Capitolo 8 - Mal di pancia

864 48 13
                                    

Cazzo l'avevo dimenticato.

Non ho nè la testa nè la voglia di passare una serata con Piccolo. Non per lui, sia chiaro, ma sono tremendamente stressata, e già so che questa cosa peggiorerà solamente la situazione. Ma ormai non posso più tirarmi indietro.
È arrivato il momento.
Non posso più scappare, devo affrontarlo.
Sistemo le mie cose nell'unico zaino che ho appresso e chiamo Giovanni.

"Ehi Giò, ho appena finito, tu dove sei?"

Chiedo mentre esco dagli studi, ripercorro a memoria il percorso fatto un paio d'ore fa con la segretaria, trovando incredibilmente l'uscita al primo tentativo.

"Sono proprio fuori agli studi, eccoti ti ho vista."

Lo cerco con lo sguardo, lo trovo a qualche metro da me con una mano che regge il telefono all'orecchio e l'altra che si sbraccia per farsi notare.
Gli vado incontro.
Il cuore accelera.
I battiti aumentano. Gli vad incontro,  lui mi abbraccia, lo abbraccio, tra le sue braccia forti mi sento minuscola. E non ho più il coraggio di dire nulla. Quando si allontana leggermente dall'abbraccio lo guardo negli occhi, mi perdo nei suoi pozzi blu. Voglio accantonare tutte le paure, voglio non pensare più a nulla. Ora penso solo a lui. Mi afferra dai fianchi e mi avvicina.
Mi bacia.
Lo bacio.
Rivivo le stesse sensazioni che ho provato circa poco più di un mese fa.
Mi era mancato.
Eppure un persistente senso di colpa non può far altro che attanagliano lo stomaco. Questo fastidio mi porta ad allontanarmi abbastanza presto. Prima di quanto volesse il moro sicuramente.

"Ciao."

Dice solamente, con uno sguardo da pesce lesso totale che mi fa sorridere e non poco.

"Ciao."

Ripeto. Sono timida, anche più della prima volta.
Mi sento tremendamente sporca.
Questa cosa non è giusta, nè per lui, nè per me e nè per Angelina.
Ma come posso prendere una decisione se nemmeno io so cosa provo, cosa voglio, cosa sento.
Lui comunque sembra non accorgersi della mia ambiguità, o almeno finge molto bene.
Recupera lo zaino dalle mie spalle e lo porta in una Ford blu.

"L'hai affittata?"

Lo seguo, per poi domandare l'unica cosa che mi è venuta in mente per spezzare l'imbarazzante silenzio che si era creato. Il mal di pancia, così come il mio disagio, continua ad aumentare, e nasconderlo diventa sempre più difficile.

"Sì, giusto mezza giornata, per venirti a prendere e se ci veniva voglia di uscire stasera, comunque l'hotel non è lontano."

Risponde, per poi sedersi al lato del conducente, io mi accomodo sul sediolino al suo fianco.
Partiamo.

"Com'è stata l'intervista?"

Chiede tenendo fissi gli occhi sulla strada, concentrato.

"Strana, era la mia prima volta. Però mi è piaciuta, poi la vedrai domani in TV."

Gli dico per poi sorridere di cuore, sorriso che lui ricambia. Mentre guida lascia scivolare una mano sulla mia gamba, mano che non sposto.
Leggeri brividi mi attraversano.
Lo guardo.
È bello.
Mi è mancato.
Il viaggio continua ancora per poco, lui mi racconta i suoi progetti futuri, delle registrazioni che sta facendo e di quelle che farà nei prossimi giorni. Parla della sua musica con una passione tale che riesce a far appassionare anche a chi di musica non può fregare nulla. È una mente geniale ed esprime tutto nei suoi testi e nelle sue canzoni che sono piccole opere d'arte. Lo ammiro tanto per questo.
Arriviamo all'hotel. Mi conduce alla sua stanza. È una camera matrimoniale, ha lasciato sparse un po' di cose. La maglia sulla sedia, l'asciugamano sul letto e le scarpe in mezzo alla stanza.
L'ordine non è mai stato e non è certamente il suo punto forte.
Sembra accorgersi anche lui del casino che ha lasciato, infatti inizia a raccogliere i vari oggetti sparsi in giro facendomi spuntare un sorriso divertito.

