Capitolo 1:Indagare alla ricerca della Verità
Prima di intraprendere questo lungo viaggio alla scoperta dellinteriorità, prima di tutto vorrei partire dal presupposto fondamentale. Che cosè la felicità per voi? Cosa intendete con essere felici?
Essere felici per alcuni può indicare avere qualcosa, per altri può indicare raggiungere un determinato obbiettivo, per altri può essere anche qualcosa di completamente diverso. Ma il modo che ciascuno di noi ha di pensare alla felicità è estremamente soggettivo.
Resta il fatto che la nostra concezione di felicità si basta quasi sempre su esperienze personali, o sulla mancanza e la presenza di determinate cose.
Alla fine la felicità nel pensiero comune la si può considerare come qualcosa di estremamente egoista, perché ha come fine ultimo la soddisfazione dellio. Perché soffriamo? Perché non siamo felici. Essere felici, corrisponde allesatto opposto di essere tristi, questo perché nella nostra mente abbiamo in mente anche la concezione della tristezza. Quindi per essere felici, abbiamo bisogno dell'assenza di tristezza, abbiamo bisogno di qualcosa che faccia sentire l'io in uno stato di completezza. Questo voler sfuggire da ciò che ci è sgradevole, odiato, doloroso ed il voler avere per noi ciò che è piacevole, giusto, dolce ... Tutto ciò non sono altro che armi a doppio taglio che non fanno altro che ingigantire la nostra concezione del sé e quindi a farci soffrire. Non si può essere felici se non si ha la concezione del dolore!
Dentro di noi abbiamo chiaramente concezione di entrambe, ma non solo di entrambi i sentimenti. L'uno è qualcosa che fa sentire bene lio, direttamente o indirettamente, laltro invece che priva lio di qualcosa di cui si ha bisogno. Ci accorgiamo sempre di vedere le cose secondo la prospettiva.La verità è che noi facciamo una continua separazione, ma se non ci fosse questa noi ci sentiremmo più parte integrante di tutto, e, accettando gioia e dolore, tristezza e felicità, piacere e dolore, allo stesso modo in cui arrivano, senza filtri interiori, senza secondi fini, solo in tal caso potremmo dire che ci stiamo avvicinando al benessere, alla vera felicità non determinata da nessun ricatto egoistico e materiale. La vera felicità disinteressata è questa. Sono grato per ciò che ho e ciò che non ho, accetto ciò che viene nella mia vita e ciò che mi viene tolto, accetto il piacere e dolore come due facce della stessa medaglia, ed allo stesso modo la nascita e la morte. Ciò che noi creiamo distintamente nella mente, non ha distinzione, perché è la mente che ci inganna, il nostro più grande nemico universale, e sempre per poter sconfiggere la mente, ci vuole la stessa mente.
Ricordo un esempio molto bello di due persone che vedevano un gigantesco numero 6, uno da un lato e laltra persona da un altro lato ancora, ed una di essa affermava essere 6 e laltra un 9.
Facciamo un altro esempio... Immaginate una bella mela rossa, dolce e gustosa. Lo è sempre stata? No, questo perché nella nostra mente abbiamo l'idea della mela dolce e saporita, e secondo noi tutte devono essere così. Ma la mela prima di diventare dolce e deliziosa, non era forse acerba ed immangiabile? Dopo essere mangiata non è diventata essa stessa parte dei nostri succhi gastrici? Questo voler associare realtà ed ego, mondo mentale e mondo fenomenico, non fa altro che farci allontanare dalla vera natura delle cose... Che, udite udite, è il nulla.
Se si accetta il nulla, si accetta il tutto, allo stesso tempo, e solo in quel momento si è in grado di arrivare ad una maggiore comprensione e ad accogliere il divino in noi, il macro ed il microcosmo, che altro non sono che la stessa cosa.Dal punto di vista scientifico si considera luomo come un animale, perché tale è: nel corso della sua esistenza egli ha dovuto difendere il proprio territorio da attacchi nemici, da cataclismi, da altri uomini, combattendo e rischiando la vita.
Come ha spostato luomo il proprio bisogno animale? Lo ha portato nella sfera emotiva ed intellettuale. Anche se non si ha più il bisogno di imbattersi in guerre fisiche, ora cè il bisogno di affermare le proprie idee, i propri principi, affermarli, sentirsi superiori a quelli degli altri. Essendo il metro di giudizio qualcosa di estremamente soggettivo, anche se i metodi applicati possano essere oggettivi, come può considerarsi completamente dalla parte della ragione o del torto? Come facciamo a considerare una cosa senza comprendere completamente laltra persona, il proprio passato, lambiente in cui è cresciuto, la cultura ecc ...Persino un assassino potrebbe non essere nel torto, per via delle mille variabili che potrebbero aver influenzato la sua mente e le sue decisioni.
Ora passo alla prima frase fondamentale: Il dolore è causato dallignoranza
Vogliamo imporre il nostro pensiero, vogliamo migliorare la nostra posizione sociale, ottenere un lavoro, dei soldi etc... Ed il fine ultimo è sempre quello: glorificare lio, il senso di potere che da esso se ne deriva. Questo anche perché si va a creare una distinzione tra linterno e lesterno. Linterno, cioè lio e la mente, diventano il fulcro della verità assoluta, distaccato completamente dallesterno. Il cosmo diventa microcosmo, e lesterno deve diventare qualcosa da soggiogare e rendere perfetto basandosi su giudizi e considerazioni provenienti dallinterno o dallesterno (istituzioni, leggi ecc...)
Ogni cosa in questo mondo cerca di mettere paletti, limiti, divisioni. La principale sofferenza delluomo sta proprio in questi limiti, nel volere glorificare e ottenere, nel voler sovrastare, nel rifiutare qualcosa che ci possa ferire, nel farsi obbedire, e nel rendere tutti come dei cloni, uguali, secondo il volere della società e dello Stato.
Perché lio vuole essere glorificato? Ciò in tutti i casi succede ciò, persino nelle persone più saggie. Vuole essere glorificato perché manca qualcosa, ha bisogno di qualcosa, prova dolore... E perché prova dolore? Perché manca qualcosa, perché cè la distinzione tra esterno ed interno. Vorrebbe che il mondo fosse come lo è allinterno, nella sua mente.
Come dicono i buddisti, è la mente stessa la causa del dolore, i nostri pensieri, i nostri giudizi, e le nostre convinzioni. Persino lidea di felicità che abbiamo è sbagliata, perché basata su voleri fittizzi, irreali, materialistici, ideali... che si discostano dalla realtà per quello che è. La distinzione tra io e Mondo è chiamata ignoranza, la mente crea questa ignoranza, e a sua volta l' attaccamento. La cessazione del desiderio, e dellidentificarsi da limiti, pensieri, imposti da fuori, e del voler imporre il proprio Io al mondo, è quello che è lunico mezzo della vera felicità.
L'amore disinteressato aprirà il cuore alla vera felicità ed al vero amore, fatto di completo abbandono ed adorazione del creato esistente, senza limiti di divisione alcuna
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Qui Quaerit, Invenit: "Chi cerca trova - La Verità vi renderà liberi"
EspiritualFilosofia, verità e ricerca della felicità in un mondo vuoto e sempre più cupo e materialistico