𝐶𝐴𝑁
L'indomani, avevo aperto gli occhi e avevo sentito la testa un muro di cemento. Probabilmente a causa della sbronza, o probabilmente anche per via delle parole che erano venute fuori dalle mie labbra, rivolte a Sanem.
Ricordavo ciò che era capitato, e la mia intenzione era quella di sotterrarmi, perché avevo fatto una pessima figura, dinnanzi al suo fidanzato.
"Come ho potuto confessarle il mio amore in uno stato osceno, tra l'altro senza neanche essere convinto che mi sarei ricordato tutto?"
"Sanem come avrà preso quel mio essere completamente sincero?"
«Ben svegliato, passata la sbronza?» La prima domanda alle sei e trenta del mattino, veniva da parte di mia sorella, una volta entrata in camera mia. Toccava a me, decidere se essere ancora onesto, oppure fingere con lei, interpretando un ragazzo che non ricordava nulla, se non che la sera prima, era uscito fuori binario.
«È passata la sbronza, ma non è passato il mio mal di testa e il mio volermi sotterrare»
«Lo capisco, in fin dei conti sei stato sincero come mai avevi fatto. Ne eri consapevole? Come fai a ricordarlo?»
«So bene quello che ho detto, ma al tempo stesso non ricordo poi molto. So che il suo ragazzo era presente, l'unica cosa che non ricordo è cosa sia successo dopo le mie parole»
«Sanem è andata via e Demir le è andato dietro. Non so se sia riuscito a raggiungerla, ero con te»
«È andata via?»
«Si, le tue parole l'avranno toccata molto»
Dinnanzi ai miei occhi si proiettarono una serie di immagini riguardanti Sanem con il suo fidanzato. Provai rabbia nel vederli assieme, nell'immaginare che ci fossero stati attimi in cui erano diventati una cosa sola, nel pensare alle mani di lui sul corpo della mia Sanem.
Balzai dal letto, perché ero completamente stanco della vita che facevo, e che permettevo di fare a lei. Fu come essere travolto da un onda, senza riuscire a salvarti. Senti soltanto l'acqua che ti porta sempre più giù, fino a perdere completamente i sensi.
«Dove vai ora? Sei consapevole che sono quasi le sette del mattino e la gente dorme?»
«Gamze che ti prende? Dovresti sapere che vado a lavoro»
«Si, ma tu a lavoro ci vai per le otto, oppure per le nove. Sei il capo, puoi permetterti di fare ritardo. Avendoti visto davanti all'armadio, ho dato per scontato che saresti uscito, ma non per lavorare»
«No, infatti, voglio andare da Sanem»
«Vuoi andare da Sanem? Così? Tutto ad un tratto? E se Sanem stesse col suo ragazzo? Ci hai pensato?»
Era un ipotesi che avrei dovuto considerare, ma non m'importava. Quell'uomo aveva visto pezzi di me sparsi ovunque, la sera prima, e probabilmente sapeva che fra me e Sanem c'era stato qualcosa.
Ma non avevo alcuna intenzione di lasciare la mia donna ad un ragazzo qualsiasi. Il mio cuore esigeva il suo, batteva a rilento ed io avvertivo quel cambio improvviso, quando diventavo pallido o quando esigevo aria.
Quello che sentivo per lei, non era un amore passeggero, o un amore che necessitava soltanto di un buongiorno e di una buonanotte, per sopravvivere. Il mio amore per lei, era un bisogno sia fisico che mentale. Sanem faceva parte del mio cervello dal primo giorno, e non ne sarebbe mai uscita. Il suo sguardo profondo, che lasciava il segno. I suoi zigomi morbidi, che non vedevo l'ora di toccare. Le sue labbra carnose, che non vedevo l'ora di assaggiare.
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A Love That Fights.
Fanfiction«Non ci perderemo mai veramente» A volte, l'amore ha bisogno di cucire le ferite. Ha bisogno del suo tempo per rinascere dalle sue stesse ceneri. La distanza non è mai un grosso problema, se ad unire, c'è lo stesso cielo.