[Capitolo 15] - Tear

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«Cosa farebbe se fosse qui?» la voce squillante del ragazzo ammazzava l'equilibrio notturno, accompagnando i passi dell'amico che nervosamente percorrevano la strada di casa avanti e dietro.

L'argomento era ostico ad entrambi e il marciume prendeva il sopravvento spingendoli a mentire persino a sé stessi.

«Seori non è qui!» ribadì Jimin «E questo ti fa stare meglio?! Il fatto che sia in ospedale ti solleva? Ti fai meno schifo?» chiese con rabbia Taehyung.

Jimin aveva avuto una ricaduta.

Aveva smesso di mangiare regolarmente, limitandosi a bere frullati di frutta ed assumere di tanto in tanto del ramen precotto.

Si era chiuso in sala prove e aveva smesso di rispondere alle loro chiamate.

Taehyung era arrivato al limite e si erano scontrati di nuovo.

Il maggiore si era imposto «Non sono affari tuoi Taehyung!» gli aveva urlato quando aveva cercato d'introdurre la conversazione «Perché non lo capisci? Non fai del male solo a te ma anche a noi!».

Jimin e Taehyung erano amici dalle scuole medie e per quanto si volessero bene, non riuscivano a parlare con calma e le loro discussioni finivano sempre con delle accese dispute.

Anche quella sera, avevano iniziato a punzecchiarsi e con l'andare della conversazione, i toni si erano alzati e i maggiori li avevano malamente cacciati di casa «Speriamo che il freddo calmi i vostri bollenti spiriti» li aveva ammoniti Seokjin prima che uscissero.

«Sei un idiota» disse Taehyung «Io almeno non mi nascondo in bagno a piangere» rispose con cattiveria l'altro lanciandogli una freccia dritta al cuore.

Taehyung lo congelò con lo sguardo «Smettila- lo aggredì digrignando i denti- non arriverai da nessuna parte se continui così!».

Si fronteggiarono con acidità, l'uno riflesso negli occhi dell'altro «Non sono affari tuoi».

Jimin era stanco di parlare.

Deciso a mettere un punto al discorso, sorpassò il più piccolo senza voltarsi, sentendolo alle spalle.

Taehyung non l'avrebbe fermato, non quella sera.

In silenzio e con il solo rumore dei propri passi a fargli da sottofondo, i due inserirono la password di accesso all'abitazione ed entrarono.

«Ragazzi siete voi?».

La voce di Seokjin li raggiunse dalla cucina ma non ottenne risposta.

Nel suo complesso, l'abitazione era seleziona dal momento che alcuni stavano riposando mentre gli il restante stava mangiando in cucina in attesa che arrivasse l'ora di andare a lavoro.

Jimin e Taehyung si separarono.

Il primo si diresse verso il piano superiore lasciando che il più piccolo lo guardasse allontanarsi «Sai Jimin-ssi- lo richiamò prima di entrare in cucina- Seori sarebbe molto delusa».

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Hoseok non aveva un'idea ben definita di dove dovesse andare e con chi dovesse parlare, ma sapeva che se sua sorella doveva entrare nella loro vita, il CEO avrebbe dovuto dare il suo consenso al progetto e con Seori in ospedale, toccava a lui affrontarlo.

Mentre attraversava il lungo corridoio verso l'ufficio del superiore, rifletteva sugli ultimi avvenimenti, realizzando forse per la prima volta dopo mesi, che senza la ragazza tutto era crollato nel caos.

Jimin e Taehyung litigavano ad ogni ora del giorno e della notte, Jungkook era stato prosciugato della sua linfa vitale e Yoongi che per sfuggire a sé stesso, si era buttato nel lavoro.

Si erano lasciati sopraffare dalla sfortunata serie di eventi ed ognuno di loro aveva prodotto degli effetti diversi che li stavano trascinando alla morte sempre più lentamente, all'interno dei loro stessi corpi.

