I pesci non erano mai stati cortesi con Leopold. Perché era antipatico? No. Perché era un'anguilla elettrica.
A Leopold non era permesso abbracciare nessuno, se non i suoi simili, elettrici come lui, pericolosi quanto lui, emarginati quanto lui.
Sotto l'egida della madre, Volta, Leopold conobbe la cattiveria della società sin da bambino. Prima di mandarlo a scuola, ci teneva a ricordargli quanto, per gli altri pesci, lui fosse una minaccia.
I compagni di classe non gli parlavano e facevano di tutto per tenerlo lontano. Per questo Leopold sedeva sempre a un banco vuoto, in totale solitudine, a chiedersi perché fosse una giovane, angelica, anguilla... elettrica.
Anche gli insegnanti guardavano a Leopold con un certo ribrezzo. Per quanto mascherassero questa repulsione, il disprezzo veniva fuori ogni volta che il piccolo lamentava di essere solo al banco. A quel punto, anziché chiedere spiegazioni alla classe, gli insegnanti cercavano di giustificare quel comportamento.
- Non è che, forse, hai fatto qualche dispetto? Detto qualche parolaccia? Fatto qualche strano pensiero sulla sardina più carina della classe? Rubato qualcosa? Fatto del male a qualcuno?
E Leopold, con l'aria di una pover'anima condannata, si interrogava affinché trovasse una macchia sulla propria coscienza. Ma niente: era immacolata.
Quando, invece, era lui a subire le angherie dei compagni, gli insegnanti spiegavano che, non avendo prove su quanto accaduto, non potevano prendere alcun provvedimento.
Alla fine di ogni giorno, Leopold andava a letto pieno di dubbi. Tali dubbi non furono chiariti né dal conforto di altri pesci – che di parlare a un'anguilla elettrica non ne volevano sapere -, né dal passare del tempo – aggravato dalla morte di entrambi i genitori -.
Leopold arrivò cresciuto a trascorrere tutto il suo tempo in una fabbrica di biciclette. Si occupava di verniciare i corpi di metallo in una catena di montaggio formata da altre anguille elettriche. In questo modo, nessuno avrebbe potuto farsi male, e nessuno si sarebbe esposto al pubblico.
La pesantezza del lavoro era controbilanciata dal fatto che, ognuna delle anguille, conviveva con quel dolore da tutta la vita. Sapevano cosa significasse stare in solitudine, farsi da parte ed essere guardate dall'alto verso il basso. E Leopold, questo senso di comunione, lo percepiva ma non lo comprendeva.
Malgrado l'età, infatti, chiedeva spiegazioni ai suoi colleghi con lo stesso candore di quando era bambino. Gli domandava perché le anguille elettriche fossero sempre un'entità singolare, disprezzata, allontanata. Dall'alto della loro esperienza e delle loro meditazioni, i colleghi si limitavano a imprecare contro Leopold, sottintendendo che gli facesse perdere tempo per chiedere cose ovvie.
Per quanto distorta, l'immagine degli altri – quelli normali -, prese una forma definitiva nella mente di Leopold. Arrivò alla conclusione che, fin quando le anguille elettriche avessero sottostato alle regole degli altri, non avrebbero mai meritato un posto nella società: era necessario un atto di coraggio.
In segno di timida protesta, Leopold approfittò del suo unico momento libero, il pranzo domenicale, per mangiare al Krusty Krab.
Gustava un krabby patty sotto i perfidi sguardi degli altri clienti. Non erano abituati a una scena simile e, in molti, mostrarono il proprio disappunto con commenti indignati.
Leopold si fece coraggio quando una bellissima razza chiodata prese posto accanto a lui.
Presentatasi con bonaria sfacciataggine, prendeva il nome di Moira ed apparteneva ad un'umile famiglia di razze ballerine e teatranti. La razza parlava con una voce irritante e spezzettata, ma ispirava sicurezza a Leopold.
