Il tempo di una sigaretta

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Nei giorni seguenti il tuo dolore era tale da farti piangere ogni notte, l'indifferenza di tua madre ti portava a sentirti giù di morale e sola, abbandonata a te stessa.
"Perchè si è comportata così ?" Era la domanda che ti rimbombava nella testa dall'ultima volta che vi siete viste.

E magicamente ti ritrovavi bambina, quando lei ti rimproverava se parlavi nel tuo dialetto d'origine mentre tuo padre se la rideva .
Pensavi fosse tutto ok, ma in realtà tua mamma ti stava mostrando il suo lato oscuro e peggiore.

Una sera, quando avevi nove anni, tuo padre ti stava rimboccando le coperte dopo averti raccontato di come da giovane era riuscito a conquistare tua madre, quando a un tratto scoppi a piangere.
«Piccrè, ma che fai?» fece un gesto per asciugarti le lacrime.
«Mamma...» le lacrime rendevano il tuo respiro affannoso e quindi anche le tue parole uscivano vagamente.
«Tua madre ? Cosa?»
«Mi fa stare male» avevi preso fiato da un po' per poter dire ben scandita quella frase.
Egli ti accarezzava il viso dolcemente e provava a consolarti con parole dolci. Ma tu sapevi perfettamente che quelle parole non sarebbero servite a nulla.
«Papà promettimi che non mi abbandoni»
Annuì.
Forse era da quel momento che tu avevi una dipendenza affettiva da lui. Sapevi che ti voleva bene e che nulla vi avrebbe mai separati.

Seguire i Ricci sarebbe stato un po' un tradimento nei suoi confronti, oppure a lui avrebbe fatto piacere ? Questa domanda ti era alquanto difficile dato che volevi essere nuovamente libera ma neanche volevi rimanere senza la protezione di un familiare.
Cosa contava di più ?

«De Rosa, il ministero ha accettato il tuo permesso ! Questo weekend uscirai!!» comunicò Liz.
Ti cadde il mondo addosso.
Dove saresti andata ?
«Liz, devo parlare con la direttrice»
«Eh? Così di colpo? Va bè, andiamo...»

«Paola, c'è qualcuno per te...»
Entrasti nell'ufficio e ti accomodasti sulla sedia.
«Ciao Tn, dimmi tutto»
«Perchè avete richiesto il permesso?»
«In realtà lo ha chiesto per te un tuo familiare, vuole che lo vai a trovare in carcere, solo il weekend ha la possibilità di colloquio»
«M-mio padre?!» balzasti dalla sedia.
«Esattamente...e per quanto riguarda la notte, penso che troverai una soluzione con lui, altrimenti puoi sempre tornare qui appena hai finito , sai che sei sempre ben accetta».
«Ma cosa ha detto esattamente?»
«Tn, vuole vederti, cosa vuoi che dica? Dai su, ora torna in cella, domani ti aspetta una stancante giornata fuori».

Il giorno seguente Liz ti accompagnò al carcere di Poggioreale.
«Nennè, buona fortuna, ti aspetto qui» la felicità riempiva i tuoi occhi t/o.
Dopo aver seguito le solite procedure per poter entrare ti accomodasti dietro il vetro aspettando tuo padre.
Finalmente dopo dieci lunghi minuti, arrivò.
Aveva l'aspetto malconcio e malandato.

«Papà!» esclamasti ma per via del vetro lui non sentì. Nonostante le sue condizioni sorrideva.
Prendeste quel telefono che si usa per comunicare tra il vetro e cominciaste a parlare.

«Tn quanto sei bella...» sorrideva.
«Papà, pecchè staje ancora ccà dint'?» cambiasti espressione, eri più seria.
«Come?»
«Papà sono quattro anni che stai qua»
«La pena da scontare era questa figlia mia»
«Famme capi, quando esci?»
«Piccrè, quando tu stai fuori dall'IPM io sarò con te, è una promessa»
«'E parole tue s' 'e pporta 'o viento, ti ho smesso di credere nel momento in cui hai tirato lo schiaffo a mamma»
«Ah e com'è, mo mammeta è bona?»
«Papà i Ricci vogliono aiutarmi con alloggio e tutt'e cose, ci vado finché le tue parole non diverranno realtà »
«Vacci, ma arricordati a chi appartieni».

Quell'incontro ti fece chiarezza. Tuo padre, sì non ti avrebbe abbandonato, ma con i limiti del carcere la situazione si complicava quindi ti avrebbe permesso di alloggiare dai Ricci.

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