12.

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𝐶𝐴𝑁

Provare sulla propria pelle la consapevolezza che la tua donna fosse stata toccata contro la sua volontà, non era di certo una delle situazioni più belle, al contrario, faceva venire la nausea.

Se ne approfittò, probabilmente anche ridacchiando. Approfittò di un momento di debolezza di Sanem, mostrandosi completamente interessato a lei, quando cercava soltanto di avere a che fare con lei, per poterle lasciare un segno.

"E che segno hai lasciato, bastardo"

Sanem non odiava il suo bambino. Non avrebbe mai potuto farlo e mai glielo avrei permesso, si trattava ad ogni modo, di un cuore che batteva, di un anima innocente che non aveva colpe, e Sanem era ad ogni modo, la sua mamma.

Ma colui che aveva permesso che accadesse tutto ciò, che un bambino uscisse allo scoperto e che Sanem si sentisse come se avesse subito una violenza fisica, non l'avrebbe passata lascia.

Non m'importava di niente e di nessuno, avrei voluto vendicare lei e i pensieri che aveva in quel momento.

"L'ho chiamato col tuo nome, e lui fingeva di sorridere"

Sorrideva per tranquillizzarla, come se Sanem non avesse avvertito il pericolo. Sorrideva per trasmetterle sicurezza, sapendo che al suo posto c'ero io e non si sarebbe mai tirata indietro.

Sorrideva perché aveva finalmente ottenuto quello che cercava da quando avevano ufficializzato la loro relazione. Sanem non me ne aveva parlato, sicuramente, perché non avrebbe voluto sentirsi dire che aveva sbagliato, ma d'altro canto, di colpe non ne aveva, se non quella di essersi lasciata andare, in un momento sbagliato.

«Demir apri la porta» Le sue urla probabilmente si sarebbero sentite ovunque. Da circa mezz'ora, eravamo dietro casa sua, ma di quell'uomo nessuna traccia, nonostante la sua auto fosse parcheggiata dinnanzi all'ingresso di casa sua.

"Hai paura ad uscire?"

«Demir, se hai coraggio, esci» E qualche attimo dopo, intravedemmo la sua immagine davanti alla porta di casa sua. Credetti si fosse spaventato, sentendo la mia voce: nessuno mi avrebbe mantenuto e le sue parole non mi avrebbero fatto pietà.

«Cos'è successo? Sanem?»

«Io non posso credere che tu l'abbia fatto davvero»

«Di che parli?»

«Non ci posso credere»

«Sanem non capisco»

«Fingi di non capire, ma sai benissimo di cosa sto parlando!»

«Cosa dici?»

«Ascoltami bene Demir...» Presi parola, non potendone più di vederlo fingere.

«Smettila di fingerti scioccato, perché non lo sei affatto. Adesso tu parli con lei, davanti ai miei occhi, e ammetti che sei stato un bastardo, o altrimenti ti denuncio»

«Sanem...»

«Demir perché mi hai fatto questo? Cosa ti ho fatto di male? Perché quella sera sei stato con me, nonostante sapessi che non ero me stessa?»

«Ah, ti riferisci a quell'episodio... Sanem, ma noi ne abbiamo già parlato»

«Aspetto un bambino, Demir» Lui rimase a bocca aperta, quasi come se realmente non se lo aspettasse. Ma non credevo ad una sola parola di quell'uomo, a nessuna sua espressione facciale.

«Non hai avuto la decenza di staccarti, pezzo di merda» Continuai al posto di Sanem.

«Sapevi che quella sera, Sanem fosse completamente andata, e che davanti a lei, c'ero io. Te ne sei approfittato Demir, hai fatto tua Sanem nonostante lei non ne fosse del tutto convinta!»

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