Prologo

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Era una notte di luna piena. Una donna bellissima,nel fiore degli anni, stava piangendo in silenzio, seduta con eleganza su unasponda renosa. Le sue lacrime cadevano nel fiume, mescolandosi alle acque di quell'emissario. Il sale tornava al sale, svanendo. Proprio come egli.

Egli non sarebbe mai più tornato.

Avrebbe voluto raggiungerlo, ma per il bene dei suoi figli non poteva permetterselo. Si asciugò pertanto il viso con una manica, scuotendo leggermente il capo. Doveva trovare la forza di riprendersi. Doveva farlo, ad ogni costo, unicamente per essi.

Si alzò in piedi con grazia e riprese a passeggiare lungo il corso d'acqua, accarezzandosi i lunghi capelli corvini con aria malinconica. Il suo mesto sguardo era rivolto verso il mare, ma in realtà non lo vedeva. I suoi occhi scuri vagavano lontano, verso quel campo di battaglia in cui aveva perso la vita il suo amato marito.

Si arrestò nei suoi passi soltanto quando si accorse che qualcosa giaceva su una pietra. Sembrava un ammasso di vestiti dimenticato lì, ma quando vi si avvicinò e tolse alcune coperte scoprì si trattasse di una bambina.

Per un terribile istante temette che potesse essere morta, ma poi avvertì il suo leggero respiro su un dito; risollevata, le sentì anche il polso, scoprendo che il suo minuscolo cuore batteva fortissimo.

La prese tra le braccia e la coprì meglio, per ripararla dal freddo. Si guardò intorno, scrutando tra le ombre della notte, superando il fogliame dei boschi. Chi lasciava una bambina tutta sola in un luogo incustodito? A meno che non avessero voluto abbandonarla...

«Nemmeno la tua vita è facile, non è così?» domandò sofficemente.

Udendo la sua tenue voce la bambina sembrò riscuotersi; strizzò le palpebre, sollevandole lentamente, rivelando così due meravigliose iridi verdi. Le immerse direttamente in quelle due pozze nere, tristi e sole.

La donna si sorprese nel vedere un colore tanto inconsueto, come fossero fatti di giada. La luce della luna ne carezzò la figura, rivelando i suoi capelli chiari, tinti da nettare mescolato a pigmenti di quarzo rosa. Che quella bambina fosse nata da una divinità celeste?

La vide rivolgerle un minuscolo sorriso, così simile ad un bocciolo in fiore. Inevitabilmente, un flebile sorriso spuntò anche sul viso della nobile signora.

Si guardò un'ultima volta intorno, prima di incamminarsi verso la sua dimora. Non l'avrebbe cresciuta come sua figlia, ma avrebbe chiesto alla sua servitrice più fidata - che purtroppo non era riuscita ad averne - di considerarla come la propria.

Una volta rientrata fu accolta dalle sue figlie, le quali le corsero incontro, notando immediatamente la pargoletta tra le sue braccia. Rispose brevemente alla loro curiosità, prima di richiamare a gran voce la sua servitrice, Yuanmei. Non appena ella giunse le mostrò la bambina, ordinandole di prendersene cura e educarla a dovere, per essere degna di quel casato.

Questa accettò, ringraziando profusamente la sua padrona.

La bambina esitò per un attimo prima di staccarsi da colei che l'aveva trovata, tra le cui braccia si sentiva scaldata e al sicuro. E anche quando fu affidata all'anziana donna, continuò a guardarla, sentendone già la mancanza nel suo cuore.

«Piccola bambina, promettimi che almeno tu non mi abbandonerai mai.»

Quasi l'avesse capita, il suo sorriso si allargò, i suoi occhi luccicarono.

«Come la chiameremo, madre?» domandarono le figlie in coro, eccitate per la nuova arrivata.

La padrona di casa la guardò attentamente, e in maniera spontanea recitò:


Un giorno ormai lontano, mentre stavo ai piedi di una roccia nascosta,

in mezzo ad una distesa abbagliante di risplendenti fiori di ciliegio

scorsi improvvisamente una persona tutt'intenta a raccogliere i boccioli.

Col volto illuminato da un sorriso andava cercando la primavera.

Talvolta pareva che respirasse, ma quasi non si sentiva il respiro,

e la sua figura mandava un'ombra che a volte sembrava scomparire.

Com'era possibile immaginare di assistere ad un simile prodigio?

Oh, quanta bellezza si può incontrare nello splendore delle nove primavere.


Tacque, riconoscendo di essersi ritrovata in quel poema.

«Yinghua. La chiameremo Yinghua» decretò solennemente.

Da quel giorno, quella bambina priva di origini fu così battezzata col nome di un ciliegio.





La poesia citata da Yelan si intitola "La rapsodia dei fiori di ciliegio"; fu composta dall'imperatore Heizei, che salì sul trono del Giappone dall'806 all'809 d.C.

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