Capitolo 3 || Conti in sospeso

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tw: accenni alla violenza


Manuel non aveva mai avuto chiaro il prospetto del suo futuro.
Sapeva per certo che non voleva continuare a studiare, odiava farlo.
L'unico studio che avrebbe proseguito volentieri, rendendolo in seguito un lavoro, era quello della filosofia.

Era l'unica materia che non aveva odiato al liceo, anzi, per lui era stata una boccata d'aria fresca.
La filosofia gli aveva aperto gli occhi su tanti aspetti dell'esistenza umana e spesso gli forniva grandi insegnamenti da impiegare nella vita di tutti i giorni.

Purtroppo per lui però, a Ponce non esisteva alcuna facoltà di filosofia e sapeva di non potersi permettere di studiare fuori.
Così aveva passato l'ultimo anno, dalla fine del liceo ad ora, a svolgere diversi lavoretti; il suo primo lavoro era stato da giardiniere, grazie ad una conoscenza di Anita in un'azienda di giardinaggio; dopo aveva provato a fare il meccanico e infine aveva lavorato come babysitter. Nessuno di questi lavori però lo faceva sentire soddisfatto, appagato, per cui aveva deciso di godersi i suoi vent'anni senza preoccuparsi troppo di ciò che voleva diventare in futuro, almeno per il momento.

La situazione era cambiata quando Jose e Rafael, due suoi amici, gli avevano parlato di una certa opportunità in cui loro stessi si erano imbattuti.
Ma facciamo un passo indietro:

I due ragazzi non li aveva conosciuti a scuola, ma in spiaggia. Entrambi facevano surf e tre anni prima di adesso, vedendo Manuel in difficoltà - ancora era alle prime armi - lo avevano approcciato per dargli dei consigli; la conversazione era stata piuttosto confusa, dato che lui non sapeva parlare molto bene lo spagnolo, ma avevano trovato il modo di capirsi ed erano subito entrati in sintonia. Era grazie a loro che aveva imparato a padroneggiare un tantino di più la lingua locale.

Avevano la sua stessa età e vivevano in uno dei quartieri più brutti di Ponce, ma Manuel non è tipo da stereotipi; crede che possano esistere brave persone in brutti quartieri e viceversa.
Non è il luogo da cui proveniamo a definire la nostra persona, sono le nostre scelte a farlo. È il modo in cui scegliamo di relazionarci alle altre persone, di affrontare determinate situazioni della nostra esistenza.

Il problema però, è la nostra spudorata e arrogante convinzione di essere padroni delle nostre scelte.
La verità, è che in questo loop infinito di ipocrisia e inautenticità i nostri modi di fare sono, nella maggior parte dei casi, dettati dalla massa; ma noi non possiamo fare altro che vivere nell'illusione di essere davvero artefici del nostro destino.

Ora mi rivolgo a te, che stai leggendo.
Credi di poter affermare con certezza di vivere la tua vita secondo il libero arbitrio? Sei cert* di essere in grado di controllare il tuo agire, il tuo pensare? Di avere possibilità di scelta? O sei solo una pedina in uno schema molto più grande, in un'illusione, in cui tutti sono schiavi pur essendo liberi?
E il concetto di libertà, non è solo un'altra illusione in un simile contesto?

Manuel conosceva molto bene le dinamiche della società odierna; era proprio la filosofia ad avergli aperto gli occhi.
Un esempio lo aveva avuto, per l'appunto, con Jose e Rafael.

Si dice che gli adolescenti siano facilmente plasmabili, e forse un po' è vero.
Jose e Rafael sono cresciuti insieme, vicini di casa, conoscendo come unico mezzo di comunicazione la violenza. Chiunque abitasse a Porto Rico sapeva benissimo quali luoghi evitare perché più pericolosi, e quali erano agibili.

È risaputo che l'isola abbia un elevato tasso di criminalità, per cui anche quando un normalissimo civile viene accoltellato per strada, o quando ci si ritrova in mezzo ad una sparatoria lo stupore non è poi così tanto; anche se non si può dire lo stesso del timore.

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