La tua storia

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Avevi solo 12 anni quando tuo padre venne arrestato. «Sto grandissimo pezzente! Hai rovinato la mia vita!» esclamava tua madre tra lacrime di dolore e rabbia. Tua madre veniva da una famiglia del nord Italia, figlia d'arte e ricca, mentre tuo padre era cresciuto in un piccolo paesino in provincia di Napoli e non se l'era mai vista bene a livello economico. Si sono conosciuti quando entrambi avevano 20 anni. Tua madre era venuta a fare visita a un suo parente di Napoli e i due si conobbero per caso. Tuo padre lavorava in un negozio per guadagnarsi da vivere e un bel giorno tua madre andò proprio lì a comprarsi dei vestiti nuovi.
«A cosa devo la visita di una principessa come te?» chiese il commesso.
La donna si sentì lusingata e allora sorrise. «Oh che gentile...vorrei semplicemente un vestito estivo, qui a Napoli fa caldo!» rispose lei.
«E dimmi, come ti chiami principessa? Dal nome capisco anche la personalità, o no? Sempre per il vestito, eh!» sorrise anche lui.
«Io sono Morena e abito al nord, ma mi trovavo qui...perciò ho pensato di fare un giretto» lui la guardava come fosse la donna più bella al mondo. Ed effettivamente era molto bella.
«E quant si bella Morenuccia mia, io sono Lorenzo, ma per gli amici Enzù e mi farebbe piacere che anche tu mi chiamassi così».

Quell'incontro dannò successivamente Morena perchè lui era un uomo buono, ovviamente, ma con problemi di gestione della rabbia.

Quando venne arrestato fu per violenze domestiche. La denuncia la aveva fatta proprio Morena.

Ben 4 anni dopo, Tn , chiese spiegazioni a sua madre.
«Tn, devi capire che la vita non è sempre bella, un giorno anche tu capirai cosa significa amare qualcuno che poco può darti in cambio...tutte le donne lo provano sulla loro pelle e non c'è scampo» a quel punto ti impietrisci. La paura dell'amore era grande da quando avevi 12 anni. Tua mamma ti aveva messo in testa che l'amore vero non esiste, la gentilezza degli uomini è solo una maschera.

«Mammà, ij te voj bene...ma papà per me non è mai stato un delinquente, ha buon cuore...» a quelle parole tua madre si infuriò.
«Tu a me non pensi mai! E questo dialetto napoletano io non lo tollero. Sono rimasta qui per motivi lavorativi ma entro l'anno nuovo torniamo a Milano, dalla mia famiglia»
Tu non volevi partire, avevi tutti i tuoi amici lì e ti sembrava una perdita di tempo cambiare vita a 16 anni.
«No mamma, voglio rimanere nella mia amata Napoli...e poi devo andare a trovare papà almeno una volta alla settimana, mi manca e non voglio perderlo del tutto».

Tua madre stava ribollendo e in quel momento le venne in mente il giorno della proposta di matrimonio.
Erano a cena fuori, sul mare.
«Morè, ma tu ci pensi mai?» chiese tuo padre,
«A cosa?»
«A un probabile futuro assieme...»
«Perchè pensarci ora ? Abbiamo appena 21 e stiamo insieme da solo un anno...»
«Io con te voglio una bellissima famiglia, la desidero piccrè»
«e perchè mai?»
«tu si bell'assaje, immagina i nostri figli e la nostra famiglia. E poi, ij te voglio bene, ma assaj assaj. Io t'ammo come amo la mia Napoli»
«E come lo dite a Napoli, "le parole se le porta il vento"?» ghignò.
Tuo padre provava a sorridere nonostante ci fosse rimasto leggermente male.
«'E chiacchiere s' 'e pporta 'o viento, mo sei contenta ? Tu fidati di me e io ti porto sotto la torre Eiffel»
A quel punto Morena si lasciò abbandonare al momento.
Lui si inginocchiò accanto alla sua sedia e cacciò dalla tasca un anello con un diamante sopra.
«I risparmi di una vita, solo per te ciuciu»
Tua madre sobbalzò e dalla felicità si commosse.
«Tu sei pazzo!»
«Ij so pazz e' te».

Quel ricordo la feriva. In un certo modo ancor peggiore del trattamento che successivamente subì da parte del marito.

«Nennè, tu sei uguale a tuo padre» ti veniva detto da tutti i tuoi parenti napoletani.
Quando passavi per i quartieri tutti ti ammiravano e trattavano come una regina.

Un giorno un ragazzo si avvicinò a te con aria molesta mentre camminavi in una piccola stradina.
«Ueuè e che abbiamo qua, una bella signorina»
«E tu chi foss?» rispondesti con aria infastidita.
«Nisciun»
«E allora vattenn»
Ti afferrò il collo e ti buttò spalle a muro.
«Piccrè!!» esclamò «ma dove pensi di essere? Questa non è zona tua e mo quindi ti devi fare perdonare, tu che piens?».
Strinse le mani al tuo collo mentre ti dimenavi per cercare di uscirne. I tuoi sforzi erano vani perchè lui era più grande e più forte.
Decidi quindi di tirargli un calcio e a quel punto stenderlo con una botta in testa.
Facendo ciò vedi che lui rimane steso a terra. Aveva ferite gravi e a quel punto decidi di scappare. Nel mentre chiamavi un'ambulanza, non volevi assolutamente sporcarti le mani per una semplice autodifesa.

"ciuciuu c sta o mar for"🫀Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora