Can Che Non Abbaia Morde

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Si chiusero il portone d'entrata dell'ala alle spalle con forza, il petto che si alzava ed abbassava veloce come il battito d'ali d'un colibrì e gli occhi serrati, il cuore nelle loro gole, i maglioni storti e stropicciati. Si lasciarono scivolare lungo il legno finendo seduti sul pavimento freddo di pietra, le loro mani tremanti strette tra loro mentre il terrore iniziava a fabbricare lacrime sotto le loro palpebre.
Sentivano ancora le sue mani sui loro ventri, le sue labbra sui loro colli e i suoi canini che bucavano le loro pelli, la sensazione di essere in trappola e quella dell'impotenza nascosta nei loro brividi. I loro respiri non cennavano a tranquillizzarsi, la sensazione di sporco sui corpi, emozioni e pensieri negativi, il diniego e disgusto che tutti e tre si mischiavano in un vortice nelle loro casse toraciche, i loro corpi che si piegavano in avanti, le mani che si lasciavano di scatto per infilarsi tra i capelli per far stringere le ciocche alle dita mentre le labbra si spalancavano e urla si liberavano dalle loro gole che, nonostante il dolore, erano vuote di tono come le lacrime che tracciavano sentieri sulle loro guance che quella volta non erano rosee come i fiori.

Gli urli che rimbombarono tra le pareti vennero spezzati dal rumore di passi pesanti e frettolosi in corsa, un lontano suono di catene che si scontravano tra loro accompagnato da tacchi e qualche minuto dopo furono raggiunti dagli altri; Michelangelo e Riele subito si avvicinarono a loro ma solo il primo si inginocchiò, la preoccupazione nelle iridi, allungò le mani per toccare loro le spalle con gentilezza ma d'istinto Elia ed Edoardo si allontanarono di colpo, spingendosi ancor di più contro le porte come se potessero essere risucchiati da esse e sparirci attraverso, la mente totalmente altrove mentre si lasciavano trascinare nella crisi che avevano cercato di sopprimere fino a prima.
Michelangelo allontanò immediatamente le mani e si girò verso Riele che, guardando la scena nella sua solita freddezza glaciale e nel suo distacco, gli fece cenno di allontanarsi dai due e così il biondo fece, andando vicino ad un Jackson che fissava i gemelli con la mascella e le mani serrate in due pugni, i denti che scricchiolavano per la pressione tra loro e i canini che spuntavano dalle labbra mentre la rabbia iniziava a germogliare nei suoi polmoni, fatto arretrare di qualche passo da Michelangelo dopo un secondo cenno di Riele; egli guardò ancora un attimo i due ragazzi a terra, poi allungò il braccio davanti a sé e aprì la mano con il palmo rivolto verso i due. Un pesante silenzio riempì all'improvviso le mura del corridoio e attorno ai gemelli, ancora dissociati dalla realtà, iniziarono a radunarsi ombre che uscivano dal pavimento e da sotto le porte, che iniziarono a girare attorno a loro intrecciandosi l'una nell'altra in una danza serpentina.
Si accumularono e quando furono tante alcune si districarono dal cerchio e si diressero verso i gemelli, si arrampicarono sui loro corpi tremanti e accartocciati tra loro ed entrarono nelle loro teste dalle tempie; tempo due secondi e i corpi di Elia ed Edoardo divennero rigidi, i tremolii cessarono e le spalle si rilassarono, i respiri si regolarizzarono e le palpebre si abbassarono di colpo mentre i corpi caddero di lato, l'impatto contro il pavimento impedito dalle ombre che fecero loro da cuscino. Quelle che erano entrate dalle loro tempie uscirono e strisciarono verso Riele, arrampicandosi sulle sue lunghe e magre gambe, girando attorno alla vita asciutta, attraversando il petto e il collo latteo, costeggiando la mascella affilata fino ad entrare nelle sue, di tempie. Le iridi di catrame furono attraversate da un lampo rosso e il petto gli si alzò di rabbia, la postura si irrigidì ma stette in silenzio sotto gli sguardi impazienti dei due ragazzi dietro le sue spalle. Schioccò le dita e le ombre sotto i copri dei ragazzi dormienti presero la forma di due figure incappucciate, un altro cenno della mano da Riele e ora tra le braccia sorreggevano i gemelli e silenziose sfrecciarono dietro al corvino che svelto si allontanò da lì per dirigersi verso la camera dei due castani, Jackson e Michelangelo a chiudere la fila.

