestia che ho dentro.»

Appoggia una mano sulla mia guancia, così alzo gli occhi su di lui e appena il suo pollice sfiora le mie labbra, io le dischiudo.
Riesco a sentire il calore del suo palmo sulla mia pelle, e questo mi fa diventare il respiro pesante e aumentare il battito cardiaco come se stessi correndo a tutta velocità.
Le sue iridi scure e buie, restano fisse nelle mie mentre mi stanno implorando di andare via e per un secondo riesco a vedere una scintilla di luce, in mezzo a quelle tenebre.

«Vattene» dice, con un tono che con me non aveva mai usato. Un tono imperativo e freddo. Quasi glaciale, capace di provocarmi un brivido estremamente negativo per tutto il corpo.

Ripenso alle sue parole di questa mattina, al suo sto cercando di essere migliore per te e le trasporto a questo momento.
Adesso, lui è il peggio che io abbia mai visto. Mi sta accarezzando come se gli mancassi, ma mi sta parlando come se mi odiasse.

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