"Scusa per il disordine. Per fare in fretta ho lasciato un po' un macello."

Cerca di giustificarsi con il suo marcato accento marchigiano. Scuoto leggermente la testa continuando a sorridere. Mi avvicino a lui per togliergli la maglietta dalle mani e lasciargli un veloce bacio a stampo, sorride anche lui spontaneamente.
Realizzo solo poco dopo quello che ho fatto.
Mi tocco le labbra.
È stato tutto così naturale. D'altronde è il mio fidanzato, dovrebbe essere così. E allora perchè ho questo perenne fastidio allo stomaco?
Provo a distrarmi, magari il bruciore andrà via.
Giovanni mi guarda imbambolato, forse aspetta che io faccia qualcosa.
Ma non so cosa.

"Sistemati dai, poi andiamo a mangiare qualcosa."

Mi dice dopo qualche secondo, io annuisco solamente. Ma il bruciore continua ad aumentare.
So che uscendo insieme ci vedranno tutti, e magari ci riconosceranno anche. E dovrebbe essere normale, non dovrebbe darmi fastidio. Eppure è così. Se ci fotografassero e quelle foto arrivassero ad Angelina?
La mia coscienza mi svela la causa reale del mio mal di pancia.
Decido di posare lo zaino, prendere l'unico cambio che avevo appresso e andarmi a fare una doccia.
Sotto il getto caldo sento come se assieme all'acqua scivolassero via anche i miei pensieri.
Da quando sono qui mi riprometto di concentrarmi solo su Giovanni, di non pensare a tutto il resto, di non pensare a lei.
Dopo un lasso di tempo indeterminato esco dalla doccia, avvolgo l'accappatoio intorno al mio corpo e mi avvicino ai vestiti che ho portato in bagno, e solo allora mi accorgo di aver dimenticato l'intimo.
Divento bordeaux in volto quando realizzo di dover andare di là così.
È già capitato in casetta che Piccolo mi vedesse in accappatoio. Ma ora è diverso, o almeno per me lo è.
Prendo il coraggio a due mani e vado.
Giovanni mi guarda, dapprima stranito, poi estasiato mi sorride, un po' interrogatorio.

"Ho scordato l'intimo."

Dico timidamente, lui annuisce e mi passa lo zaino, recupero ciò che mi serve e torno a cambiarmi in bagno.
Quando anche lui è pronto scendiamo e raggiungiamo a piedi una paninoteca non molto distante dall'hotel. La cena procede tutto sommato bene, tra chiacchiere e risate che mi erano genuinamente mancate.
Mentre torniamo Giovanni prova a prendermi la mano e non glielo nego.
Mi sorride.
Gli sorrido.

"Quando torni a Roma?"

Mi domanda quando siamo in ascensore.

"Domani alle 10:00 ho il treno, poi nei prossimi giorni ho l'agenda bella piena."

Rispondo sorridendo dolcemente.
Arrivati in camera, mi presta una sua maglia come pigiama, lavo i denti e mi posiziono al lato destro del letto matrimoniale. Lui si stende al mio fianco ed inizia ad accarezzarmi un braccio, lo lascio fare, beandomi del suo tocco, quando però si avvicina e capisco le sue intenzioni lo respingo senza pensarci due volte.

"Scusami Gio, non mi va."

Lui annuisce e torna al suo posto. Sul suo viso si stampa un'espressione di delusione. Scusami Piccolo. Ciò mi mette ulteriormente in subbuglio lo stomaco.
Mi dispiace.
Non posso.
Non posso proprio.
Non prima di aver fatto chiarezza.
In primis con me stessa.

Eeeeeeccoci qua, non potete immaginare la difficoltà nello scrivere qualcosa di anche solo lontanamente etero.
Bleh.
Anche se piccolo e fede in real life sono troppo mini. Voi come al solito se vi va fatemi sapere che ne pensate del capitolo, la finale si avvicina e di conseguenza anche l'uscita di Nina dalla scuola anche nella storia 👀.
Ci si.

Sei Il Mio SoleDove le storie prendono vita. Scoprilo ora