2-Buen Camino

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Il mio primo cammino di Santiago, primo perché poi ne è seguito un altro, del quale forse sentirete parlare dopo, fu forse una delle prima volte dove mi sono messo volontariamente in difficoltà. A me capita, ogni tanto nella mia vita, di non  sentirmi all'altezza. Anzi leverei la parte che indentifica questa sensazione come parziale nel tempo, in quanto quel "Respira, va tutto bene" nasce da questa mia continua scomodità.

Fatto sta che, come vi dicevo, più di una volta mi sono voluto sfidare, e badate bene non l'ho mai fatto nei territori a me conosciuti. Ho sempre rischiato puntando oltre il mio orizzonte. Credo di averlo fatto non per coraggio, ma perché il fallimento in quel caso non sarebbe stato pesante quanto fallire in uno dei miei ambiti di competenza. Non so se mi sono spiegato. E' come se lo sfidarmi in qualcosa per il quale so di non essere preparato, mi faccia accettare più a cuor leggero l'eventualità del fallimento. A questa frase però vorrei aggiungere un punto luce enorme.

Troppe volte io, come vi ho già detto, non mi sono sentito all'altezza. E il non sentirsi all'altezza in me ha fatto nascere una paura tremenda nel fare le cose. Strecciate questo concetto a tutti gli ambiti della vita comune di una persona perché io li ho vissuti così. Quella paura in me si traduceva in ansia, iperattività e soprattutto mal d'anima.

L'unica via d'uscita che sentivo di avere, era quella di fuggire ed andare a sfidarmi in qualcosa nel quale potevo tranquillamente fallire, perché era palese a tutti che io non fossi in grado di farlo. Un po' come quando scegli battaglie impossibili per spingerti al tuo limite e mentre le combatti ti rendi conto di quanto in realtà tu sia molto più invincibile di quello che credi.

Capirete.

Fatto sta che dopo aver percorso circa 2000 km con tre autobus diversi, aver toccato con questi, 15 città tra Italia Francia e Spagna, essermi perso a Barcellona dopo aver fatto visita a quello che sembrava tutto tranne che un Coffee shop legale , quando invece lo era, essermi lavato nel bagno di una stazione degli autobus da qualche parte in Catalogna, essermi addormentato sugli scalini di quest'ultima alle 5 di mattina rischiando di perdere la coincidenza che mi doveva portare in Galizia, aver, nell'ordine: visitato la cattedrale del Mare, preso un caffè con il parroco e fatto amicizia con 5 fedeli che si occupavano della sagrestia, finalmente arrivai a Ferrol dove il mio cammino doveva iniziare.

Di questo viaggio non voglio raccontarvi le vicissitudini che comunque meriterebbero spazio tra queste pagine, ma visto che lo scopo di questo mio scrivere è di raccontarvi quei momenti che mi hanno aiutato ad imparare a dirmi "Respira Andre, va tutto bene!", mi sento di farvi leggere quello che scrissi appena concluso il mio cammino. Perché più vero.

Un piccolo appunto, dopo essere arrivati a Santiago solitamente i pellegrini continuano a camminare per altri 100 chilometri e spiccioli verso l'oceano, fino ad arrivare a quello che viene chiamato il chilometro zero. Il faro di Finisterre. Luogo magico, a tal punto magico che non voglio raccontarvelo filtrato dal tempo. Motivo per il quale vi allego qui sotto direttamente quello che scrissi appena arrivato su quella scogliera.


Ti voglio raccontare una storia...

Questa storia finisce qui, dove finisce il mio cammino. Finisterre, dove un tempo si credeva che finisse il mondo, perché "finiva la terra conosciuta", perché tutto quello che c' era un metro dopo la scogliera era ignoto.

Se c'è una cosa che ho imparato in questo viaggio è che niente, e fidatevi niente, è casuale. 

La leggenda narra che arrivati al Km 0, un Pellegrino deve bruciare un proprio indumento con cui ha fatto il viaggio, per distruggere tutto "il cattivo" che ha buttato fuori durante il cammino.

Io ho scelto una maglia. Forse perché è l'indumento che mi ha custodito il cuore per tutto il viaggio. Questa storia parla della mia gratitudine verso questa terra. Perché mi ha fatto piangere come un disperato, mi ha fatto sudare, mi ha fatto emozionare, mi ha fatto mancare persone che non mi mancavano da un po', ma soprattutto è stata come una specchio per me. 

Mi ha restituito la mia immagine, senza sconti, limpida, nuda e cruda e per questo gliene sono grato.

Perché se c'è una cosa che si impara a fare il cammino è che "el camino es la meta" non l'arrivo, non Santiago, non Finisterre. La meta è ogni singolo centimetro di polvere che calpesti, la meta è ogni singola goccia di sudore che versi.

Vi dirò la verità, io dal primo giorno di cammino ho avuto un infiammazione al piede destro che mi impediva di camminare normalmente, dopo due giorni, mi si è infiammato anche il tendine del polpaccio, faticavo veramente a continuare. A Firenze non sarei nemmeno uscito di casa in quelle condizioni, ma lì ho continuato, sono arrivato alla fine non perché sono un mostro, ma perché il cammino ti insegna a non mollare, a non prendere nemmeno in considerazione l'ipotesi de fallimento. A Santiago ho incontrato un ragazzo che faceva il fisioterapista e che dopo avermi visitato mi ha disse , "come fisioterapista ti devo dire di fermarti", poi guardandomi continuò così: "Come Pellegrino ti dico, vai a prenderti quello che vuoi."

Esatto, questo è il concetto.

Ho letto una scritta sulla via per arrivare a Santiago e recitava più o meno così:

"Un pellegrino lo riconosci, perché nonostante l'andatura dolorante, ha sempre gli occhi fissi sulla meta".

Questa storia la scrivo guardando l'oceano, quella "meta" che mi ha portato ad infrangere ogni tipo di limite e convinzione che avevo. Non so se questo viaggio mi ha cambiato la vita, so che anche io "nel mio cammino" sono appena arrivato su una scogliera dove finisce tutto quello che mi è noto, ma non mi spaventa l'ignoto, adesso no. Mi sento pronto. Mi sento pronto ad "accogliere", mi sento di aver fatto veramente i conti con me stesso , di non aver detto come dicono molti "io non ci penso, mi distraggo e sto bene", così facendo rinunciando però a se stessi. 

No, io non ho rinunciato a me stesso, non mi sono voluto distrarre, anzi  ho pensato, ho voluto pensare. E' così che sono riuscito ad arrivare fino a qui.


P.s.Il cammino sono tutti gli occhi che incroci e tutte le persone che incontri. Il secondo giorno di cammino ho incontrato una signora di Torino, Giovanna, non un nome a caso per me.

Quando ci siamo salutati il giorno dopo, mi ha disse:

"Andre Buen Camino...per la vita però."

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