Bussò attendendo il permesso di entrare e quando fu chiamato, una volta varcata la soglia, si trovò davanti non solo l'amministratore delegato dell'agenzia ma un altro uomo.

Era alto e aveva i capelli castano scuro con dei riflessi bianchi e la fisionomia non asiatica.

La carnagione scura lo identificava con qualcosa di molto simile ad un americano, ma c'erano dei particolari che gli dicevano che quell'essere aveva più personalità del necessario «Signor Jung si sieda, la stavamo aspettando».

Il primo uomo si sedette sulla sua scrivania incrociando le mani e puntando il proprio sguardo sul giovane «Ci voleva parlare Signor Jung?» la voce era piatta, dura.

Hoseok lo sentiva parlare ma si sentiva come se in realtà non si stessero riferendo a lui.

La voce, i muscoli, ogni singola particella del suo essere si stava ribellando al suo volere.

Si chiedeva come Seori riuscisse a sopportare una tale carica di pressione «I-io sono venuto per» silenzio, cosa avrebbe dovuto dire per sembrare fermo «Sua sorella non farà parte della nostra equipe».

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Il silenzio era inquietante, il giovane aveva un'aria pensierosa.

Non era davvero lì insieme a lei, aveva la testa da un'altra parte.

La camera del piccolo appartamento veniva illuminata da un lucernaio posto sul soffitto e la luce rifletteva i due giovani distesi sul letto, rischiarando non solo i loro corpi semicoperti dal lenzuolo ma i loro pensieri.

«Hey, tutto bene?» chiese la ragazza volendo interrompere il disagio che il compagno aveva creato «Sto bene grazie» gli rispose.

Yun non riusciva a leggere nessuna emozione all'interno di quegli specchi solitamente luminosi e questo la faceva stare male.

Le era sempre stato semplice capire come stessero gli altri tramite gli occhi ma ora, non vedeva nient'altro che buio.

«Cosa c'è che non va?» chiese nuovamente «Niente» rispose di nuovo lui abbassando il capo.

«Qualcosa non va» insistette dando alla domanda una parvenza di esclamazione.

Sapeva che qualcosa non andava e voleva sapere di cosa si trattasse «Niente- ribadì il ragazzo- volevo solo chiederti una cosa».

Con delicatezza spostò il telo che le copriva il petto, lasciando che la luce le accarezzasse i fianchi e le delimitasse i tatuaggi.

Scese dal materasso e si diresse verso l'armadio «Ti ascolto» disse prendendo dei vestiti.

Il giovane la guardava con sguardo famelico.

Accarezzava con gli occhi ogni centimetro di quel corpo esile che aveva imparato ad amare «Cosa ti aspetti dal futuro?» le chiese.

Yun sorrise debolmente.

Era abituata ai suoi sbalzi d'umore, alle continue richieste e alle sparizioni.

Dopotutto per lui il suo lavoro era qualcosa d'inestimabile, gli dedicava anima e corpo e lei ovviamente, non era solo una distrazione ma un possibile ostacolo.

«Sarebbe scontato se dicessi che vorrei restare con te vero?» chiese dolcemente, infilandosi le maniche della maglietta «Sono serio Yun».

Sono serio.

Strano come due sillabe potessero essere buone e cattive nel medesimo istante «Anche io» disse allontanandosi dal mobile e dirigendosi verso l'amato.

Si abbassò verso di lui, sormontando il fisico asciutto quanto possente.

Si sedette sulle sue gambe coperte dal lenzuolo e lo guardò dall'alto, prendendogli il viso con dolcezza e accarezzandolo «Io ti amo- sorrise- non potrei pensare a nessun'altro luogo che non sia con te».

Il ragazzo soffiò i lunghi capelli che dividevano le loro labbra «Ripetilo».

Un brivido le si propagò per la schiena scatenandole un'emozione unica e indescrivibile «Ti amo- annullò le distanze -Jimin».

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