Della Sala d'Arte

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Era ormai tarda mattinata, e sebbene ancora stordito e non poco turbato dall'esperienza della notte precedente, s'era fatta ora d'andare in contro alla giornata nascente. Ancora intorpidito, m'alzai cauto dal vecchio sofà, sollevato moralmente solo dalla consolatoria constatazione che l'inferno onirico della notte precedente avesse ormai smesso di tormentare il mio animo. Decisi pertanto di procedere nella scoperta del cupo villino, villino il quale quantunque fosse stato teatro di mostruose apparizioni e di intensi terrori notturni continuava ad apparire ai miei occhi come un luogo di irriducibile fascino.

Uscii dunque dalla sala, e tornando ad avventurarmi per il lungo corridoio centrale, ben presto un altro angolo di romantica decadenza rapì la mia attenzione. Poggiai pertanto la mia mano sulla fredda maniglia d'una porta appena socchiusa e, non senza qualche attimo di riguardosa esitazione, feci accesso alla sala. Tra tutti gli spazi fin allora visitati in quel tempio della decadenza quale era il villino, questa sala m'apparì da subito la più artisticamente elaborata. Al centro dominava in tutta la sua bellezza l'ahimè disastrata scultura d'una figura femminile ignota, posata su un granitico piedistallo che ne sorreggeva l'ineffabile fascino. Tutt'attorno ai resti della scultura si poteva apprezzare un'elaborata collezione di dipinti raffiguranti i più svariati temi: dai cieli più sereni e bucolici agli abissi più tetri, dal sacro al profano, dalla vita alla morte. Dunque presi per le mani un candeliere, e come un infante che si dedica alla primitiva scoperta del mondo, restandone stupido, mi dedicai alla scoperta di quell'arte. Passai ore, forse giorni e anche svariate notti, ad osservare quelle creazioni, e più tempo passavo a perdere lo sguardo in queste ultime, come in contemplazione, più ne sentivo il più profondo richiamo esistenziale. Ad ogni modo, sullo splendore che suscitarono in me queste opere non mi dilungherò ulteriormente, in quanto la mera carta non sarebbe in grado di trasmettere quello stato d'estasi soggettiva esperibile solo attraverso il contatto diretto col sublime.

Nella sala erano inoltre presenti diversi strumenti musicali, tra cui un vecchio pianoforte a coda dalle corde ammuffite e i resti di un'arpa finemente decorata. Dopodiché, di qua e di là per tutto lo sgangherato pavimento, eran sparse vecchie partiture, qualche pennello e alcuni dei vari ferri del mestiere che uno si aspetterebbe di trovare presso l'atelier di uno scultore. Infine, tutte le finestre, dai cui impolverati vetri a mala pena filtrava la luce, erano contornate da marmoree colonne, ingiallite dalle angherie del tempo, nonché da preziosi tendaggi purpurei. Mentre rivolgendo lo sguardo verso l'altro era possibile ammirare un meraviglioso soffitto a cassettoni.

Guardandomi attorno, immerso nella bellezza di quel luogo, pensai poi che gli antichi padroni di casa dovessero senz'altro esser stati dei mecenati, degli intimi amanti dell'arte. M'abbandonai in dolce contemplazione, e trasportato dalla sfiorita bellezza di quel luogo mi apparve come in visione l'antica vitalità di quel tempio dell'arte. Proprio nel mezzo della sala un giovane e promettente scultore s'appresta a catturare su un blocco di marmo della più preziosa varietà, l'ammutolente bellezza del corpo nudo di una giovane donna, primogenito dei proprietari di casa. Il signore di casa, dalla comodità di una confortevole poltrona assiste al processo creativo aspirando di tanto in tanto le calde fumante d'un sigaro. Intanto l'inserviente serve del tè, e sullo sfondo la musica di un piccolo complesso di musicanti scandisce lo scorrere del tempo, arricchendo l'esperienza estatica.

Terminata quella illusoria visione, che richiamava i fasti di un passato ormai sepolto, di quella bellezza era rimasto null'altro che una decadente sala appena illuminata, nella quale eran depositati i resti, peraltro in avanzato stadio di decomposizione, dell'arte che una volta vi era esposta. Fu poi osservando meglio la scultura dell'ignota dama che notai come l'opera fosse chiaramente stata resa in frantumi prima ancora di essere completata. Le gambe, scolpite solo parzialmente, erano l'unica parte dell'opera rimasta attaccata al resto del blocco di marmo. Il busto invece, privato di una delle braccia, era adagiato sul pavimento a breve distanza dal piedistallo.

Cosa poteva aver causato una simile distruzione? Chi mai avrebbe avuto il coraggio di danneggiare un'opera di tale fascino? Che si trattasse di un evento naturale? O forse di un cedimento strutturale?

Neanche madre natura in persona con tutto il suo cinismo si sarebbe mai perdonata di essere artefice della distruzione di una tale bellezza. Tutto ciò mi lasciò interdetto non poco, e continuando ad interrogarmi sulle cause della distruzione ripresi per le mani il candeliere e mi recai verso una finestra. Fu allora che colpito dalla sua magnificenza vidi il sole levarsi alto nel cielo, lasciandosi alle spalle la ben più malinconica ma non meno illuminante oscurità della notte.

• Donovan de Fidelis

Di Un Emerito VillinoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora