Mi trovavo ritirato nel mezzo di vedute dallo naturale splendore, e immerso tra congetture e macchinazioni d'ogni genere, mi dirigevo verso una cara vecchia magione, persa oramai da tempo indefinito attorno ai pressi d'un pregevole lago. Lago il quale avevo peraltro avuto modo di adocchiare nel corso di uno dei miei soliti, passati cicli introspettivi.
Più m'avvicinavo, placidamente addentrandomi nel mezzo della più fitta vegetazione, attraverso la quale la luce del timido sole riusciva a malapena a filtrare, più quell'anziana struttura, almeno da quanto potessi scorgere attraverso le intricate ramificazioni, pareva tanto cordiale quanto solenne, nonché perfettamente integrata nell'ambiente che la contornava.
Dopo un lungo tratto passato tra massicci tronchi, possenti chiome d'albero e fastidiosi rovi acuminati, improvvisamente la vegetazione s'interruppe, così da far spazio come in segno di dovuta reverenza, a quello straordinario complesso architettonico, la cui presenza non rappresentava affatto una forma di disturbo per la veduta, ma anzi un sublime arricchimento, la cui assenza avrebbe fatto forse ignorare la magnificenza di quel luogo.
Sullo sfondo intanto, un sole ancora troppo cupo e timido illuminava a fatica un fitto bosco, e con esso la straordinaria facciata del villino, ch'era al contempo ricca e desolata, tanto da farne trasparire tutto il solenne, benché sfiorito, animo.
Una volta giunto sulle rive del calmo lago, il quale da tempo era tanto a me caro, ricordo d'essermi comodato su un masso, e che su di esso rimasi in dolce contemplazione del tramontante sole, il quale seguitava peraltro ad eclissarsi alle spalle del solenne villino, così producendo un incredibile effetto luminoso sulle polverose vetrate.
Passò qualche tempo, e la dolce e spumeggiante penombra del crepuscolo certo non tardò a calare sul cielo, andando lentamente a rimpiazzare il cupo e timido sole, con un'ancor più cupa, sebbene decisamente meno timida luna. Decisi così, per trovar riparo, d'addentrarmi negli spazi di quel villino che tanto avevo apprezzato sino a quel momento, cosciente solo delle sorprese che tale esperienza m'avrebbe riserbato.
Allora m'alzai, e intimidito ma pur sempre affascinato dall'imponenza che mi si presentava alla vista, mi recai verso il possente portone d'ingresso dell'edificio e una volta giuntovi, non prima d'aver percorso una breve rampa di scale posta subito d'innanzi, porsi la mia magra mano sul freddo pomello del possente portone ligneo, il quale coronato da uno splendido arco a tutto sesto, una volta mosso, risuonò con gli stanchi cardini rugginosi.
Una volta all'interno, fin dai primi istanti di permanenza, si fece da subito udire chiara e distinta un'aria di dolce desolazione e decadenza. Porgendo lo sguardo verso l'orizzonte notai l'estesa serie di marmoree colonne parallele che adornavano il vasto corridoio principale, corridoio del quale peraltro a causa dell'oscurità, riuscivo a malapena a scorgere la fine.
Le marmoree colonne s'alternavano l'un l'altra tra qualche tarlato mobilio d'epoca, imponenti porte di pino e polverose opere d'arte sculturali. Inoltre lungo tutta la camminata, su ben salde lastre di marmo, v'erano adagiati gli stralci di quel che una volta era probabilmente stato un pregiato arazzo purpureo.
Così m'addentrai sempre più profondamente tra i bui corridoi e le fredde stanze di quel desolato complesso architettonico, e con la stessa medesima curiosità che si può forse equamente riscontrare, per l'intensità del sentimento, solo tra gli infanti, procedetti piacevolmente immerso in totale fascinazione.
• Donovan de Fidelis
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Di Un Emerito Villino
Misterio / Suspenso"Una volta all'interno, fin dai primi istanti di permanenza, si fece da subito udire chiara e distinta un'aria di dolce desolazione e decadenza. Porgendo lo sguardo verso l'orizzonte notai l'estesa serie di marmoree colonne parallele che adornavano...