15 - Divergente.

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Caterina.

Quando Antonio si precipita a prendere la mia borsa, rimango per un attimo frastornata. Per un breve istante mi soffermo a scrutare il volto di Nasli perché noto dal suo sguardo che lei è contrariata da questo suo gesto.

Io lo so che a lei Antonio non piace, e francamente non capisco su cosa si basi questa sua presa di posizione che considero basata sul nulla, se non da una semplice repulsione più che altro a livello di pelle, in quanto lei con Antonio non vi ha neanche mai parlato più di tanto.

Certo questo suo gesto mi lascia un po' perplessa, in quanto finora l'unico uomo che si è preso cura di me in questo mondo dopo mio padre è stato solo il mio Arcusio, ed ora questo suo modo di fare mi da modo di riflettere. Perché questo mette in evidenza un qualcosa che ormai è diventato ineluttabile nella mia vita.

Lo so che non ha fatto chissà che, ma io che non ho mai dovuto chiedere nulla a nessuno, in quanto avendo sempre avuto accanto Arcusio, che era sempre pronto e disposto ad aiutarmi su tutto, anticipando persino ogni mia piccola mossa ancora prima che io aprissi bocca per chiedere il suo intervento, fa in modo che tutto questo mi ricordi che ormai sono sola a questo mondo.

E con questo dato di fatto in mente mi sento sprofondare nello sconforto più totale, perché capisco che ora nulla è più scontato per me, e che quindi dovrò imparare a chiedere, e controvoglia dovrò imparare anche ad appoggiarmi e ad accettare l'aiuto degli altri.

Okay, devo lasciare questo mio pensiero triste, e andare avanti.
Così quando Antonio ci chiede di seguirlo prendo Kral, e lo seguo affiancando Nasli.

Lui cammina davanti a noi con un modo di fare disinvolto e sicuro di sé, nello stesso modo in cui alla fine si relazionano tutti gli uomini come lui, cioè quelli del suo stesso ceto sociale.

Sì perché ho riscontrato nel corso del tempo che si muovono tutti nella stessa maniera, con la testa alta, guardando dritto davanti a loro, sapendo benissimo ed essendo consapevoli di un semplice fatto, che alla fine loro di questo mondo ne sono i padroni.

Ed è questa loro certezza, che concede loro questo modo di porsi così completamente diverso dal nostro, che invece ci relazioniamo in questo mondo senza che quasi nemmeno c'è ne rendiamo conto, muovendoci come sospinti da una certa forma di sottomissione o di inferiorità . In fondo questo è ciò che ci viene inculcato e insegnato fin da piccoli, dapprima nelle scuole come prima cosa, per poi continuare nelle famiglie stesse.

Ed io questa forma di accondiscendenza l'ho sempre odiata e mai accettata, davanti a queste cose sento nascere dentro di me come un fuoco di ribellione verso un sistema che vorrebbe mettermi in ginocchio e farmi prostrare, proprio come fa con la maggior parte di quelli che appartengo al mio mondo, ma a me tutto questo non sta bene.

Ed è per quello che nonostante tutto, nonostante anche io appartenga a questo mondo di miserabili, mi sono sempre imposta di ricercare nella vita un riscatto personale che mi permetta di camminare a testa alta.

Sono più povera certo, non ho i loro agi, questo lo so, ma il mio valore umano se non è superiore al loro è come minimo pari al loro.

Anche perché ho sempre riflettuto su una cosa. Cos'hanno loro di diverso da me, per ritenersi superiori? Se loro si tagliano, il sangue che ne sgorga non è perfettamente dello stesso colore del mio?
Non sono dei supereroi, hanno come me, due braccia e due gambe, hanno gli stessi miei bisogni fisiologici da soddisfare ed in alcuni casi da eliminare, se vogliamo ragionare terra terra, quindi non sono migliori di me, ed io non lo sono di loro.

Sotto questo aspetto sono sempre stata una divergente, o più precisamente una testa calda, come mi chiama mia madre. Ed è per questo che non ho mai accettato l'insegnamento impostomi, perché l'ho sempre trovato profondamente ingiusto.

Kral. Il Re. Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora