🌸 Capitolo 6 🐺

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Quella stessa mattina, sul tardi, seguii il mio padrone in carrozza, sentendomi un tantino tesa. Avevo cercato di stargli lontana il più possibile, e alla fine io stessa mi ero offerta di stare al suo fianco, per un giorno e una notte intera. Chiaramente, non ne era molto contento.

Per buona sorte, salvo imprevisti saremmo ritornati l'indomani al primo albeggiare, visto che quella stessa sera si sarebbe tenuto il colloquio con l'imperatore e gli altri cortigiani, al cospetto dei quali Li-shàoyé avrebbe dovuto mettere alla prova le sue abilità per dimostrare se corrispondevano o meno a quelle che ne aveva decantato il fratello di Li-fūren.

Naturalmente la mia padrona aveva dovuto spiegarmi tutto per filo e per segno, e a quanto pareva oltre al titolo nobiliare egli voleva che il nipote ottenesse qualche altra alta carica - sebbene ciò andasse completamente contro i desideri di Li-fūren, che aveva rinunciato volontariamente al suo titolo di imperatrice, onde evitare di essere coinvolta negli intrighi di palazzo.

Mantenni lo sguardo di lato, evitando quello di Li-shàoyé come potevo, finché non mi accorsi che stava per servirsi del tè; lo anticipai, visto che ero andata con lui per servirlo, e gli sorrisi mortificata per non averci pensato per prima, porgendoglielo.

Egli a malapena mi degnò di uno sguardo, prima di tornare a guardare fuori da una fessura della hengpi. [1]

Mi mortificai, certa che una delle cause all'origine del suo malumore potessi essere io. Eppure speravo che anch'egli, vedendomi così conciata, potesse dimenticare che si trattava di me, considerati i nostri dissidi. Dopotutto, sembravo un'altra persona. Chunhua era una maga nella trasformazione, tanto che il mio viso sembrava più affilato, avvizzito e stanco. Le mie labbra erano state a malapena tinte di un fard leggero, poco appariscente, e mi aveva persino cambiato taglio degli occhi, rendendolo più comune, aggiungendomi delle lentiggini sul naso e qualche neo finto su una gota.

«Mio signore» osai, con un filo di voce. Attesi che si voltasse verso di me, ma di nuovo spostò subito gli occhi altrove. Abbattuta domandai: «Ho fatto qualcosa che non avrei dovuto fare?»

«È solo che... sei diversa» spiegò, sembrando alquanto teso. «Non è facile rilassarmi con una "sconosciuta".»

Non mi aspettavo questa risposta.

Attesi che incontrasse di nuovo i miei occhi e gli sorrisi, tranquillizzandolo.

«Sono sempre io, questo è soltanto trucco. Se mi guarda bene riuscirà a riconoscermi oltre la maschera.»

Lui mantenne lo sguardo fisso nel mio per un po', quasi ci stesse realmente provando, ma poi emise un profondo sospiro. Indicò con gli occhi la frutta essiccata nei piatti, facendomi segno di favorirne.

«Mangiala pure.»

«Ma non posso!»

«Se ti dico che puoi puoi» tagliò corto.

Non osai contraddirlo e allungai una mano, mormorando: «Allora ne favorisco».

Afferrai del mango e le scorze degli agrumi, gustandomeli contenta. Erano deliziosi.

«Sembrano piacerti» osservò dopo un po'.

«Mh, li adoro» confermai, prendendone ancora.

«Puoi anche finirli, tanto io non li mangio» concesse.

«No?» mi accertai, e a una sua conferma ci diedi dentro - pur sempre con moderatezza.

Quel suo comportamento, comunque, era spiazzante. Continuava ad essere così gentile con me... Che davvero avesse dimenticato tutto del nostro turbolento passato?

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