Rivolsi una muta preghiera al Cielo, chiedendo agli dei di conferirmi una grazia. Quanto potevo essere sfortunata? Possibile che, tra i tanti domestici del casato, dovessi essere proprio io a servire Li-shàoyé? Perdipiù, al momento del suo arrivo! Senza poter neppure concedergli il tempo di abituarsi a noi, di abituarsi a me. A quel punto potevano anche gettarmi direttamente nelle fauci di una tigre, non avrebbe fatto alcuna differenza.
Avevo temuto il suo ritorno, il suo giudizio, il suo verdetto, come non avevo mai temuto nulla nella mia vita.
Eppure, nel momento in cui lo servii, non mi aspettavo che potesse essere tanto gentile nei miei confronti. Nessuna occhiataccia. Nessun insulto. Nessuna riprensione o parola di scherno. Non mi aveva detto che ero una seccatura, che dovevo sparire dalla sua vista, che ero un'incapace. Mi aveva concesso di portare avanti il mio dovere, senza lamentarsi, senza cacciarmi.
Ciò mi dava da riflettere. Forse ero io che ne avevo una visione distorta, di un bambino orgoglioso che mi detestava perché ricevevo più attenzioni di quante ne ricevesse egli da sua madre? Che il timore che provavo nei suoi confronti lo avesse reso più temibile di quanto realmente fosse, ai miei occhi?
Ipotizzando che fosse così, cercai di vederlo sotto una nuova luce. Anche perché erano trascorsi molti anni dalla nostra convivenza, e si sa, col tempo si cambia. Si cresce, si matura, ci si rinforza; pertanto sarei stata coraggiosa, e avrei cercato di trascorrere del tempo con egli, per capire quanto fosse differente dal sé del passato.
Malgrado mi fossi ripromessa ciò, se potevo evitavo di parlargli, o anche solo di guardarlo, sentendomi ancora in soggezione in sua presenza. Forse ciò dipendeva dal fatto che fosse diventato talmente alto da farmi sentire minuscola, considerando che a malapena arrivavo all'altezza del suo collo. E questo mi dava anche l'impressione che, quando mi stava di fronte, torreggiasse su di me. Non era affatto piacevole.
Fortunatamente sembrava che egli fosse piuttosto impegnato, per cui erano rari i momenti in cui le nostre strade si incrociavano. Inoltre, negli ultimi tempi avevo cominciato ad occuparmi di mansioni che mi tenevano lontana dalle camere dei miei padroni, pur di scongiurare un nostro eventuale incontro.
«Ecco che sospiri di nuovo» mi prese in giro Chunhua, ridacchiando insieme a Liling. «Chissà a chi stai pensando...»
«A Li-shàoyé» risposi con onestà, rilasciando un altro sospiro.
«Non lo nascondi nemmeno!» esclamò Chunhua, mettendo a posto nella cesta la veste che aveva appena finito di strizzare.
«Via, la sincerità è uno degli aspetti che maggiormente apprezziamo della nostra Yinghua» rise Liling, prendendo un nuovo abito.
La aiutai a strofinarlo nelle acque del fiume per sciacquarlo, spiegando: «Devo confessare che mi sento intimorita dalla sua presenza».
«Ma perché mai? Io ricordo che quando eravate bambini andavate molto d'accordo.»
Mi voltai di scatto verso Chunhua, restando senza parole.
«Molto d'accordo?» ripeté Liling.
Naturalmente lei non poteva saperlo, essendo stata assunta da pochi anni.
«Eccome! Questa birbantella gli correva sempre dietro, praticamente era la sua ombra. Si interessava a tutto quello che faceva, lo cercava costantemente per chiedergli di giocare insieme -»
«E lui mi cacciava via, a buona ragione.» Mi portai le mani sul viso, imbarazzata. «Lo tormentavo.»
«Io penso che sotto sotto gli facesse piacere.»
Storsi le labbra, guardando con afflizione le rocce nel fiume.
Lo dubitavo fortemente; già ci pensavano le sorelle a non dargli pace, poi mi ci mettevo anch'io...
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Figli della luna
FanfictionIn una notte di luna piena la nobile signora Li trova una bambina abbandonata nei pressi di un fiume. Malgrado le sue origini incerte, decide di crescerla nel proprio casato, battezzandola con il nome Yinghua. Nel corso degli anni ella diviene part...