18.

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Edward King entrò nell'ufficio di Christopher Washington senza bussare e con la solita aria di chi avrebbe potuto comprare quel posto con uno schiocco di dita. Tuttavia, nel suo sguardo orgoglioso e fiero come quello di un'aquila, c'erano anche tantissimi ricordi legati a quell'ufficio e a quando lui e Christopher erano giovani e ignari di tutto quello che sarebbe venuto dopo.

Christopher non si mosse dalla sua poltrona, limitandosi a grattarsi lievemente il centro del petto quando avvertì una scarica elettrica simile ad un prurito.

"Christopher."

"Edward." Disse lui, poggiando entrambi i gomiti sul tavolo.

"Ne è passato di tempo da quando giocavamo nella campagna dei tuoi, hm?" Domandò Edward, indicando una foto ritraente Christopher e Katherine, sua moglie, da giovanissimi, in campagna.

L'uomo somigliava molto a suo figlio Michael, soprattutto nei gesti e nei modi di fare. Indossava un completo violaceo così brutto e inquietante che a Christopher una brutta copia di Joker.

"Sembra non sia mai successo."

Edward annuì: evitò di rispondere che sì, sembrava che quei momenti li avesse vissuti qualcun altro, e non lui.

"Sono venuto a sottoporti una questione..." Gli disse, indicando con lo sguardo la porta dell'ufficio dietro d sé.

Christopher si alzò dalla sedia e si premurò di chiudere la porta del suo ufficio, facendo estremamente attenzione al fatto che nessuno potesse aver visto Edward entrare lì dentro.

"Che cosa vuoi?"

L'uomo sfregò una mano contro l'altra con calma e parlò, fingendosi pensieroso - con grande probabilità sapeva già cosa dire da un pezzo.

"Tuo figlio frequenta una giovane donna che si chiama Haylee Darling, lo sapevi?" Cominciò, come se gli stesse parlando del tempo. "Vive insieme a Daphne Greene, che è un'altra vecchia amica di tuo figlio Noah..." lasciò cadere la frase, dandogli qualche secondo per metabolizzare l'affermazione "e tuo figlio Noah vive in uno dei vecchi appartamenti che hai comprato qualche anno fa... nella stessa palazzina assieme alle sue... amiche..."

"Vieni al dunque." Ringhiò l'altro.

"Te lo dirò una volta sola, Christopher: fa' in modo che mio figlio finisca in prigione."

A Christopher ci vollero diversi secondi per processare quell'affermazione: era assurdo pensare che un padre insistette affinché il suo stesso figlio finisse in prigione.

"Perché lo stai facendo? Perché hai fatto in modo che Michael si prendesse la colpa al posto tuo?" Domandò, abbassando il tono della voce.

Edward sorrise amaramente: "Fa' le tue ricerche, Chris, e scoprirai che le cose non sono affatto come sembrano. Non sono uno stinco di santo..." gli disse, dopo qualche attimo di incertezza, "infatti sto minacciando di fare del male a tuo figlio e a tutti quelli che conosco se non fai come ti dico..."

Edward si schiarì la gola, andando avanti con il suo piccolo discorsetto e senza fare i conti col fatto che tutto ciò gli stava costando veramente tanto: non avrebbe mai e poi mai pensato che minacciare Christopher e la sua famiglia gli sarebbe risultato così difficile da farlo stare male.

"...ma in questo caso ho bisogno che ti fidi sulla parola quando ti dico che è per il bene di tutti, che mio figlio finisca in prigione."

A Christopher si gelò il sangue nelle vene di fronte a quelle parole, pronunciate con una lentezza estenuante e fatica.

"Sono stato chiaro, quindi?" Domandò ancora.

Christopher sentì di nuovo quella scossa in mezzo al petto ma non fece una piega, limitandosi a guardarlo dritto negli occhi neri. Si limitò ad un lievissimo movimento della testa, senza aggiungere altro.

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