VII

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Okay, si. Era un coglione, un coglione patentato che quando istigato non riusciva proprio a chiudere la bocca e doveva per forza dire qualcosa che sapeva avrebbe ferito la persona davanti a sé.

Manuel si stava torturando le mani e, in un certo senso, la testa da quando aveva visto Simone sparire dietro la porta dell’appartamento. Aveva provato ad andargli dietro ma, come aveva immaginato, Simone non ne aveva proprio voluto sapere di starlo ad ascoltare. Così era finito in camera, quella che ormai condivideva solo con Matteo – visto che tutti gli altri concorrenti erano stati eliminati – steso su quel letto a guardare il soffitto e a pensare a come poteva rimediare alla cazzata che aveva detto.

Come cazzo te è la venuto in mente de rinfacciargli che non aveva preso la giacca nera? Soprattutto dopo quello che Simone te aveva raccontato e dopo aver capito quanto ci tenesse!

Sono un idiota, continuava a ripetersi passando la mano sul volto e cercando di pensare a come approcciarsi senza dire altro che lo avrebbe messo ancora più nei guai e in cattiva luce con il ragazzo.

Il rumore di qualcosa che si rompeva, che sembrava provenire dalla cucina, attirò la sua attenzione facendolo alzare fino a mettersi a sedere. Aveva sentito prima qualcuno in cucina ma, avendo sentito la voce di Laura, aveva pensato si stesse ancora lamentando per il comportamento di Matteo e se ne era tenuto alla larga.

Un “merda” pronunciato con una voce che aveva imparato a conoscere fin troppo bene lo fece alzare di scatto dal letto e precipitare in cucina. Simone era piegato a terra intento a raccogliere dei pezzi di ceramica dal pavimento.

«Cazzo» sussurrò Simone pensando di essere da solo.

«Simo! Te sei fatto male?» si fiondò su di lui Manuel mentre l’altro si alzava con i cocci tra le mani per poi sfuggire da lui per andare a buttarli. «Simò, tutto okay?» provò a richiedere non avendo avuto risposta prima.

«Seh, non ti preoccupare.»

«Io volevo solo contr-»

«Mi è solo caduto un piatto, Dio santo, non è successo niente.» ma le mani di Simone tremavano dal nervoso e, quando prese un nuovo piatto, rischiò di far cadere anche quello, riprendendolo per un pelo e posandolo sul piano per poi stringere le mani sul bordo del bancone, “fanculo” sussurrò a se stesso.

«Che stai a fa qua?» Manuel si avvicinò piano piano a lui, convinto che di li a poco Simone lo avrebbe cacciato anche dal luogo comune.

Simone si morse la lingua per non rispondergli di nuovo male, smettila di trattarlo così, di comportarti da stronzo solo perché non la pensa come te, si disse. «Voglio fare un dolce, voglio allenarmi su alcune tecniche per la gara di domani.»

Manuel si morse il labbro inferiore, si avvicinò ancora di più, con le mani in tasca e lo sguardo da cucciolo bastonato, «Te posso aiuta’?» o sta solo qua in un angolo a guardatte e ascoltare la tua voce di cui non riesco più a fare a meno?

«Dici che sono all’altezza di cucinare con il super chef con la giacca nera?» il tono sarcastico di Simone colpì Manuel dritto al petto, facendolo sentire ancora più in colpa.

«Simo, me dispiace per prima. ‘O sai meglio de me che tu meriti sta giacca nera e che meriti di vincere sto programma. Quello che ho detto è stato dettato dalla rabbia del momento e solo perché avevi insinuato che te avessi sabotato quando sai che nun lo farei mai!»

Simone guardò davanti a sé, scrutando tutti gli ingredienti che si era già preparato sul banco, e sospirò pensando alle parole di Manuel. «Lo so che non lo avresti mai fatto… poi sei bravissimo, non ti serve barare.»

Hell's KitchenDove le storie prendono vita. Scoprilo ora