Noncurante del pregiudizio e dei commenti delle persone attorno, Moira trattenne una tranquilla conversazione con l'elettroforo. Tranquilla, per lui, non fu: era la prima volta che chiacchierava con qualcuno degli altri, senza paura, senza secondi fini, senza faticare ad alzare lo sguardo.
Leopold capì che non aveva niente di sbagliato, e che poteva scambiare dei pensieri con un pesce diverso da lui.
I due cominciarono a frequentarsi, passeggiando tutte le notti al campo delle meduse. Alla base del loro rapporto c'era comprensione reciproca, dialogo sincero e tutto l'impegno per concretizzare questa dolce, elettrica storia.
L'unica falla era rappresentata dall'alto voltaggio di Leopold, che gli imponeva di mantenersi distante dall'amante. I due non potevano abbracciarsi, tenersi per mano, consumare il primo amore. Inoltre, per quanto Moira fosse aperta di mente, aveva una famiglia che non accettava anguille elettriche.
I due erano destinati a vivere lontani da tutto, e così fecero.
La convivenza condizionata procedeva regolare e tranquilla. Alla fine di ogni giorno, Leopold andava a letto felice. Grazie all'amore di Moira, aveva ormai trovato l'equilibrio della vita, ed aveva anche imparato ad accettare la sua natura elettrica.
I problemi sopraggiunsero quando un grasso polpo d'affari, il Sig. Rillos, comprò la fabbrica di biciclette e la rase al suolo per costruirci una casa di piaceri: cavallucci, stelle e sogliole mercatavano il proprio corpo a loschi clienti.
Rimasto senza lavoro, Leopold cadde in depressione e trovò conforto nell'alcol. Usciva la mattina, arrabbiato, e rincasava la sera, arrabbiato e sbronzo.
All'apice della sua follia, cominciò a sospettare che Moira lo tradisse.
Il tarlo che gli logorava la mente non aveva motivo di esistere. Eppure, qualcosa lo spingeva a scavare sempre più in fondo. Con chi lo tradiva? Da quanto tempo lo tradiva? Con quale coraggio lo tradiva e continuava a guardarlo negli occhi?
Approfittava di ogni scusante per inveire contro Moira, che si nascondeva nell'armadio, sperando fosse solo un brutto periodo. Ma del Leopold che lei aveva conosciuto anni addietro, introverso e sensibile, non restava più nulla.
Il fiore, ormai, stava appassendo.
Un venerdì sera, Leopold trovò il suo bar di fiducia avvolto dalle fiamme: c'era stata una rapina in un negozio di elettrodomestici lì vicino, e qualcosa non andò come previsto. Tornato a casa su tutte le furie, trovò la tavola apparecchiata per due.
L'ospite, però, non era lui, ma un bellissimo cavalluccio marino.
Moira scoppiò in mille lacrime, spiegando a Leopold che quello non era un amante, ma un pesce pagato per soddisfare i bisogni che suo marito, per natura, non poteva esaudire: baci, carezze, intersezioni. Al di fuori della sfera fisica, non contava più nulla.
Leopold restò in silenzio, mentre il cavalluccio si rannicchiò, timoroso, in un angolino della casa.
Dalla prima volta che i due coniugi si parlarono fino a quel momento, i loro mondi erano ormai stravolti. Tutti i loro ricordi, che passarono in rassegna nel giro di qualche secondo, parvero frantumarsi come un'anfora a terra.
Si guardarono, senza dire una parola, e sentirono un arpione trafiggergli il cuore: era la crudeltà della vita, tornata dal senso inverso e pronta a dargli una lezione sull'amore.
Per un attimo, pensarono che fosse possibile mettere da parte questa brutta storia per affrontare il dolore.
Avanzarono l'uno verso l'altro e, con fare di scuse, si abbracciarono.
Scintille.
STAI LEGGENDO
Bikini Bottom
FanfictionCinque episodi di vita a Bikini Bottom tra amicizia, amore, soldi, fama e morte.