Spalancò la porta, appena mise piede dentro la stanza le persiane si chiusero una dopo l'altra e solo quella accanto al letto si socchiuse per lasciare entrare un filo di luce; le coperte del letto si spostarono da sole e subito dopo le due figure appoggiarono con delicatezza Elia ed Edoardo sul materasso, le scarpe furono tolte e le coperte coprirono i loro corpi da sole, per proteggerli dall'insolito gelo che impadroniva quella camera. Gelo che proveniva da Riele. Le figure si misero in disparte, accanto alla finestra socchiusa e girate verso un Riele che camminava avanti e indietro davanti al fondo del letto, mentre la porta venne chiusa da Michelangelo dopo che fu entrato insieme a Jackson.
Il biondo fu il primo a parlare, dopo aver dato un'occhiata a tutta la situazione: « Cos'è successo? »
« Li ha toccati. » rispose in un ringhio il maggiore.
« Li tocca sempre ma non hanno mai urlato durante una crisi. »
« Appunto per questo dovresti capire: li ha toccati. Fai funzionare la testa Michelangelo. »
Ci fu un silenzio e la realizzazione fece riempire la bocca di Michelangelo di un gusto amaro: « Li ha- » « Stuprati. » lo interruppe Jackson, che ringhiò a bassa voce in seguito.
Il riccio guardò prima i gemelli dormienti, poi Riele: « Cosa vuoi fare? » « Tu cosa faresti? » « Sguainerei la spada, ma non posso permettermi di ucciderli: essere ricercato sia dai regni che dall'organizzazione non è l'ideale per un'essere umano come me. » rispose senza esitazione.
« Allora bisogna dar loro qualcosa di peggiore della morte, non trovi? » e il silenzio calò di nuovo dopo quelle parole.
« Dimmi che non è nulla che potrebbe portarci dei guai- » « Ti sembro qualcuno che agisce d'istinto e che si rovinerebbe da solo? » mormorò lapidario mentre incastonava le proprie iridi in quelle dell'altro, peccato che la sua figura era un tutt'uno con il buio che lo circondava.
« Oh, por Dios, ¿qué estás diciendo*? Conosco perfettamente come agisci ma so anche che conseguenze ci sono quando perdi la pazienza! »
« Se conosci perfettamente come agisco allora taci. »
« No che non taccio! Non credere che ti lasci rovinare l'unico posto dove loro non possono venire a prenderci! » scattò verso l'altro, sfoderando la spada che comparve dal nulla sul suo fianco e indirizzandola verso l'altro, che fermò la lama bianca con quella nera come la pece di una delle sue falci formatasi dal nulla, i visi contratti di entrambi e l'odio reciproco nelle loro iridi illuminati dalla luce emanata dalla spada. Le due lame produssero un suono metallico di scontro, sfregarono da loro e i due fecero per attaccarsi di nuovo quando Jackson urlò, facendo bloccare ogni loro movimento. « PIANTATELA! Vi pare il caso di combattere in una situazione del genere!? »
Michelangelo abbassò la lama e si allontanò dal maggiore, mentre Riele le fece sparire direttamente. Il corvino fece per rispondere con un commento sprezzante nei confronti di Michelangelo ma Jackson uscì velocemente dalla stanza sbattendo la porta, correndo poi verso quella che chiamava palestra anche se, in fin dei conti, era solamente una stanza rettangolare abbastanza ampia con una parete interamente coperta da uno specchio, alte vetrate che componevano una parete, un sacco da boxe appeso al centro della stanza, una panca per i pesi e un tappetino vicini all'unico muro libero.

➳ Silent RibellionDove le storie prendono vita. Scoprilo ora