La Juilliard accettava solo tra il 7 e l'8 percento di tutti i candidati. Praticamente pochissimi riuscivano ad entrare, e i numeri comprendevano anche quelli della lista d'attesa.
Quando da piccola dicevo che studiare in quella scuola era e sarebbe rimasto sempre e solo un sogno, era proprio per tutti questi ostacoli: l'estrema difficoltà nel superare le audizioni e la difficoltà nel pagare l'altissima retta.
L'arrivo e la proposta di Hayden aveva fatto sembrare realizzabile quel sogno, ma solo per poco, perchè nella mia testa le chance di farcela erano davvero basse, come la percentuale di ammessi ogni anno.
«Tesoro?» mia madre bussò alla porta, «Donna e Malcolm sono fuori ad aspettarti.»
Sentii la sua presenza per alcuni secondi poi i suoi passi si allontanarono.
Pensavo fosse facile dire addio a qualcosa che non si aveva mai avuto con concretezza. Pensavo non facesse così male buttare definitivamente la chiave di un cassetto che non era mai stato aperto fino in fondo. Ora quel cassetto straripava di lacrime più che speranza.
Lista d'attesa.
Quelle parole si stavano ripetendo nella mia mente dalla sera precedente e ogni lacrima che stavo versando da quel momento urlava 'fallimento'.
Ci avevo creduto e questo era stato il risultato. Una inutile lista d'attesa.
Per altri college poteva anche significare avere ancora una speranza ma per la Juilliard era sinonimo di: game over. La percentuale di persone che entrava dalla lista era ancora più bassa rispetto a quelli che entravano direttamente.
Non ce l'avevo fatta e faceva male. Vedere il mio sogno infrangersi tra le mani mentre leggevo parola per parola quella lettera, era una delle cose più terribili che avessi mai provato. Essere rifiutati da quella scuola era la normalità, e anche se avevo tenuto in conto che succedesse, avere la conferma di non esserci riuscita era tremendo.
Forse questa era la risposta definitiva al mio futuro. Forse avrei dovuto iniziare ad accantonare la musica e fare altro. Forse non avrei mai dovuto accettare quella proposta.
Restai sotto le coperte a piangere per altri minuti fino a quando non decisi che fosse meglio alzarmi e piangere altrove.
Non lo avevo detto ad Hayden. Non trovavo il coraggio di farlo.
Quel giorno avrei saltato scuola con i miei amici. Loro non lo sapevano ancora ma probabilmente lo avevano capito dal mio messaggio SOS che avevo mandato la sera prima sul nostro gruppo.
Mi specchiai in bagno e feci una smorfia di fronte ai miei occhi gonfi e rossi, i capelli disordinati e le labbra screpolate. Ero un disastro. Ero un fallimento.
Non tutti avrebbero potuto capire il dolore di essere rifiutati dal college dei propri sogni. Lo avevo quasi toccato, avevo sentito il profumo dei corridoi, di quell'auditorium...e ora era tutto svanito.
Quando uscii di casa, i capelli erano ancora una massa indefinita, i miei occhi erano due palle lucide e gonfie ma almeno indossavo vestiti puliti, anche se erano solo una grande felpa e un paio di leggings neri.
«Wow, fai davvero schifo.» commentò Mal appena entrai in macchina.
Donna gli colpì il braccio e io mi limitai a tirare su col naso e scrollare le spalle, «lo so. Faccio schifo in molte cose...»
«Mak, non dire così,» la mano della mia amica strinse il mio ginocchio e mi sorrise, «non sanno di cosa si stanno privando.»
«Sono degli sfigati, sul serio, come si fa a rifiutare un talento come il tuo?»
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It's a Cliché
Teen FictionHayden Miller è un eccellente pianista, vincitore di moltissime competizioni, prossimo prodigio della Juilliard School e, sia per la fama dei suoi genitori sia per il suo incredibile talento, ha vissuto sotto i riflettori fin da bambino. Tuttavia, l...